Nella F1 della grande mutazione genetica c’è una variabile meno impazzita: i piloti. Sui 22 interpreti ci sarà solo un volto nuovo, quello di Arvid Lindblad che arriva in Formula 1 con la consapevolezza che non tutto ciò che ha imparato in Formula 2 sarà immediatamente spendibile nella massima categoria. Un concetto che spiega con lucidità il percorso del giovane talento del programma Red Bull, pronto al debutto con Racing Bulls dopo una sola stagione in F2, chiusa al sesto posto in campionato.
Il salto è stato rapido, quasi brutale nei tempi. Lindblad ha già avuto modo di guidare sia una Racing Bulls sia una Red Bull nei test e nelle sessioni di sviluppo, maturando la convinzione che la Formula 2 rappresenti una categoria profondamente atipica, più distante dalla Formula 1 di quanto la sua collocazione gerarchica possa far pensare.

“La Formula 2 è così unica. Sì, è il penultimo gradino della scala verso la Formula 1, ma è completamente diversa. Molte delle cose che ho dovuto imparare quest’anno in F2 non so quanto siano davvero trasferibili in F1“, ha spiegato.
Parole che assumono un peso specifico rilevante se lette alla luce del percorso accelerato del pilota anglo-svedese. Dopo una sola stagione in Formula 3, Lindblad ha vinto la Formula Regional Oceania e si è immediatamente affacciato alla F2, senza passaggi intermedi o periodi di consolidamento. Un’ascesa che, secondo lui, ha avuto un impatto più profondo sul piano umano e metodologico che su quello puramente tecnico.
“Ho imparato tantissimo su me stesso, dentro e fuori dalla pista. Il lavoro con il team, la gestione delle relazioni e dei processi: sono aspetti che diventano ancora più importanti in Formula 1. Dal punto di vista della guida è difficile isolare una singola lezione, perché sono salito così velocemente di categoria che ho dovuto migliorare su tutti i fronti, adattarmi e imparare a una velocità incredibile. In F2 avevo la sensazione che ogni aspetto richiedesse un salto di qualità, e penso che in F1 sarà lo stesso“.
Se c’è però un elemento che Lindblad individua come realmente formativo, questo riguarda la capacità di gestire la complessità mentre si è al volante. Un aspetto che in Formula 2 assume un peso crescente con l’ingresso di strategie più articolate e di pneumatici più sensibili.
“Penso che la cosa più importante che ho imparato sia la capacità di gestire molte più variabili mentre guidi. In F2 questo diventa fondamentale perché la strategia conta di più e le gomme sono più complicate. Credo che nella nuova Formula 1 del prossimo anno, con la nuova unità di potenza, questo aspetto sarà ancora più rilevante. Se dovessi indicare una sola lezione, sarebbe questa“.
Il debutto di Lindblad coinciderà con l’inizio della stagione 2026, un’annata destinata a segnare una svolta epocale per la Formula 1, con un regolamento tecnico completamente rinnovato. Un contesto che lo vedrà unico rookie in griglia, una condizione che potrebbe ridurre il gap naturale rispetto ai piloti più esperti.
“Non direi che sia un vantaggio, forse è semplicemente meno uno svantaggio. In ogni caso non è qualcosa che posso controllare. Sarà una sfida enorme per tutti e io ho tantissimo da imparare. La Formula 1 del prossimo anno sarà molto diversa, quindi mi concentro solo sul lavorare duramente con la squadra durante l’inverno, preparare al meglio la stagione, sfruttare i test il più possibile e poi vedremo“.

C’è infine un dettaglio quasi cinematografico che accompagna l’ingresso di Lindblad in Formula 1. Debutterà esattamente nell’anno che aveva indicato, cinque stagioni fa, a Lando Norris. Un episodio che affonda le radici nel karting e che trae ispirazione da uno dei racconti più celebri della carriera di Lewis Hamilton.
“Ricordo che Lando arrivò in pista nel 2021, stava sistemando il telaio e poi venne a una gara. Lo vidi nel paddock, ero con un mio amico e gli dissi che volevo andare a parlargli. Lui mi rispose che non avevo abbastanza coraggio, così volli dimostrargli che si sbagliava“.
“Così andai da Lando e la prima cosa che dissi fu: ‘Ricordati di me, ci vediamo tra cinque anni’. Mi ero ispirato alla storia di Lewis Hamilton con Ron Dennis, quando gli disse che un giorno avrebbe guidato una delle sue macchine“.
“Non direi che avessi fatto calcoli precisi, ma sapevo cosa fosse realistico in quel momento e quanto velocemente avrei potuto scalare le categorie se tutto fosse andato per il verso giusto. Sapevo che il 2026 era il primo anno realmente possibile. Quando ho iniziato questo percorso a cinque anni ero estremamente determinato ad arrivare in Formula 1. Avevo la stessa determinazione a 14 anni quel giorno e ce l’ho ancora adesso. Sono felice di aver rispettato quella linea temporale. Oggi è diventata una piccola storia divertente“.
Per Lindblad, la Formula 1 non è solo un traguardo raggiunto, ma l’inizio di una fase completamente nuova, in un contesto tecnico e sportivo che non ammetterà scorciatoie. Un debutto che, più che sulle lezioni del passato, si fonderà sulla capacità di reinventarsi ancora una volta.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
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