Gp Spagna 2025 – Negli ultimi tempi si è spesso fatto ricorso a un concetto che più o meno possiamo sintetizzare in questo modo: bisognerebbe ringraziare Max Verstappen perché, in qualche modo, riesce a tenere ancora un campionato aperto nonostante la McLaren dimostri una superiorità talvolta schiacciante.
Il ragionamento non fa una piega; peccato che in nome di questo non si possano giustificare atteggiamenti condannabili – e sportivamente deprecabili – come quello mostrato ieri dal quattro volte campione del mondo che, in preda alla rabbia e all’incapacità di gestire la sconfitta, ha perso la testa e si è lanciato in “un’impresa” – le virgolette sono d’obbligo – che una piccola macchia su una carriera straordinaria la pone.

Max Verstappen vs George Russell: un atto lucido, deliberato e pericoloso
Veniamo ai fatti. In seguito alla battaglia sviluppatasi dopo la safety car, a Max era stato suggerito di cedere la posizione a George Russell per via di un indebito vantaggio ottenuto sfruttando la via di fuga di Curva 5. Nel momento in cui lo fa, scatta il piano folle. L’olandese colpisce deliberatamente l’auto del rivale. Max rallenta, come confermano le telemetrie, per far passare l’avversario, salvo poi allungare la staccata cercando lo scontro con la Mercedes W16 n°63.
Da questo episodio – ribadisco, condannabile – si è scatenata la solita ridda di commenti esaltati da parte dei tifosi che si sono gasati perché il proprio beniamino ha mostrato i muscoli. Eh no, cari miei, non è così che funziona! Non è possibile immaginare di poter giustificare ogni azione – anche la più eticamente bassa – in nome di un tifo cieco.
Max ha sbagliato e probabilmente andava penalizzato con qualcosa in più dei dieci secondi comminati da un collegio giudicante come al solito incapace di essere equo. Come hanno sostenuto illustri ex piloti, forse era necessario sventolargli in faccia una bella bandiera nera, cosa che probabilmente bisognava fare già nel 2021 in quel brake test ai danni di Lewis Hamilton.
La direzione gara, ancora una volta pilatesca, ha deciso di chiudere un occhio evitando di delineare la pena più seria che, a ben guardare, non avrebbe generato un danno in termini di punti visto che Max ne ha ottenuto solo uno. Una decretazione che avrebbe dato un segnale forte – sempre nell’alveo delle regole – facendo capire a chi ogni tanto abusa della pista che certe manovre non sono più tollerabili.

Max Verstappen e l’incapacità di gestire la frustrazione
Il teatrino è proseguito anche dopo la gara. E forse questo è l’elemento più concettualmente perverso che va ad emergere da questa storia. Con l’adrenalina in corpo e durante l’azione in pista si possono anche comprendere certi atteggiamenti sportivamente licenziosi; diverso è nel post gara, quando l’emotività dovrebbe essere sotto controllo e i fiumi dell’eccitazione essersi finalmente placati.
Invece è proprio in quel momento che emerge il vero Verstappen, l’uomo che lucidamente calcola certe manovre e le mette in pratica pretendendo una sorta di impunità conferitagli da uno status che egli stesso si è attribuito: quello del campione impunibile. Quando gli sono state riferite le parole di Russell – che non erano nemmeno troppo acide – riguardo la manovra effettuata in pista, il talento di Hasselt ha gonfiato il petto e, in maniera grottesca, ha provato a darsi un tono da maschio alpha affermando che avrebbe portato i fazzoletti al collega, come a voler dire che quest’ultimo stesse frignando.
Max Verstappen ha un problema con la gestione della frustrazione, ormai è evidente. Un pilota tanto forte, tanto dominante in pista quanto incapace di ammettere le proprie topiche. E soprattutto di tenere a freno una lingua biforcuta che lo pone spesso fuori contesto. Non è nuovo Max a uscite del genere che esaltano probabilmente il solo tifoso obnubilato dalla fede cieca e con poca facoltà di discernimento.
Ieri Verstappen ha sfogato la frustrazione di una scelta obbligata – quella di montare le hard nell’ultimo micro-stint – con una manovra da squalifica. Sapendo di non potersela prendere col muretto – cosa che in passato ha fatto più di una volta – ha quindi dato fondo al peggio del peggio con un teatrino onestamente inaccettabile.

Max Verstappen non deve necessariamente tenere aperto il mondiale
Non è questo il modo di tenere vivo un campionato del mondo che sembra avviarsi comodamente verso Woking nonostante la tanto romanzata direttiva 018 che secondo qualche solone avrebbe dovuto modificare le inerzie della campagna tecnico-sportiva. Ogni tanto bisognerebbe accettare di non poter primeggiare, accontentandosi anche di non potersi imporre al resto del gruppo.
Se le McLaren prendono il largo in classifica è perché hanno fatto meglio dei rivali. Bisogna accettarlo, punto. Deve farlo il quattro volte iridato, deve farlo chi racconta questo sport, deve farlo il tifoso che segue le vicende dei piloti. Si chiama meritocrazia: chi ha operato meglio può vincere, anche con distacchi ampi, senza che lo sconfitto perda la testa e creda di essere in un campo per galli da combattimento.
Questa è Formula 1, non è l’arena dei gladiatori. “Panem et circenses” è un concetto che aveva senso di esistere duemila anni fa, non oggi. Non in uno sport che ha messo in cima alle sue priorità la sicurezza degli attori che si sfidano in pista. E questo deve essere chiaro a Verstappen e alla sua corte dei miracoli che troppo spesso ne giustifica certe uscite.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
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