La scorsa settimana Formulacritica ha prodotto un contenuto in cui si avanzavano alcune osservazioni a Luca Cordero di Montezemolo che si era espresso sul momento della Ferrari a margine della presentazione di “Luca: Seeing Red”, un documentario dedicato alla sua vita prodotto da Sky. L’articolo (consultabile a questo link: clicca qui) ha posto le basi per un confronto diretto con il Presidente che ha inteso far luce su un paio di passaggi chiave.
Luca Cordero di Montezemolo fa chiarezza su power unit turbo-ibride e test privati
Nel testo da cui prende le mosse il chiarimento sono due i punti che il dirigente bolognese ha voluto rendere intellegibili, offrendo il suo punto di vista a Formulacritica e contribuendo così a spazzare via i dubbi su una stagione storica di cui si è parlato molto e forse in maniera imprecisa. O quanto meno superficiale.
Nell’editoriale si sosteneva che la Ferrari, all’alba degli Anni Dieci, si sia presentata in maniera debole ai tavoli delle trattative presso i quali si stavano definendo i quadri normativi della Formula Uno delle stagioni successive. I punti nodali evidenziati:
- L’accettazione (ritenuta da noi) passiva dell’architettura propulsiva a sei cilindri turbo con integrazione dei due motogeneratori MGU-H e MGU-K che annullavano un punto di forza di Maranello, da sempre leader nella tecnologia aspirata e plurifrazionata;
- Aver contribuito alla virtualizzazione della Formula 1 spostando il focus tecnico dai test in pista alla sfera simulativa.

Power unit turbo-ibride: perché la Ferrari disse sì
Sul primo punto il Presidente ha espresso la sua verità con grande chiarezza. Non saranno riportati virgolettati, sarà riferito il concetto esternato dopo aver avuto la sua autorizzazione alla pubblicazione dello scritto che leggete. La Ferrari, in quella congiuntura storica in cui la Formula Uno dibatteva sulle architetture motoristiche, ha valutato la visione postulata dalla Mercedes come una sfida da raccogliere.
È dinamica nota e l’ha ribadita Montezemolo: la Stella a Tre Punte, allora rappresentata da Dieter Zetsche, era molto avanti nella definizione delle unità propulsive turbo-ibride, come i campionati disputatisi dal 2014 in poi hanno ampiamente dimostrato. È stato Andy Cowell, padre concettuale di quei gioielli di tecnica, a confermare che durante le prime annate Lewis Hamilton e Nico Rosberg potessero centellinare la potenza per evitare di svelare l’enorme potenziale dei sei cilindri prodotti nel Mercedes High Performance Powertrains di Brixworth.
La Ferrari ha sposato quell’architettura – questa la puntualizzazione di Montezemolo – perché non poteva non raccogliere il guanto di sfida. Una decisione che, col senno dell’esperienza successiva, non si è rivelata vincente ma che all’epoca dei fatti era quasi un obbligo morale per un marchio che ha sempre tracciato la strada dell’innovazione e che non voleva sottrarsi alla tenzone ingegneristica confidando nelle proprie capacità.
Il Cavallino Rampante era dunque quasi costretto dalla sua storia a dimostrare ai partner, ai tifosi e agli addetti ai lavori che sarebbe uscito forte anche dopo una transizione così rivoluzionaria. Montezemolo circostanzia con precisione una scelta che ha penalizzato la Rossa che, negli anni, ha comunque dato dimostrazione di poter colmare il deficit tecnico sfornando unità propulsive che hanno saputo vincere gare.

F1 virtualizzata: un blocco anti-Ferrari
Nell’editoriale che ha avviato l’interlocuzione si sosteneva che la Ferrari aveva “[…] praticamente detto addio alle prove in pista pur avendo la squadra test migliore al mondo e alcuni tracciati di proprietà in cui sviluppare le proprie monoposto”. La chiarificazione di Montezemolo non lascia adito ad altre interpretazioni e sana un evidente difetto interpretativo frutto di un’errata e abusata vulgata popolare.
Il Cavallino Rampante non accettò passivamente che FIA e FOM virassero verso una Formula 1 fatta di analisi computazionali e simulatori, fu costretto a piegarsi dal pingue e agguerrito fronte britannico che spingeva affinché un rivale non potesse giovarsi dei propri punti di forza: possedere una squadra test efficiente e piste di proprietà nel raggio d’azione geografico del team.
Montezemolo ha sottolineato che il punto nodale non era il possesso di Fiorano, impianto utile per shakedown e prove “meno profonde”, bensì la possibilità di poter sfruttare un tracciato come il Mugello che rappresenta un banco di prova validissimo per svezzare e sviluppare un’auto della massima categoria del motorsport.
In quella delicata congiuntura storica, caratterizzata evidentemente da tensioni politiche “in bassa frequenza”, la Ferrari era l’unica realtà a farsi latrice della prosecuzione del modello basato sui test in pista mentre gli avversari, incapaci di strutturarsi alla stessa maniera e con analoga capacità di imporsi tra i cordoli, premevano per modificare lo status quo traendo così vantaggio da un diverso contesto operativo.
Maranello si è trovata a condurre una battaglia senza supporto alcuno – né delle équipe in griglia né degli stakeholders della F1 – e per questo ha dovuto adeguarsi ai desiderata dei legislatori che recepirono le istanze delle franchigie inglesi. Non è bastato spingere con forza, Ferrari ha dovuto accettare la realtà dei fatti.
È necessario sottolineare, in questa sede, che il gruppo modenese, pur possedendo il diritto di veto garantito dal Patto della Concordia, non l’ha attivato. A conferma del fatto che si tratta di un istituto non realmente funzionante e che Maranello si è posta con un atteggiamento signorile accettando la sfida, rimboccandosi le maniche per provare a vincerla nonostante un contesto che diveniva palesemente avverso.

Luca Cordero di Montezemolo: una vita al servizio del Cavallino Rampante
Ciò che è emerso dal colloquio è lo spirito di abnegazione verso la causa Rossa. Il Presidente ha rivendicato con orgoglio le vittorie storiche e continuative ma anche i momenti di difficoltà, quelle ferite che ancora pulsano e che raccontano di mondiali persi all’ultima gara, sulla linea del traguardo, quando tutto sembrava apparecchiato per la festa. Petrov che “tappa” Fernando Alonso, Hamilton che esulta sulla sirena finale del GP del Brasile 2008 mentre il box rosso esplodeva in una gioia tramutatasi in dolore. Questi e altri segnanti episodi più lontani nel tempo che hanno forgiato il carattere di un capo presente ma non invadente, risoluto ma non dispotico.
Montezemolo ha sottolineato una statistica che dà la cifra della gestione rossa senza la sua presenza: sono anni che il gruppo italiano non arriva a giocarsi un mondiale all’ultima curva. Quando è stato eccepito circa una Ferrari capace, con Sebastian Vettel, di mettere in difficoltà la Mercedes, è stato fatto notare che dopo la pausa estiva i sogni iridati si sono infranti tra problemi di affidabilità e gestione strategica non puntuale. La Stella a Tre Punte che prese così il largo confermando la tendenza al ribasso di un team, la Ferrari, che non sa tutt’oggi trovare la via della competitività totale.
Solo dodici mesi fa il Cavallino Rampante è stato in lizza per il costruttori fino all’ultima rappresentazione stagionale, ma non c’è stata la possibilità di avere la meglio di una McLaren tornata in cima al mondo dimostrando che esiste un cammino risoluto che può essere compiuto per risalire la china.
Proprio a Woking – ambiente che Montezemolo conosce bene essendo stato nominato, il 27 giugno di quest’anno, direttore di McLaren Group, holding che comprende le società McLaren, McLaren Automotive e McLaren Electronic System – è salito in cattedra un uomo, un italiano, che è cresciuto in quella Ferrari diretta dal Presidente: Andrea Stella, uno dei nomi emersi nel confronto telefonico.
Ma non il solo. Si è parlato di Stefano Domenicali, altro prodotto delle “fucine maranelliane”, che oggi siede sullo scranno più alto della Formula Uno. Questi e altri protagonisti che si sono formati alle dipendenze di Montezemolo che, più o meno direttamente, continua quindi a firmare la storia di questo meraviglioso sport.

Luca Cordero di Montezemolo chiude il suo intervento con una sottolineatura: dopo il fondatore Enzo Ferrari, è stato l’uomo per maggior tempo al timone del natante rosso. Un’esperienza professionale in cui ascese e cadute si sono succedute. Un manager che non ha negato le sue responsabilità in alcune scelte puntualmente esposte e che parimenti – con lucidità estrema – ha rivendicato i conseguimenti di una carriera che parla da sé.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Ferrari, Ansa
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