Per molto tempo Stefano Domenicali ha parlato di rotazione dei gran premi europei. All’inizio sembravano minacce, quasi esternazioni fatte per stimolare i promoter del Vecchio Continente a impegnarsi di più, sia sul fronte logistico-strutturale che nell’aprire i cordoni della borsa per garantirsi i contratti necessari a figurare nel calendario del campionato del mondo di Formula 1.
Via via che i mesi passavano, queste intenzioni si sono concretizzate e, dopo l’ultima riunione dei soci di Liberty Media, si è capito che ormai era giunto il tempo di passare dalle proverbiali parole ai dolenti fatti. Ieri c’è stata l’ufficializzazione dell’avvio di questa nuova politica. Il rinnovo di Spa-Francorchamps fino al 2031 reca al suo interno l’alternanza con una pista da definire. Dopo che Zandvoort si è chiamata fuori, potrebbero essere altri soggetti europei a entrare in questo meccanismo altalenante.
Domenicali ha parlato di Imola, ma potrebbero essere anche vecchi circuiti usciti dai radar che, con la giusta offerta, potrebbero rientrare: Nürburgring, Magny-Cours, Le Castellet, Hockenheim sono i nomi ipotizzabili. Ma anche Barcellona, che dal 2026 dovrà cedere il passo al GP di Madrid. I promotori del Montmelò non hanno mai fatto mistero di voler rimanere nel Circolo dei 24 Gran Premi e, per questo motivo, potrebbero accettare di organizzare un evento “a corrente alternata”.

L’atto di forza di Liberty Media
Il problema non è la rotazione in sé, era un concetto ampiamente anticipato e ora cadere dal pero o mostrarsi fortemente indignati fa sorridere. La questione è che hanno toccato la pista, per distacco, migliore del mondiale. Un totem, un simbolo, un sacrario che nessuno avrebbe voluto veder sfiorato. E invece, gli americani a-storici si sono mossi con la sferza e hanno spazzato via tradizioni consolidate e “mortificato” luoghi pregni di un passato glorioso.
Ho avuto il piacere e l’onore di passeggiare tra le curve di quel tracciato ed è stata un’esperienza segnante, stravolgente nell’accezione positiva del concetto. Non esiste altro al mondo. Spa-Francorchamps è un mito del motorsport, e forse per questo andava preservato. L’idea che sia stato trattato come un qualsiasi impianto fa raggelare il sangue.
Ma oggi Liberty Media antepone altre necessità al sentimentalismo e alle tradizioni. Posso comprenderli, anche se resto fortemente dubbioso sulla necessità di toccare proprio quella pista. Per tale ragione, sono comprensibili le rimostranze di chi si sente preso per i fondelli da una decisione che, a ben vedere, non sarebbe stata nemmeno economicamente necessaria.

La sensazione è che Liberty Media abbia voluto mostrarsi forte: ridimensiono un simbolo del motorsport per dire al mondo “qua comando io e, se mi fate girare gli attributi, faccio pure peggio”. D’altro canto, lo avevano lasciato intendere con Monte Carlo, teatro verso il quale avevano mostrato lo stesso atteggiamento di chiusura.
In primis tolsero il privilegio del venerdì di stop dell’attività, un unicum nel calendario, abolendo il marchio di fabbrica dell’esperienza monegasca. Poi hanno rimosso lo status di pista speciale conferito da Bernie Ecclestone. Mossa con la quale il gruppo guidato da John C. Malone ha iniziato a pretendere le stesse cifre sborsate dagli altri promoter per concedere l’organizzazione del gran premio.
Quello di Liberty Media è un atto di forza, una mossa sfacciata di chi è forte, sa di esserlo e vuole ostentarlo a tutti. Gli organizzatori del Gran Premio del Belgio si sono piegati pur di non vedere sprecati i tanti investimenti fatti proprio in base alle pressioni degli americani. Zandvoort non l’ha fatto ed è uscita dal calendario, altre piste europee non ci hanno nemmeno provato, capitolando da tempo senza sviluppare ancora la capacità economica e logistica di adeguarsi ai diktat di Domenicali & Co.
La Formula 1 naviga per questi mari: o si prova a galleggiare o si annega. Nessuno lancia salvagenti, non ci sono scialuppe di salvataggio. Spa-Francorchamps ha deciso di adeguarsi e forse, a essere realisti, ha fatto la scelta giusta, seppur compromissoria. Meglio goderne a fasi alterne che vederla totalmente sparire dai radar. E quello sì che sarebbe stato un vero disastro.
Crediti foto: Lamborghini, F1