Lo strappo di Michael

Quali saranno gli effetti dell’atto di forza di Michael Andretti sulla F1? Ecco i possibili effetti dello strappo

Non difetta di determinazione e perseveranza Michael Andretti. La FOM gli ha sbattuto le porte in faccia? Lui ha accusato il colpo in silenzio, ha rimuginato, non s’è disunito. E ha continuato a percorrere la sua strada fino ad arrivare allo strappo di ieri.

Sì, l’inaugurazione della sede di Silverstone è da considerarsi un vero e proprio atto di forza. Anche se i più attenti (come noi) non sono sorpresi. Il progetto Formula 1 non era mai stato sospeso, né congelato visto che erano rimaste accese due antenne operative, una in Indiana e l’altra presso il GM Tech Center, in North Carolina.

Andretti: il valore simbolico della sede di Silverstone

Silverstone è il terzo polo, che ha un valore strategico, quasi emblematico. In una Formula 1 che si chiude a riccio lui entra con un trabucco nell’area nevralgica e piazza le tende laddove la stragrande maggioranza dei team ha sedi e competenze da indotto. 

I team principal avversari, quelli che gli hanno remato contro giocando sporco con un atteggiamento censorio prima subdolo poi manifesto, si trovano il nemico alle porte.

Un soggetto che s’è messo in testa di vincere la sua guerra con un arsenale non da poco che potrebbe servire a quelle squadre in rovina che godono del cerchio magico del Patto della Concordia e che a mezzo di questo non si sforzano di produrre vetture decenti. 

Tanto, i soldi sono comunque garantiti. E solo questo basterebbe a dimostrare quanto è perverso e malsano il documento che determina i rapporti commerciali tra le squadre e e la FOM. 

Andretti: quattro opzioni sul tavolo

Sfiancamento. Questa è la strategia attualmente impostata. Pressare incessantemente per far rivedere i programmi alla FOM. Uno dei punti che hanno determinato la bocciatura da parte di Liberty Media è la presunta incapacità di creare un mezzo tecnico subito all’altezza della situazione. 

Con lo strappo di Silverstone, Andretti dimostra il contrario: ci sono forze e competenze per duellare sicuramente meglio di quei team che si trascinano stancamente tra telai inesistenti, motori balbettanti ed esperienze senza guizzi. Identikit che portano a tre realtà che sono altrettante strade che il gruppo americano può provare a percorrere. 

Alpine. Ieri s’era diffusa la voce secondo cui la squadra fosse in vendita col vincolo per l’acquirente di mantenere attiva la fornitura dei propulsori Renault. Esattamente ciò che potrebbe fare Andretti che, in attesa di Cadillac, ricerca un motorista. Gli abboccamenti con la Losanga sono noti visto che per un certo periodo è esistito anche un precontratto. 

I francesi non vorranno vendere ma di fatto hanno aperto all’ingresso in Alpine Racing Ltd da parte di Otro Capital, un fondo che dovrebbe sostenere la strategia di crescita e le ambizioni sportive della franchigia francese.

L’ingresso di Alec Scheiner, co-fondatore e partner di Otro Capital, nel Consiglio di Amministrazione di Alpine Racing Ltd rafforza l’idea che la casa madre si stia lentamente sfilando dalla gestione sportiva del team mantenendo il controllo sul comparto motori.

Nell’operazione non era rientrata Alpine Racing SAS, l’entità che produce motori di Formula 1 a Viry-Châtillon, in Francia, rimasta per intero di proprietà del Gruppo Renault. Questo elemento apre alla possibilità della cessione e Andretti si è piazzato come un rapace a pochi chilometri da Enstone. Alpine smentisce, certi incastri raccontano altro.

La Alpine di Esteban Ocon avvolta dal fumo: la sintesi dell’esperienza Renault con le power unit.

Williams. Andretti aveva provato a subentrare in Sauber, storia nota e vecchia. La scuderia di Hinwil, alla fine, ha ceduto alla pressione del Gruppo Volkswagen che ha agito con la controllata Audi che oggi è proprietaria al 100% del gruppo che fu di Peter Sauber. 

Il modello sarebbe analogo: puntare su una realtà in difficoltà, quasi boccheggiante (in questo caso una vera e propria nobile decaduta) senza rompere il modello a dieci squadre e soprattutto incuneandosi in un contesto operativo che, seppur disastrato (lo dice James Vowles, non noi), garantirebbe continuità senza spezzare cerchi magici e accordi pregressi con la FOM. 

Da Grove nessun commento giunge, ma i bene informati dicono che il fondo Dorilton Capital, la proprietà americana, un po’ s’è rotta le scatole di bivaccare a fondo gruppo e di perdere la faccia con figure barbine come quella dell’Australia. Staremo a vedere.

Haas. Attiva dal 2015 e con 170 gare sulle spalle, la franchigia di patron Gene non ha ancora trovato un senso in F1. Almeno non l’abbiamo capito. Voi? Troppo dipendente dalla Ferrari, senza strutture di rilievo, senza ambizioni, abituata all’aria pesante della bassa classifica, la scuderia americana è incastrata in una ragnatela di mediocrità dalla quale non riesce – e forse non vuole – uscire. 

Come per gli altri soggetti citati, il Patto della Concordia garantisce tanta di quella grana che il risultato sportivo passa quindi in secondo piano. Finché la Formula uno, nella sua globalità, continua a produrre utili il problema si pone in maniera relativa, ma le fasi di decrescita arriveranno, sono normali cicli economici.

E in quel momento Liberty Media potrebbe essere meno concessiva e pretendere più competitività, anche per giustificare la sua politica votata all’incertezza sportiva che, per ora, ha generato un fallimento sonoro considerando un dominio che si è sostituito a un altro.  

Per caratteristiche e parabola sportiva, Haas potrebbe essere un soggetto idoneo per un passaggio di mano che oggi non è in agenda ma che presto potrebbe entrarci.

Andretti

Per tirare le somme, quindi, Andretti sta giocando come un fine stratega su un tavolo da Risiko che si è fatto incandescente. La F1, intesa come proprietà e team principal, non può fingere di voltare lo sguardo altrove dopo lo strappo di ieri. Il pressing dovrà portare a una soluzione veloce perchè la volontà dell’ex pilota è quella di debuttare nel 2026. 

Da subentrante o come undicesimo soggetto non si sa, ma Andretti è disposto a tutto e non sono da escludere battaglie legali visto che il diniego della FOM è giunto dopo la piena accettazione da parte della FIA che, fino a prova contraria, scrive le regole del gioco e mette bocca anche su questioni tecniche. Per gli accordi commerciali, non meno importanti, si potrebbe arrivare al compromesso. Vedremo.


Crediti foto: Andretti Global, Alpine, F1

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