Nel Gran Premio del Brasile, Max Verstappen ha fatto qualcosa di straordinario. Una di quelle imprese che restano negli annali, che si tramanderanno alle generazioni future. Una gara vinta da fuoriclasse assoluto, da grandissimo, da gigante del motorsport. Un’opera d’arte che abbiamo potuto vedere compiersi. Siamo fortunati ad aver guardato, contemplandolo, l’artista che dipingeva su una tela bianca creando uno dei quadri più belli esposti negli ultimi anni. E non solo.
Una premessa doverosa, nella quale credo fermamente. E proprio in forza di questo spirito mi viene da osservare quanto accaduto a Interlagos sotto un’altra luce, un modo di procedere tipico di una critica approfondita, che non si ferma alla superficie ma intende esplorare dinamiche e fenomeni osservandoli anche da altre angolazioni.
In questo campionato del mondo senza un vero padrone tecnico, ma con un dominatore sportivo, che appunto si chiama Verstappen, non sono mancate le polemiche, le accuse reciproche e quei tipici colpi bassi che caratterizzano i duelli accesi e serrati. Insomma, lo scotto da pagare per una stagione dall’alto tasso di imprevedibilità.
La vittoria della Red Bull fa bene alla F1
Sì, avete letto bene: la vittoria di Max Verstappen è un toccasana per la Formula Uno. Non è questo il parere di un tifoso, ma di chi prova ad analizzare con distacco un determinato fenomeno. La Red Bull in questo 2024 è stata accusata ancor prima di accusare. Sulle ali flessibili, sul mini DRS e, per ultimo, sull’acqua nelle gomme. Teoria tutta da dimostrare.
Sì, perché ci sono stati due macro-temi che hanno coinvolto la scuderia di Milton Keynes. Il primo riguarda la frenata sdoppiata tramite un sistema congegnato dai tecnici del team inglese, che avrebbe aggirato il regolamento. Una soffiata giunta da qualche parte, ma che non ha mai trovato conferme ufficiali né nei documenti federali né in denunce presso i tribunali preposti. Ciò che gli accusatori volevano fare era creare il solito clima di sospetto, facendo passare per colpevole anche chi magari non ha fatto nulla di illegale.
Il secondo argomento di discussione è stato quello relativo all’altezza del T-Tray che sulla RB20 sarebbe stata modificata tramite un sistema celato alla vista dei delegati federali durante il regime di Parco Chiuso. Anche questa stilettata, che potrebbe avere basi fondate, non è stata provata poiché non ci sono solidi elementi a carico della scuderia anglo-austriaca. La FIA, per chiudere le polemiche, ha posto sigilli al meccanismo, spazzando via le illazioni.
Nel weekend del Brasile, e forse a qualcuno questa verità non farà piacere, soprattutto a quelli che hanno la necessità di sovra esaltare un’impresa comunque clamorosamente grande, la RB20 è stata probabilmente la miglior macchina del lotto. Lo si era già capito nella Sprint Race quando, sull’asciutto, una volta superate le Ferrari, Max Verstappen stava riuscendo a chiudere il gap sulle due McLaren fuggitive.
La predominanza della monoposto – ovviamente ci riferiamo alla sola numero uno, visto che Sergio Perez è invischiato nella sua crisi senza fine nella quale ha preteso anche versioni obsolete di telaio e fondo per capirci qualcosa – si è definitivamente manifestata quando la pista era bagnata. Il fatto che la RB20 abbia ben performato sull’asciutto e con la pioggia con un Parco Chiuso in mezzo dimostra che le accuse di infrazione del regime di cui sopra erano probabilmente prive di fondamento.
Così come senza basi è l’idea che a Milton Keynes giocassero con le frenate. Se il sistema è stato abolito dopo che qualcuno ha sollevato la questione, vorremmo capire come Max Verstappen riusciva a tirare staccate pazzesche senza che la macchina perdesse equilibrio.
Questo sancisce – a mio modesto parere – che irregolarità su tale fronte non ce ne siano mai state. Ecco perché la vittoria dell’olandese, che ipoteca il quarto titolo mondiale, è stata salvifica per tutto l’ambiente. È riuscita a spazzare via illazioni che affliggono la classe regina del motorsport; storie alimentate da certa stampa, votata a un condannabile sensazionalismo.

Max Verstappen e la costruzione dell’uomo solo contro tutti
Ma c’è da sottolineare dell’altro, senza indugi e senza timori: Max Verstappen ha perso una buona occasione per stare zitto dopo una delle più grandi imprese di cui io abbia memoria. Già le premesse non erano delle migliori, visto che papà Jos si era lanciato in una crociata anti-inglese, sostenendo che i commissari (e quindi la FIA), in pieno conflitto di interesse, avevano sanzionato il figlio per favorire qualcun altro.
Accuse più gravi che ridicole, soprattutto perché giungevano da chi il mondo della Formula 1 lo conosce bene. Strali che non trovano corrispondenza nella realtà. Perché, signori miei, le sanzioni che Max ha avuto in Messico sono nette e sacrosante e non figlie di chissà quale trama occulta ordita da chi vuole favorire un pilota britannico o una scuderia che espone la Union Jack nel suo statuto costitutivo.
Questa è una storia vecchia e sinceramente ha stancato: ogni volta che un soggetto non inglese non riesce a raggiungere gli obiettivi che si è prefisso, tracima questa narrazione tossica come in una cloaca maleodorante. Che poi viene da sottolineare un fatto elementare: Red Bull di austriaco ha solo la sede legale, perché tutto il resto è più britannico di Re Carlo III. Cerchiamo di essere seri una volta tanto.
Max in conferenza stampa è andato a cercare il giornalista inglese col lanternino, facendo la solita battuta mal riuscita per atteggiarsi ancora una volta da uomo forte. Perché questo è il punto: Verstappen si è costruito un personaggio mediatico e fa in modo di farlo crescere di volta in volta.
L’uomo delle parolacce, delle risposte sfrontate agli uomini del suo team e agli organi federali, l’uomo che vede complotti che non esistono, l’uomo che ha bisogno di creare un clima ostile per esaltarsi e per dire al mondo “sono più forte di loro, vinco nonostante tutto, batto gli avversari anche se mi vogliono mettere i bastoni tra le ruote”.
Ma quali bastoni tra le ruote, figliolo? In Brasile Verstappen stravince anche cogliendo le occasioni che la pista offre. E quella bandiera rossa, di cui non si è capito ancora il senso, non è certo stata una condizione ostativa, anzi. Se fosse stato vero che opera una regia occulta, una mano invisibile che spinge per Norris o per la McLaren, non si sarebbe certo deciso uno stop che penalizzava proprio quei soggetti.
Sono i fatti a smentire queste filosofie astruse: Max Verstappen corra libero, scevro sovrastrutture mentali e soprattutto senza adombrare complotti assurdi che rischiano di rendere meno grandiosa l’impresa che è stato in grado di compiere. In Formula 1 non sempre sono state prese decisioni corrette. A volte ci si può avvantaggiare di queste, altre volte il fato ti può essere avverso.

Verstappen, già a Las Vegas, potrebbe vincere il suo quarto titolo mondiale; ora è solo questione di matematica. Una striscia che si era avviata nel 2021, quando chi doveva applicare il regolamento è andato in tilt, sfavorendo proprio un pilota inglese. Solo questo basterebbe per censurare assurde teorie del complotto.
Il mondo è già pieno di gente che si aggrappa a credenze aberranti: le scie chimiche, le macchine che inducono terremoti per soggiogare popolazioni, i vaccini come arma di controllo di massa, la terra che si fa piatta e d altre corbellerie assortite delle quali bisogna solo ridere. Ti prego, Max, non aggiungere un’altra cospirazione a quelle che ogni giorno siamo costretti a leggere frequentando il web.
Max si goda le imprese che sta scolpendo nel marmo, perché questo passerà alla storia come il suo mondiale e non quello della macchina o del team, mezzo e soggetto che non si sono espressi sui valori a cui ci avevano abituati. Alimentare storie sinistre non rende merito alle grandi imprese sportive di uno dei piloti più grandi di sempre.
Questo è solo un sommesso consiglio (che non giungerà a destinazione) che arriva da un umile narratore.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing