Chiedetegli Scusa

La crisi della Mercedes sembra irreversibile. È giunto il tempo di chiedere scusa a Mike Elliott, a lungo considerato unico responsabile il colpevole dei problemi del team

In Mercedes avevano un obiettivo da centrare con la W15: produrre una vettura onesta, leggibile, prevedibile nel comportamento e facile da assettare. Un mezzo che non facesse perdere la trebisonda tecnica come troppo spesso accaduto con le auto precedenti. In questo senso il cronometro, teoricamente, avrebbe avuto meno importanza perché erano altri gli elementi di valutazione. 

Sugli aspetti sopra evidenziati si respirava un certo ottimismo tra gli esponenti della Stella a Tre Punte dopo i test del Bahrain. Le prime tre gare sono state un pugno in faccia. Ora siamo in grado di attaccare le curve a media e alta velocità senza che il posteriore parta. E sentiamo di aver fatto un ottimo passo avanti in termini di consistenza della vettura”. Questo è quanto sottolineava George Russell alla fine della tre giorni di prove svolte in quel di Sakhir. 

Ancora più positivo James Allison: Uno degli aspetti positivi di questa vettura, in totale contrasto con la monoposto dell’anno scorso, è che quando facciamo una modifica la macchina risponde grossomodo come al simulatore. Questo ci dà grande fiducia sul fatto che possiamo continuare a fare delle modifiche al simulatore con la consapevolezza che, una volta portate in pista, funzioneranno. Ciò è incoraggiante”. 

Mercedes, per due anni, ha lottato con una correlazione pista – simulatore non efficace. I fatti dicono che continuano a farlo. Perdendo. Lo spiegano ulteriormente le parole del direttore tecnico che, dopo i test, fotografava così le cose: “Dodici mesi fa eravamo in una posizione molto peggiore. Sicuramente non siamo la vettura di riferimento, ma abbiamo fatto dei buoni long run con un buon passo. C’è un po’ da lavorare sul giro singolo, ma è una macchina sicuramente migliore di quella dello scorso anno”.

Red Bull è davanti, basta vedere i passi gara. E’ abbastanza chiaro. Dietro ci sono diversi team forti, la Ferrari sembra ok, noi sembriamo ok, Alonso ha fatto bene. In quale ordine siano? Non sono sicuro. Credo che noi siamo leggermente meglio sui long run, ma un pochino dietro la Ferrari sul giro singolo”. Profezie più sbagliate di quelle fatte da un cartomante di provincia. 

Mercedes - James Allison
James Allison, direttore tecnico del team Mercedes

Mercedes ha perso la bussola

Leggere queste parole, a distanza di un mese esatto, fa riflettere. E diciamolo con ghigno malefico: anche ridere. Questi signori non ci stanno capendo un tubo. Fondi che vanno e vengono, esperimenti, lanci di dadi, macchina che prende a comportarsi decentemente per poi piombare nel caos interpretativo. Dopo tre anni lo possiamo dire: Mercedes non ha compreso minimamente come gestire  l’effetto suolo. Giudizio dissacrante? Sicuramente, ma altrettanto realistico. 

La macchina si è comportata benissimo nelle FP3. Era molto migliorata rispetto a ieri ed eravamo proprio lì davanti. Andando in qualifica, però, le incongruenze all’interno della vettura si sono manifestate”. Questo il commento di Lewis Hamilton che spiega come gli ingegneri non riescano a venirne a capo nonostante i 191 giri effettuati al simulatore tra venerdì e sabato.

Russell non ha proferito parole dissimili: “E’ stato difficile mettere le gomme nella giusta finestra, ed è così stretto là fuori, quindi pochi decimi possono avere un impatto importante. La macchina si è sentita forte nelle FP3, ma sfortunatamente quella sensazione non si è mantenuta nel pomeriggio”. Questo senso di indeterminatezza è stato sottolineato anche da Toto Wolff e Andrew Shovlin le cui esternazioni non riportiamo per evitare tediose ripetizioni. 


Mercedes: Mike Elliott capro espiatorio

Da Brackley nessuno l’ha mai detto, ma è facile immaginare che molti lo pensassero: Mike Elliott era considerato il primo e unico responsabile dei fallimenti nella “F1 next gen“. Lungi da noi volerlo riabilitare, ma alla fine l’unica vettura che finora ha vinto una gara è la bistrattatissima W13 afflitta da mille problemi ma che riuscì ad evolversi in maniera importante.

La controversa Mercedes W13 progettata da Mike Elliott

Sappiamo com’è finita tra Elliot e la Mercedes, sarebbe un vano esercizio ripercorrere tutte le tappe della storia. Basti comunque pensare che da quando Allison, invocato come il salvatore della patria, ha ripreso in mano le redini tecniche del team le cose sono forse peggiorate.

Non è intenzione nostra buttare la croce addosso al buon James. Il fatto è che, con una correlazione pista – simulatore così inefficace, nemmeno un mago riuscirebbe a produrre un mezzo vincente. Ma chi si deve occupare della soluzione di questo problema è chi dirige lo staff progettuale. E questo lo fa Allison da ormai un anno. 

L’ex Ferrari ha ripetuto per mesi che il vero problema era la scollatura dei reparti, quasi volendo sottolineare che il vecchio gestore non era stato in grado di far parlare gli aerodinamici con i telaisti, i motoristi coi veicolisti  e via dicendo. Oggi le cose non sono cambiate a vedere come si comporta la W15.

Allison, come Elliott, paga la mancata attitudine di questo team a capire le nuove regole. La scuderia si sta stancamente trascinando, forse in attesa dello stravolgimento normativo del 2026. Non sono più il punto di riferimento della F1, nemmeno sulle power unit, una volta fiore all’occhiello della Stella a Tre Punte. 

Prima, chi progettava le monoposto, poteva contare su un propulsore quasi fuori categoria. Elliott non l’ha mai potuto fare. E se il motore non copre le pecche aerodinamiche c’è poco da sperare.

Forse, osservando il caos che ammanta la scuderia capace di vincere 15 titoli in otto stagioni, ci sarebbe da chiedere scusa a Mike Elliott per averlo considerato il colpevole di un disastro più grosso delle sue dirette responsabilità.


Crediti foto: Mercedes AMG Petronas F1 Team

Exit mobile version