L’incidente di Roger Williamson: morire da soli

In occasione del Gran Premio d’Olanda, vi raccontiamo la storia dell’incidente di Roger Williamson

Contesto storico – È il 29 luglio del 1973, si tiene il Gran Premio d’Olanda sul circuito di Zandvoort, lungo le sponde del Mare del Nord, decima prova del Campionato Mondiale di F1 del 1973.

Il Gran Premio d’Olanda torna in calendario dopo un anno di assenza a causa dei lavori di miglioramento della sicurezza, che hanno portato alla modifica del tracciato nei Paesi Bassi, con l’aggiunta della chicane “Panoramabocht”, un nuovo asfalto, nuovi guard-rail e una torre di controllo.

Il Campionato Mondiale di F1 vive uno dei momenti più emozionanti della sua storia, con due contendenti al titolo: il due volte campione del mondo della Tyrrell, il pilota scozzese sir Jackie Stewart, a quota 42 punti, appena una lunghezza sopra il suo principale rivale, il campione del mondo uscente, il  brasiliano della Lotus, Emerson Fittipaldi.

Il Drake, Enzo Ferrari, decide di non schierare le due Ferrari 312B3 del pilota belga Jacky Ickx e del pilota italiano Arturo Merzario, a causa della mancata competitività della monoposto, scelta che verrà poi ripetuta nel successivo Gran Premio di Germania al Nürburgring, preferendo lavorare sullo sviluppo della vettura.


Il drammatico incidente di Roger Williamson

Roger Williamson era un pilota inglese, nativo del Leicestershire, nelle Midlands orientali. Vinse ben due campionati di Formula 3 britannica consecutivamente tra il 1971 e il 1972 e debuttò in F1 in una gara non valevole per il Campionato Mondiale di F1, la “Victory Race”, sullo storico tracciato inglese di Brands Hatch, con la Kitchmac-Chevrolet. Si qualificò 34° su 38 partecipanti, ma la domenica della gara fu costretto al ritiro a causa di un danno a uno pneumatico.

Notato dalle scuderie inglesi di F1, la BRM e la March Engineering, firmò con quest’ultima dopo aver effettuato un test con la prima, ma la monoposto a disposizione del pilota inglese non era per nulla competitiva.

Debuttò in F1 con la March nel Gran Premio di Gran Bretagna a Silverstone, dove però non riuscì a qualificarsi per la gara. Esordì nel Gran Premio successivo, quello d’Olanda a Zandvoort, dove trovò la morte. Si qualificò 18° su 24 partecipanti. Per ironia della sorte, è proprio al 18° giro che il pilota inglese perse poi la vita.

Lo sgonfiamento di una gomma gli fece perdere il controllo della monoposto, che impattò violentemente contro le barriere, capovolgendosi e prendendo fuoco. Nessuno dei commissari di pista cercò di salvare il pilota. Solo Dave Purley, driver inglese della scuderia LEC, che guidava una March come quella del suo connazionale, scese dalla sua monoposto per soccorrerlo. Solo dopo 8 minuti, i soccorritori, mal equipaggiati, presero coraggio per intervenire, ma era troppo tardi: per il pilota inglese non ci fu nulla da fare.

La sua drammatica storia portò la Formula 1 a riflettere sulla sicurezza dei tracciati e sulle capacità e l’equipaggiamento dei soccorritori. Meno di due mesi dopo, al Gran Premio del Canada a Mosport, debuttò la prima Safety Car nella massima serie, fatto di cui si è parlato in questo articolo: leggi qui.

David Purley, l’unico uomo che cercò di salvare la vita di Williamson, morì in un incidente aereo a bordo di un aeroplano acrobatico, precipitando nelle acque di Bognor Regis, sul Canale della Manica, il 2 luglio del 1985.

30 anni dopo la scomparsa di Williamson, nello storico circuito di Donington Park, nelle vicinanze del luogo natio del pilota inglese, fu eretta una statua di bronzo con le sue fattezze.


Crediti foto: F1

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