Essere figli d’arte, nel mondo dello sport e dello spettacolo, è un’enorme responsabilità. È vero che, spesso, essere “figlio di…” può facilitare l’accesso al successo rispetto ad altri, ma allo stesso tempo, se non si è in grado di sostenere la pressione, si rischia di essere schiacciati senza appello. Su Mick Schumacher, figlio di Michael, pilastro della F1 e uno dei piloti più amati dagli appassionati, le aspettative erano altissime, soprattutto dopo la sua vittoria in F2 nel 2020. Purtroppo, però, i tempi non hanno giocato a favore del giovane pilota tedesco.
Debuttò in Haas, sotto la guida di Günther Steiner, non tanto per meriti personali o del team principal, quanto piuttosto per un accordo tra Ferrari e il team di patron Gene. La Ferrari, infatti, forniva le power unit alla squadra americana a condizione che un pilota della Ferrari Driver Academy gareggiasse con loro. All’epoca, Mick Schumacher faceva parte di quella stessa Academy.
In Haas, tutto ciò che poteva andare storto andò storto. Tra incidenti che pesavano sul budget cap e un team principal come Steiner, che non lo difese mai pubblicamente, il giovane pilota si trovò in una situazione difficile. Anzi, Steiner spesso rispondeva con fastidio alle critiche rivolte al suo atteggiamento nei confronti di Schumacher.
Con il licenziamento del compagno di squadra Nikita Mazepin, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, Haas scelse di affiancare a Mick il danese Kevin Magnussen. Alla fine della stagione, il bilancio di Schumacher fu deludente: appena 12 punti, conquistati a Silverstone e in Austria, contro i 25 del compagno di squadra. Questo portò Steiner a licenziarlo.
Mick lasciò anche la Ferrari Driver Academy per entrare in Mercedes come pilota di riserva, seguendo le orme del padre, ruolo che ricopre tutt’ora.
Nel 2024, quando la Williams ha sollevato Logan Sargeant dal suo incarico, molti pensarono che Schumacher avrebbe preso il suo posto. Con un colpo di scena, però, il team inglese ha annunciato Franco Colapinto, un pilota argentino che non stava brillando in F2. Questa scelta, dettata anche dagli sponsor sudamericani portati da Colapinto, non è stata vista di buon grado da Toto Wolff, che vede incrinarsi i rapporti con James Vowles, ex collega e ora team principal della Williams.
Colapinto, tuttavia, ha sopreso tutti con solide prestazioni, tanto da attirare l’attenzione di squadre come la Red Bull.
Si è fatto poi il nome di Mick Schumacher per la Sauber, che nel 2026 diventerà Audi, un colosso tedesco che sembrava il palcoscenico ideale per il giovane pilota. Ma anche qui arria una delusione: il team ha anunciato Gabriel Bortoleto, brasiliano e pilota emergente in F2, lasciando Mick fuori dai giochi.
Con questa decisione, per Schumacher si chiudono definitivamente le porte per un ritorno in F1.
Il tedesco ha pagato le enormi aspettative legate al suo nome, in un mondo che ha preteso troppo da lui.

Mick è un ragazzo timido, privo di quella “cazzimma”, la cattiveria agonistica che spesso contraddistingue piloti come Colapinto o Bortoleto. Lo stesso Toto Wolff, per il 2025, ha scelto di puntare su Andrea Kimi Antonelli, giovanissimo talento italiano, piuttosto che dare un’altra chance a Mick.
Forse le cose sarebbero andate diversamente se avesse debuttato in un team più competitivo o con un team principal più indulgente. Ma forse no: il peso del nome sarebbe comunque stato insostenibile.
Ci dispiace per Mick Schumacher. La F1, ormai, non sembra più essere il suo mondo. Deve cercare nuove strade, nuove categorie in cui possa emergere senza essere costantemente confrontato al padre. Il nome è un privilegio, ma anche una condanna.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Haas