Essere battuti è dura. Ma esserlo dal proprio cliente, in modo reiterato e con distacchi imbarazzanti, è qualcosa che sfiora l’umiliazione sportiva. Toto Wolff, team principal della Mercedes, sembra oggi interrogarsi amaramente sulla bontà della scelta di fornire le proprie power unit alla McLaren, scuderia che – dopo il traumatico divorzio con Honda e un breve intermezzo Renault – ha saputo risalire la china con un’efficienza e una lucidità che a Brackley sembrano essersi smarrite.
“Guardate dov’erano tre o quattro anni fa, quando abbiamo firmato il contratto”, ha dichiarato Wolff a Sky, con un tono che sa di rimpianto. “All’epoca fu una decisione facile. Ma, con le informazioni attuali, possiamo chiederci se sia stata la scelta più intelligente della mia carriera”.

Parole che colpiscono, ma che non convincono del tutto. Perché al netto di ogni analisi interna alla Formula 1, una verità è evidente: oggi Mercedes non perde per colpa della McLaren, ma per colpa propria. Il team campione del mondo per otto stagioni consecutive sta vivendo una crisi tecnica strutturale che non può essere coperta da un contratto di fornitura motori. Il propulsore Mercedes non è il problema. Lo è, semmai, la macchina che gli viene costruita intorno.
Lo scorso anno, la scuderia della Stella a Tre Punte ha chiuso quarta nel mondiale costruttori. Quest’anno, mentre la McLaren si è stabilizzata come team da battere, Mercedes lotta con Ferrari per il ruolo di “prima degli sconfitti”, approfittando solo marginalmente del disorientamento tecnico della Red Bull, una franchigia in confusione totale che due settimane fa ha silurato il suo capo-vascello per far spazio a Lauren Mekies.
Wolff, da uomo di razionalità fredda, lo sa. E lo ammette. “La finestra di lavoro ottimale della nostra vettura è troppo stretta”, ha spiegato. “Abbiamo vinto a Montreal, ma poi in Austria eravamo un minuto indietro. È inaccettabile per un team come il nostro”. Ma a Silverstone, appena una settimana dopo, la scena si è ripetuta: incostanza prestazionale, incertezza tecnica, identità smarrita.

Lo stesso Wolff ha parlato di “grandi difficoltà a spiegare il perché di queste oscillazioni tra un circuito e l’altro”. È un’allusione? Un avvertimento al suo stesso staff? Forse. Ma il punto resta chiaro: Mercedes ha un problema interno. Che McLaren corra con lo stesso motore non fa che evidenziarlo. E il confronto diretto, impietoso, rischia di trasformarsi da stimolo a condanna se non arriverà una reazione rapida e strutturale. Nel 2026 non si può errare ancora
La crisi non è figlia del caso. È frutto di scelte sbagliate, ostinate, a volte ideologiche. E ammetterlo, al di là delle frasi di facciata, è il primo passo per invertire la rotta. Altrimenti la McLaren non sarà solo un cliente vincente. Sarà il nuovo standard.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, McLaren F1
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