“O mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”. Quante volte avrete sentito questa espressione quando, lamentandovi del piatto servito a tavola, i vostri genitori facevano intendere senza mezzi termini che non c’erano alternative? Bene, immaginate che quel papà o quella mamma (qua serve uno sforzo di fantasia un pizzico più profondo) sia Stefano Domenicali, grande boss della F1 americana.
Il menu propinato a team e piloti è quello che presenta ben 24 portate. Un pasto lauto ma forse troppo pesante. E per questo indigesto. A poco è servito, per renderlo più digeribile, annunciarlo con larghissimo anticipo arrivando anche a una regionalizzazione che, anche se non totale, è quasi piena.
Domenicali, in Cina, si è detto molto contento di come le cose sono state organizzate. Ma, quando gli è stato fatto notare che qualcuno preferirebbe ritmi meno cadenzati, si è subito messo sulla difensiva. Ed è lì che è emersa la natura da padre padrone.
F1: non tutti i piloti sono soddisfatti del format a 24 gare
Alcuni protagonisti del Circus, a diverse riprese, hanno espresso delle riserve su un calendario così fitto di impegni nel quale ci sono anche sei sprint race che potrebbero addirittura crescere nel tempo. Lo ha lasciato intendere proprio il boss imolese qualche giorno fa.
Un lecito diritto di dissenso di cui si è fatto portavoce anche George Russell che occupa un posto di rilievo nella Gran Prix Driver Association. E se parla un esponente del sindacato dei driver allora quelle parole pesano di più.
Il rappresentante della Mercedes ha sottolineato quanto siano stressati anche i meccanici e i tecnici che devono schizzare da un capo all’altro del mondo, spesso senza far tappa nelle proprie residenze.
Evidenza, questa, sottolineata pure da Sergio Perez in apertura di stagione e da James Allison che aveva parlato della necessità di far ruotare il personale a seguito dei sodalizi per evitare di imporre loro turni di lavoro asfissianti.
Fatto che collima anche con le necessità derivanti dalla presenza del budget cap che non permette ai team di elargire premi e bonus per il lavoro extra.
Rimostranze evidentemente basate su logiche concrete. Ma che i padroni del vapore non vedono. O, per meglio dire, che conoscono senza considerarle un vero punto critico. “Parlo con loro [i piloti] e se vuoi guidare puoi farlo tutti i giorni. Se non vuoi guidare in Formula 1, non sei obbligato a farlo”.
“È una questione di rispetto per i tifosi. Vogliono vederli correre ed è una responsabilità che, ancora una volta, abbiamo verso tutti i nostri fan, i nostri partner, promotori, sponsor, emittenti televisive, verso tutti. È la magia dello sport in cui viviamo, perché abbiamo bisogno di eroi che si divertano in quello che fanno. E sono sicuro che loro si stiano divertendo“.

F1: la linea dura di Domenicali è eticamente discutibile
Non ce ne voglia Domenicali, ma sembra di leggere le esternazioni del classico capo d’azienda senza scrupoli piegato alle logiche dell’accumulazione a tutti i costi.
S’intenda, nessuno vuol paragonare il pilota all’operaio che si fa un mazzo così (sia consentita l’espressione), ma nemmeno è “simpatico” leggere che, proprio in forza di guadagni straordinari, si può chiedere ogni genere di sacrificio ai protagonisti del Circus.
Anche perchè gli sforzi veri ricadono soprattutto sulle maestranze. Su chi, oltre a lavorare alle auto, prima e dopo le gare deve sobbarcarsi anche gli oneri del montaggio e dello smontaggio di tutte le strutture che servono a far vivere un team. E si tratta di qualcosa di molto grosso.
Vi assicuro che, avendoli visti all’opera dalle vetrate di sale stampa che andavano svuotandosi a sera inoltrata, i meccanici fanno un lavoro massacrante. Forse a queste figure, nascoste al clamore mediatico, andrebbe offerta vera gratitudine. E condizioni lavorative un po’ meno stressanti.
Crediti foto: F1