James Hinchcliffe, ex pilota IndyCar e oggi volto noto nei paddock televisivi della Formula 1, ha offerto una lettura esperta e personale delle dinamiche esplose in casa McLaren dopo il contatto tra Lando Norris e Oscar Piastri nel Gran Premio del Canada. La sua analisi va ben oltre la superficie dell’episodio e getta uno sguardo dentro le tensioni che possono innescarsi tra due compagni di squadra, soprattutto quando entrambi ambiscono al ruolo di protagonista.
Nel motorsport esistono regole non scritte, ma ben comprese da chiunque abbia messo casco e tuta: la prima – quasi sacra – è che non si entra in collisione con il proprio compagno. Hinchcliffe, si legge sul suto ufficiale della Formula 1 ammette con ironia di aver violato entrambe le “regole d’oro” della corsa – quella tecnica e quella personale – durante i suoi anni nelle categorie minori, ma sottolinea come l’ambiente cambi radicalmente una volta saliti di livello. Nel professionismo, si corre per una squadra, e le priorità collettive devono avere la meglio sulle ambizioni individuali.

Il canadese ricorda come, innumerevoli volte, abbia preso parte a briefing pre-gara in cui il tono della dirigenza oscillava tra il paternalismo e la minaccia velata. A volte bastava un “Datevi spazio”, altre volte si arrivava a discorsi più crudi, con accenti sulla fatica e i milioni investiti dai vertici del team. In ogni caso, il messaggio era chiaro: evitare il disastro interno.
Quando due piloti iniziano a contendersi lo stesso metro di pista in maniera sistematica, è inevitabile che prima o poi succeda qualcosa. E in McLaren, la convivenza tra Norris e Piastri – due giovani affamati, talentuosi e competitivi – è arrivata a quel punto. Non si trattava più di chiedersi se, ma solo quando.
Hinchcliffe ritiene che l’origine di questo conflitto sia anche strutturale: la scuderia di Woking, scegliendo due profili così simili per età, velocità e ambizione, ha costruito un tandem privo di una gerarchia naturale. È una strategia che, nel breve periodo, può anche generare prestazioni eccellenti, ma alla lunga richiede una gestione politica raffinata. In tempi in cui la macchina si dimostra in grado di lottare con i migliori, la pressione si alza e gli equilibri interni diventano fragili.
La storia della Formula 1 è ricca di esempi emblematici. Dalla convivenza esplosiva tra Senna e Prost in McLaren ai delicati equilibri tra Schumacher e Barrichello in Ferrari, fino al caso Alonso-Hamilton nel 2007. Quando due numeri uno condividono il box, spesso la tensione diventa inevitabile.
Alla luce dell’incidente di Montreal, Hinchcliffe osserva come McLaren si trovi oggi in una posizione critica: il modo in cui gestirà la dinamica tra Norris e Piastri potrebbe fare la differenza tra il consolidamento di un progetto vincente e l’implosione di un potenziale da titolo.

Secondo l’ex pilota, l’errore più grande in queste circostanze è scegliere un colpevole e isolarlo. Frasi come “potevi evitare Oscar” minano l’equilibrio e rafforzano la percezione del conflitto interno. Ma nemmeno il silenzio aiuta: Hinchcliffe ricorda un episodio personale in cui il team principal, dopo un incidente fratricida, sparì per due settimane senza dire una parola. Una scelta che lasciò tutti in sospeso, peggiorando il clima.
La chiave, dunque, è una comunicazione chiara, trasparente, priva di favoritismi. Tenere i due piloti coinvolti, ascoltandoli e motivandoli a correre per un obiettivo comune, senza alimentare rancori o rivalità sterili. Soprattutto quando si dispone – come nel caso di McLaren – di una vettura finalmente competitiva e di due talenti cristallini.
La situazione non è semplice, ma rappresenta anche un’opportunità. Gestita con lucidità, può diventare un punto di forza. Mal indirizzata, rischia invece di essere il tallone d’Achille della stagione.
Crediti foto: McLaren F1
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