E se provassimo a chiedere scusa a Mattia Binotto? 

Fred Vasseur è alle prese con vecchi problemi che si sono già visti nella Ferrari di Mattia Binotto. È sempre colpa degli uomini o è il modello aziendale che non funziona?

Sì, il titolo è volutamente provocatorio. Già immagino le reazioni pruriginose di qualcuno di voi nel leggere l’incipit di questo scritto.  L’introduzione è velatamente (?) polemica ma ha una base sensata. Mattia Binotto è stato crocifisso – e quindi allontanato dalla Ferrari – per le stesse problematiche che stanno attanagliando l’azione di Frédéric Vasseur.

Ricorderete perché il dirigente di origini svizzere è stato rimosso. Sinteticamente perché ha pagato la sua volontà di rinviare agli anni successivi la competitività della squadra. Lo fece in prima battuta quando stabilì di attendere la nuova generazione di monoposto basata sui canali Venturi.

Lo ha rifatto nel 2022 quando, a un certo punto, deflagrò la questione affidabilità alla quale non seppe mettere un freno. Da lì l’ennesimo rinvio, stavolta al 2023, di quella gloria che alla fine non è arrivata con una Ferrari in piena ricostruzione.  

Frédéric Vasseur, il grande architetto che sta guidando la ristrutturazione della Ferrari

Ferrari: Vasseur opera in un’ostica linea di continuità

Vasseur ha ereditato molte macerie dalla gestione Binotto, anche se era sembrato, forse in maniera illusoria, che potesse rimettere insieme i cocci in tempi piuttosto rapidi. Le ultime gare della Ferrari sono state uno schiaffo in pieno volto per chi pensava che Maranello fosse definitivamente uscita da problemi atavici, guarita da malattie radicate.

Perché la verità è questa: stiamo assistendo all’azionarsi della solita, vecchia, linea di continuità che reitera i propri atavici difetti. In Ferrari rotolano teste e questo avviene a tutti i livelli. Facendo una lista sommaria, dopo l’era Todt, la scuderia del Cavallino Rampante ha fatto fuori Stefano Domenicali, Marco Mattiacci, Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto per poi consegnare le chiavi a Frédéric Vasseur.  

Ma non solo i team principal sono entrati nella “ghigliottina rossa”; anche molti ingegneri si sono avvicendati. Senza andare troppo indietro nel tempo, ci riferiamo alle ultime due stagioni. Ferrari, in un modo o nell’altro, fa fuori David Sanchez e poi Enrico Cardile che l’altro giorno si è andato a legare ufficialmente con la Aston Martin per la quale comincerà a lavorare all’inizio del 2025.

Due nomi pesantissimi perché si tratta dei padri concettuali delle monoposto che stavano operando in quel determinato contesto storico. Questo stato di cose relativizza i piani operativi, genera incertezza e, ovviamente, va ad incidere sulle prestazioni delle vetture. 

Vedete qualcosa di nuovo in questo schema operativo? Sinceramente io no. È esattamente quello che accadeva sotto la guida di Mattia Binotto, ciò che è successo sotto il governo di Arrivabene e quello che s’è verificato negli anni precedenti con altri manager. Solo nell’era Todt abbiamo conosciuto una certa stabilità che Maranello oggi non riesce a trovare. O che non sa raggiungere. 

Ferrari: quanto tempo per Vasseur?

Vero è che il buon Fred è praticamente all’inizio del suo mandato visto che un anno e mezzo in Formula Uno non possono bastare per ristrutturare un team tentacolare come la Ferrari, ma dopo 18 mesi vedere questa catarsi sportiva comincia a generare qualche preoccupazione. E infatti critiche e campanelli di allarme cominciano a risuonare in maniera piuttosto forte. 

Alla luce di quello che sta accadendo in questi giorni in Ferrari con sostituzioni iperboliche, roboanti e schizofreniche, forse dovremmo rivalutare il lavoro di Mattia Binotto. Se non gli sono dovute delle scuse che forse dovrebbero arrivare per come è stato trattato un ingegnere specializzato declassato, in certi commenti, a ridicola macchietta – dal faraone al vignaiolo – gli si dovrebbe dare l’attenuante dell’ammettere che la Ferrari è una realtà che non riesce ancora a dare tempo alle sue risorse di sviluppare un lavoro fatto per bene.

Sede della Scuderia Ferrari, Maranello

A un certo punto dell’evoluzione aziendale c’è sempre il cortocircuito. Perché se qualcuno reputa che sia normale defenestrare due direttori responsabili del progetto vettura, per giunta in pieno svolgimento di mondiale e per due anni di seguito, significa che la neuro è pronta con le camicie di forza. 

Anche gli avvicendamenti e le sostituzioni devono rispettare dei timing precisi. E quelli osservati nei casi di specie non risultano centrati. La SF-23 non è mai stata all’altezza della situazione (Sanchez molla prestissimo, caso fortuito?), la derivante SF-24 è partita bene ed è sparita quando Cardile è stato messo a fare il passacarte in attesa della Aston Martin.   

Quando ci lanciamo in strali ad personam bisognerebbe ricordarsi del contesto condizionante. Solo così si avrà la facoltà di capire, una volta e per tutte, che gli uomini sono semplici ingranaggi di un sistema che andrebbe corretto con altri interventi e con tempi forse più abbondanti. 


Crediti foto: Scuderia Ferrari

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