Lewis Hamilton – Mercedes W15: la Ferrari dietro lo scarso feeling?

Lewis Hamilton e la Mercedes W15 non si sono ancora "riconosciuti". Dopo test incoraggianti è ora chiaro che il britannico non si sia ancora legato con la vettura delle quale sta soffrendo un retrotreno sfuggente e assetti difficili da centrare. Il passaggio in Ferrari non permetterà di impostare un programma di sviluppi di cui il sette volte iridato non può essere protagonista

“Ad ogni weekend di gare lasciamo un paio di assetti nella disponibilità dei piloti. Ha scelto quelli meno redditizi”. Queste le parole di Toto Wolff che potrebbero spiegare le difficoltà di adattamento di Lewis Hamilton alla Mercedes W15 . Ma forse sarebbe il caso di ribaltare le prospettive: perché il britannico sceglie il setup errato e non quello potenzialmente più efficace? È diventato improvvisamente autolesionista? No, non lo è.

La vettura concepita da papà James Allison non funziona come previsto, lo ha ammesso lo stesso Wolff. Risultano quindi abbastanza decentrate le sue osservazioni sulle difficoltà di Hamilton che hanno invece radici più profonde e che andrebbero indagate nel merito per provare a tirare fuori dalle acque profonde un progetto che boccheggia già dopo due gare. Apnea. 

Dopo il giovedì del Gp d’Arabia Saudita, Hamilton ha ammesso di essere andato in una direzione diversa da quella di Russell nel tentativo di testare cose nuove, per cercare di trovare la soluzione giusta per massimizzare le prestazioni della vettura, specie nelle curve ad alta velocità in cui l’instabilità del retrotreno rischiava di diventare un fattore generatore di pericoli.

Per ovviare alle problematiche si è pensato di caricare l’ala posteriore, cosa che aveva causato un grave effetto indesiderato: la W15 n°44 s’era trasformata in un camion in termini di velocità di punta. L’immagine è grottesca ma rende l’idea. 

Mercedes W15 - Lewis Hamilton (Gp Arabia Saudita)
Mercedes W15 – Lewis Hamilton (Gp Arabia Saudita)

Una vettura di F1 vive di delicati equilibri che nel caso della W15 sono sottilissimi. Basta cambiare un parametro per mandare piloti e tecnici in una direzione spesso irreversibilmente errata. E questo succede ormai da tre anni in casa Mercedes. Segno tangibile che l’effetto suolo è un mattone piuttosto indigesto per quelli di Brackley.

Mercedes, storicamente, anche quando le cose andavano bene, cercava di offrire almeno un paio di assetti che potessero adattarsi alle diverse caratteristiche dei piloti che arrivano agli stessi risultati prestazionali. Con le vecchie regole non c’erano particolari difficoltà a muoversi su questi spigoli, oggi la situazione è drasticamente cambiata. Segno che questa generazione di vetture non è stata ancora del tutto compresa dagli ingegneri anglotedeschi. 

Agli albori delle auto a effetto suolo, appena due stagioni fa, quando il porpoising della Mercedes era all’apice,  Hamilton si sobbarcò la maggior parte del lavoro sporco per provare a venirne fuori. Cosa normale visto che l’esperienza del sette volte iridato era molto più elevata di quella di un Russell ancora acerbo e appena proiettato in un top team che stava incontrando per la prima volta enormi difficoltà tecniche.

Lewis Hamilton a bordo della Mercedes W15

Hamilton non è più utile alla causa?

Mercedes, nel 2022, ebbe enormi affanni nella correlazione pista – simulatore. Hamilton, quindi, fu una specie di atollo di salvataggio per evitare che tutta la fase di raccolta dati si sprecasse fatalmente. I feedback del pilota divennero la base su cui poggiare il programma di sviluppo della W13. La sensazione è che quest’anno non si possa replicare quel modello soprattutto perché Lewis è destinato a dire addio alla Mercedes a fine anno: è nell’ordine delle cose, dovrà avere un ruolo sempre meno centrale nello sviluppo dei concetti aero-meccanici.

L’annunciato trasferimento in Ferrari è un’arma a doppio taglio. Per il pilota che, come detto, parteciperà sempre meno alle riunioni tecniche di medio-lungo periodo per evitare che possa portare con sé preziosi segreti consegnandoli alla concorrenza; ma anche per la stessa Mercedes che non potrà contare sul know-how di un conducente scafato e dalla spiccata sensibilità tecnica. 

Lewis, è questo il vero rischio, dovrà continuare a correre con un posteriore leggero, l’esatto contrario di ciò che ha sempre preferito nella sua lunga carriera in cui ha costruito le vittorie su un retrotreno piantato. Senza di esso il pilota farà fatica e procederà, come sta accadendo oggi, a tentoni nel provare diversi setup, nella speranza di accendere la formula alchemica per sciogliere il nodo gordiano.

Lewis Hamilton e George Russell, Mercedes AMG – GP Bahrain 2024

Forse anche così si spiega il vantaggio prestazionale che Russell sta sciorinando in questo avvio di 2024. Anche se, osservando più da vicino gli andamenti sul ritmo gara, la differenza “sul lungo” non è poi così marcata. Anzi. Mercedes, in conclusione, si trova in una situazione abbastanza scabrosa: avere una macchina meno performante delle attese al cui sviluppo non può contribuire un pilota come Hamilton.

Russell è quindi investito di ulteriori responsabilità nell’attesa che Wolff – con i suoi soci Ratcliffe e Kallenius -decida chi sarà il pilota del prossimo futuro, quello che dovrà contribuire a portare una stella opaca a brillare nuovamente. Quel compito non è né può più essere di Hamilton.


Crediti foto: Mercedes AMG Petronas F1 Team

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