All’Hungaroring, la Mercedes ha riscoperto la competitività perduta. Un risultato maturato non grazie a un’innovazione, ma al ritorno a una configurazione tecnica precedente che ha restituito stabilità e fiducia ai piloti. George Russell ha chiuso il Gran Premio d’Ungheria sul podio, mentre Andrea Kimi Antonelli ha conquistato i suoi primi punti dopo diverse gare, concludendo in decima posizione.
Il cambiamento decisivo è arrivato lontano dai riflettori: a Brackley si è scelto di abbandonare il pacchetto sospensivo introdotto a maggio e reintrodurre una specifica utilizzata nelle fasi precedenti del campionato. Una decisione che ha prodotto immediatamente effetti tangibili: Russell ha migliorato le prestazione in qualifica e ha ritrovato un livello di performance in gara che sembrava smarrito.
Toto Wolff ha spiegato come il team abbia inseguito una soluzione tecnica che, in realtà, ha finito per introdurre un problema ancora più profondo. “L’aggiornamento portato a Imola, meccanico in natura, nasceva per correggere un limite. Ma ha introdotto un elemento di instabilità che ha eroso la fiducia dei nostri piloti“, ha spiegato il team principal austriaco. “La vittoria di Montreal ci ha probabilmente illuso. Solo con il senno di poi abbiamo compreso che ciò che credevamo risolutivo, in realtà ci stava allontanando dalla giusta direzione“.

Mercedes: mano analisi, più pista
Il ritorno al vecchio assetto ha rappresentato una presa di coscienza tecnica ma anche culturale, in un team abituato a lavorare con metodi estremamente razionali e data-driven. Secondo Wolff, l’esperienza ha mostrato quanto possa essere fallace la sola interpretazione numerica dei dati. “C’è un mondo digitale fatto di simulazioni, analisi e modelli predittivi, ma la realtà resta un banco di prova spietato. Quando un aggiornamento non funziona, non basta più fidarsi degli algoritmi: bisogna tornare al metodo analogico e verificare cosa succede realmente in pista“.
Non sono mancati toni duri nel giudizio sul retrotreno aggiornato, ormai archiviato senza appello. “Quel nuovo asse posteriore finirà in un cestino“, ha dichiarato Wolff senza mezzi termini, sottolineando quanto la sua introduzione abbia rappresentato uno spreco di tempo e risorse. Una lezione che fa riflettere sull’importanza della correlazione tra simulazione e pista, ancora oggi un nodo critico in una Formula 1 sempre più sofisticata.

Per Mercedes, il weekend ungherese segna quindi un punto di svolta, non tanto per il risultato, quanto per la direzione tecnica recuperata. La vettura ha ritrovato coerenza, i piloti hanno risposto con fiducia e prestazioni e il team ha (ri)scoperto l’importanza di saper fare un passo indietro per poterne compiere due in avanti, come abbiamo anticipato in sede di presentazione del Gp d’Ungheria: leggi qui.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team
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