Ormai scrivo da un bel po’ con Formulacritica e penso che abbiate capito quanto mi influenzi ciò che guardo in tv, che siano film, serie o anime, o ciò che leggo sui social. Molti dei miei articoli che avrete letto sono condizionati da questi fattori. Di recente, ho visto un film dove ho trovato molte similitudini con l’attuale F1, nelle mani di Liberty Media. Potrebbero esserci degli spoiler. La pellicola in questione è “The Substance”, film francese di Coralie Fargeat, presentato all’ultimo Festival di Cannes, dove ha vinto il premio per la sceneggiatura. Candidato in 5 categorie ai prossimi Golden Globes, è probabile front-runner ai prossimi Oscar.
Questo film satirico tratta il tema della giovinezza che fu e della vecchiaia che incombe, fino a quando, con una semplice dose della “sostanza” (il “The Substance” del titolo), si può ringiovanire, diventando più belli e perfetti.
È quello che è capitato con la F1 prima di Liberty Media. La classe regina del motorsport non viveva uno dei suoi momenti migliori: il dominio incontrastato delle Mercedes, ascolti a picco, giovani che la snobbavano e poche richieste per ampliare il bouquet degli Stati disposti a ospitare la categoria.
Con l’acquisto da parte di Liberty Media, è arrivata la “substance”, che ha portato la F1 a livelli inimmaginabili fino a un decennio fa. La serie è tornata di nuovo attrattiva per i giovani, grazie al lavoro sui social 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Una docuserie del colosso dello streaming Netflix, “Drive to Survive”, per quanto sia costruita e lontana dalla realtà, ha avuto successo in un nuovo mercato come quello degli Stati Uniti, tanto che oggi ospita ben tre Gran Premi.
Il calendario della F1 si è espanso fino ad avere 24 Gran Premi, aggiungendo i ricchissimi Paesi arabi come l’Arabia Saudita e il Qatar, oltre a due Gran Premi nelle città di Miami e Las Vegas. Molti altri governi e ricchi imprenditori bussano alla porta di Liberty Media. Dalla Thailandia alla Corea del Sud, fino al Ruanda e al Sudafrica, si danno battaglia pur di entrare nel Circus.
Nel frattempo, i Gran Premi europei, strozzati dalle folli richieste economiche, lavorano in fretta e furia pur di avere la F1, e ciò potrebbe non bastare. L’Olanda ha deciso di abbandonare la categoria: il 2026 sarà l’ultimo evento nei Paesi Bassi, e un altro Gran Premio storico, quello di Imola, rischia di non ospitarla dopo il 2025.
Dal punto di vista sportivo, Liberty Media ha deciso di inserire nei programmi di alcuni Gran Premi la Sprint Race, una gara di circa 100 km in cui i piloti lottano per un misero bottino di punti. La Sprint serve per ravvivare un normale weekend e attrarre il cosiddetto “pubblico giovane”, troppo pigro per seguire una normale gara da 300 km.
Un altro punto in questione è il budget cap, il limite dei costi imposto alle scuderie. Il tetto di spesa ha avuto bisogno di un po’ di tempo per centrare l’obiettivo di livellare i valori dei team, cosa riuscita nel penultimo anno delle vetture a effetto suolo con la sorprendente vittoria del campionato costruttori della McLaren. Allo stesso tempo, però, ha costretto le piccole franchigie, come la Williams, vittima dei numerosi incidenti da parte dei suoi piloti, a fermare lo sviluppo della monoposto pur di non sforare il budget cap e incorrere in sanzioni.
Così come accade in “The Substance”, la versione “più giovane, più bella e più perfetta” ha preso il sopravvento. La F1 con cui siamo cresciuti, o che chi l’ha vissuta nel magico momento degli anni ’80 ricorda, non c’è più. Adesso siamo in balìa degli influencer e dei tiktoker che premiano i nostri beniamini quando conquistano una pole e che sventolano la bandiera a scacchi che sancisce la fine del Gran Premio.
Ma in “The Substance”, il finale non è dei migliori. Anche la versione “più giovane, più bella e più perfetta” ha i giorni contati, così ricorre di nuovo alla “sostanza”. Peccato che essa sia monouso. Liberty Media non deve ricorrere di nuovo alla “sostanza”, perché potrebbe uscirne fuori un abominio, e questo ha vita breve.
Crediti foto: F1, Formulacritica