Il Gran Premio d’Olanda potrebbe rimanere nella memoria come uno spartiacque decisivo dell’attuale stagione di Formula 1. Non tanto per la vittoria di Oscar Piastri, conferma ormai consolidata della forza della McLaren, quanto per l’imprevisto che ha colpito il suo compagno di squadra. Lando Norris, in piena lotta per il campionato e protagonista di una gara solida fino a quel momento, ha dovuto parcheggiare la propria monoposto a bordo pista a sette giri dalla fine, tradito da un guasto improvviso. Le speranze iridate per il pilota di Bristol si affievoliscono, ma la storia dice che non è finita: leggi qui.
La dinamica dell’episodio è stata chiara fin dall’inizio: in radio il n°4 ha segnalato la comparsa di fumo nell’abitacolo e l’odore inequivocabile di bruciato. Pochi istanti dopo, la sua MCL39 si è spenta, ponendo fine alle sue speranze di podio e soprattutto lasciandolo a secco di punti in una domenica che avrebbe potuto tenerlo più vicino al collega di box nella tenzone iridata. La perdita di altri 25 punti rispetto al compagno di squadra, che ha tagliato il traguardo da vincitore, rischia ora di incidere in maniera profonda sugli equilibri del mondiale visto che il disavanzo, a nove gare dal termine, è di 34 lunghezze.
Fino a quel momento, il copione sembrava scritto per un’altra giornata trionfale della McLaren. Le qualifiche avevano consegnato a Piastri la pole position. L’australiano aveva difeso con autorità la prima posizione alla partenza. Alle sue spalle, Norris aveva replicato con freddezza all’assalto di Max Verstappen, sfruttando al meglio l’efficienza della vettura nelle curve del tracciato olandese.
Con il passare dei giri, la strategia si era assestata senza scossoni: pit stop ben sincronizzati nonostante le safety car, passo gara costante e nessun segnale di difficoltà meccanica. Tutto lasciava presagire una nuova doppietta, ennesima dimostrazione della supremazia tecnica della MCL39. Invece, a sette tornate dalla conclusione, l’imprevisto clamoroso ha cambiato radicalmente la narrativa della giornata. Norris, che fino a quel momento aveva occupato stabilmente la seconda posizione, è stato costretto al ritiro, mentre Piastri ha potuto completare indisturbato la propria cavalcata verso la vittoria.

McLaren MCL39: la diagnosi del guasto
Le prime valutazioni della squadra sono arrivate poco dopo la bandiera a scacchi. Il team ha chiarito che l’origine del problema non risiedeva nella power unit Mercedes, come inizialmente qualcuno aveva ipotizzato, bensì in un’anomalia legata al telaio della monoposto. Un guasto di questo tipo, raro e soprattutto inatteso, ha rappresentato un duro colpo per un reparto corse che negli ultimi mesi aveva costruito la propria forza anche sull’affidabilità.
Andrea Stella, pur senza mai alzare i toni, ha spiegato internamente che la squadra non può sottovalutare un episodio del genere. L’obiettivo è comprendere a fondo la dinamica che ha portato al cedimento e garantire che non si ripeta, specie in un momento cruciale del campionato. La McLaren, tra Zandvoort e Monza, si è impegnata a effettuare una revisione completa in vista dell’appuntamento italiano con la consapevolezza che non si può lasciare nulla al caso. Il vantaggio è grosso, ma non si intende mollare sulla validazione dei pezzi.
Il team principal orvietano ha inoltre sottolineato come l’affidabilità fosse stata finora un punto di forza e che, proprio per questo, l’accaduto assume un valore particolare. Non si è trattato di un calo di prestazione o di un errore umano, ma di un difetto tecnico che ha vanificato un risultato che sembrava già scritto. Per una squadra che punta al titolo costruttori e al mondiale piloti episodi simili sono difficili da digerire.

L’impatto sul campionato
Sul fronte classifica, il colpo più duro lo subisce naturalmente Lando Norris. Il britannico, fino a Zandvoort, poteva contare su un disavanzo ancora ridotto rispetto al compagno di squadra. Il ritiro lo ha invece relegato a 34 punti di distacco da Piastri, un gap che, a questo punto della stagione, inizia a pesare non poco. Vero che mancano nove gare e tre sprint race, ma la grande regolarità dell’australiano rende complessa la rimonta se non arriva anche dall’altro lato una battuta a vuoto. La sensazione è che la corsa al titolo stia assumendo sempre più i contorni di un affare a tinte australiane, con Norris costretto ora a una rincorsa difficilissima anche se non impossibile.
Diversa la prospettiva del team. Anche considerando la possibilità di dover sostituire componenti in modo straordinario – come nel caso di una power unit supplementare – la McLaren dispone di un vantaggio tecnico e strategico tale da poter gestire l’eventuale penalità senza compromettere la propria posizione di forza. La squadra di Woking ha costruito nel tempo un margine ampio sia sul piano prestazionale sia su quello organizzativo, e può permettersi di ragionare in ottica di lungo termine.
Da un punto di vista tecnico, il guasto apre un tema interessante. Le moderne monoposto di Formula 1 sono frutto di un equilibrio estremo tra parti. Un problema al telaio, in un contesto in cui ogni componente è portato al limite, può avere conseguenze imprevedibili. La McLaren, che negli ultimi mesi ha mostrato un livello di sviluppo costante e mirato, dovrà ora capire se si sia trattato di un caso isolato o del campanello d’allarme di un difetto di progettazione più profondo. Cosa che ci sentiamo di escludere.
La gestione di episodi simili diventa un elemento chiave in una stagione che non ammette pause al di là del vantaggio sulla concorrenza. Ogni gara rappresenta un tassello importante e un problema tecnico non risolto rischia di compromettere l’intero cammino. Per questo la revisione promessa in vista di Monza sarà molto più che un semplice controllo: sarà una verifica generale della solidità della MCL39, vettura che finora ha dominato ma che dovrà confermare la propria affidabilità fino alla fine dell’anno.
La situazione interna
Oltre alla dimensione tecnica, c’è naturalmente quella umana e sportiva. Norris aveva iniziato la stagione con grande convinzione, dimostrando di poter essere il fulcro del team di Zak Brown. Il ritiro nel Gp d’Olanda lo costringe invece a cambiare prospettiva: non più un duello alla pari, ma quasi una rincorsa da outsider, con il rischio di vedere scappare definitivamente il treno del mondiale.
All’interno della compagine inglese l’equilibrio resta delicato. La McLaren ha interesse a mantenere entrambi i piloti motivati (le famose papaya rules non sono in discussione), perché in gioco non c’è soltanto il titolo individuale ma anche quello costruttori, per il quale ogni punto conta. Tuttavia, con Piastri in netto vantaggio, è inevitabile che parte delle dinamiche interne possano cambiare, con un focus crescente sull’australiano.
Zandvoort, per quanto riferito, lascia un segno profondo nell’economia del duello interno. Non soltanto perché ha regalato a Piastri una vittoria di peso (che stava comunque arrivando su un tracciato che vedeva Norris grande favorito), ma poiché ha introdotto nella stagione un elemento di incertezza nuovo: l’affidabilità della McLaren non è più intoccabile. Per la squadra, si tratta di un campanello d’allarme che arriva con il campionato entrato nella fase più calda. Preoccupazioni che non si riflettono sulla classifica costruttori in cui il vantaggio di Woking è ormai siderale, ma nelle dinamiche interne.
L’impressione è quella di aver assistito a una gara che segna un “prima” e un “dopo”. Piastri ha accumulato un vantaggio che lo rende il naturale favorito per il titolo, Norris si trova invece a dover inseguire con una montagna da scalare. La McLaren, dal canto suo, dovrà dimostrare che il ritiro di Zandvoort è stato soltanto un episodio isolato, non il preludio di nuove fragilità. E dovrà farlo per offrire ai suoi piloti materiale ugualmente affidabile e performante per concedere pari opportunità di sfida.
Crediti foto: McLaren F1
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