Lewis Hamilton si è trovato nella scomoda condizione di vivere da dimissionario all’interno di un team con cui è cresciuto e nel quale è stato coccolato. La collaborazione tra la Mercedes e il pilota di Stevenage ha portato reciproci vantaggi, due entità che sono cresciute insieme fino a scrivere record che si pensavano irraggiungibili. Ma tutto ha una fine, e anche i rapporti più solidi possono cominciare a incrinarsi fino ad arrivare alla rottura.
Hamilton non lascerà la Mercedes nell’onda furiosa delle polemiche, ma di certo Toto Wolff e gli altri dirigenti della Stella a Tre Punte non hanno preso bene l’attivazione della clausola rescissoria con la quale, in pieno inverno, il sette volte campione del mondo ha spiazzato tutti legandosi alla Ferrari per quello che dovrebbe essere l’ultimo scorcio della sua straordinaria carriera.
Correre con un nuovo contratto firmato in tasca è una situazione piuttosto scomoda nella Formula 1, dove i segreti sono custoditi gelosamente per evitare che trapelino avvantaggiando in qualche misura agli altri team. In questa condizione poco confortevole si è messo Hamilton – nessuno lo ha forzato – e quindi, per tale ragione, sta probabilmente comprendendo che un trattamento non proprio con i guanti di velluto da parte della sua squadra è contemplabile.

Hamilton – Mercedes: Singapore specchio di un rapporto in fase morente
A Singapore è andato in scena un episodio che riflette il rapporto attuale tra le parti. Lewis, pur partendo dalla terza posizione, è stato praticamente sacrificato dal team, che ha deciso di montare un set di gomme soft, non indicate come la scelta migliore nemmeno dal costruttore Pirelli. E la la nostra preview strategica lo aveva sottolineato: leggi qui.
Ma non solo: Toto Wolff, il giorno prima, aveva ammesso che sulla W15 n° 44 era stato provato un assetto diverso che non aveva soddisfatto il pilota, che in qualifica era riuscito comunque ad emergere battendo di poco un George Russell che al sabato sta facendo la voce grossa nei duelli interni al team.
Alla fine dei 62 giri del Gran Premio di Marina Bay, Hamilton si è dovuto accontentare di una mesta sesta posizione, figlia di un piano tattico completamente errato. La conferma arriva osservando con quali pneumatici sono partiti tutti gli altri avversari.
Una scelta, quella del team, così fuori dagli schemi che alla fine della gara l’ingegnere di pista, e fidato amico, Peter Bonnington, ha pubblicamente chiesto scusa per quanto deciso insieme agli altri ingegneri della squadra: “È difficile descrivere le emozioni dopo una gara come questa – ha spiegato Bono – Non sempre facciamo le cose per bene e questo è stato il caso oggi con la nostra strategia, ma ci riuniremo, analizzeremo e ci concentreremo per Austin“.
A caldo, Lewis ha detto che sono tutti sulla stessa barca, quasi per scagionare il team da responsabilità. Tuttavia, l’indomani, a motori spenti e in un contesto diverso da quello della pista, Hamilton ha ammesso che già durante il briefing pre-gara aveva espresso molte perplessità riguardo a una strategia penalizzante: “La sera prima avevano già detto che avrebbero voluto dividere le auto, ero un po’ perplesso. Eravamo così vicini, non aveva senso per me. Ho lottato il più duramente possibile per ottenere le gomme medie, ma il team ha continuato a suggerirmi di partire con le morbide e, quando hanno tolto le coperte, tutti erano con le medie… Ero così arrabbiato“.

Hamilton non incideva più in Mercedes: da qui l’addio
Questa ammissione di frustrazione e rabbia dà la misura di come Lewis stia vivendo quest’ultimo periodo in Mercedes, nel quale non riesce più a incidere con le sue decisioni. Se vogliamo, questo potrebbe essere uno dei motivi per cui l’inglese ha deciso di prendere in considerazione l’ipotesi Ferrari.
Ricordiamo, facendo un flashback, che Hamilton si era molto lamentato delle scelte tecniche prese con la Mercedes W14. Il riferimento è alle politiche relative al concetto a zero sidepod, con Lewis che andava smarcandosi dalle affermazioni di Russell e dalle decisioni dell’allora capo ingegnere Mike Elliott che volle insister con un schema rivelatosi poi fallimentare.
Probabilmente, Hamilton aveva già da tempo iniziato a non sentirsi più centrale nel progetto della Stella a Tre Punte, arrivando così a maturare l’idea di dover lasciare, facendosi lusingare dall’offerta della Ferrari, che risulta molto attraente non solo da un punto di vista tecnico, ma anche per ragioni economiche e per l’appeal che solo un marchio storico come il Cavallino Rampante può vantare.
Lewis, da grande professionista quale è, non perde di vista il lavoro da svolgere con la Mercedes, ma guarda già al 2025. Pare che il pilota britannico stia prendendo lezioni di italiano per calarsi meglio nella nuova realtà. Nulla di clamoroso, nulla di encomiabile, ma un semplice dettaglio che racconta quanto entusiasmo stia pervadendo un pilota quasi quarantenne che si approccia a Maranello con lo spirito e la motivazione di un ragazzino.
Stimoli. Questo è ciò che Hamilton cerca in questa fase della sua carriera, motivazioni che forse in Mercedes non potevano più arrivare e che quest’anno stanno via via scemando a causa di imposizioni tecniche e strategiche non ben accolte.
Ricordiamo anche che nel 2022, nel primo anno di questo nuovo contesto regolamentare ormai morente, l’ex pilota McLaren fu usato a lungo come tester per tentare di portare la W13 fuori dalle sabbie mobili tecniche in cui era affondata. Un lavoro che, a fine anno, permise a George Russell di vincere il duello interno da debuttante a Brackley. Onta forse mai digerita.

Ecco perché è possibile affermare che l’addio di Lewis Hamilton alla Mercedes non si sta consumando solo ora, ma ha radici più profonde. Un lungo commiato che ha richiesto grandi riflessioni da parte di un pilota che, a un certo punto della sua carriera, intendeva legarsi a vita con la Mercedes, diventando un ambasciatore trasversale del marchio tedesco, salvo poi incontrare le resistenze di Ola Källenius, che non ha mai voluto concedergli questa opportunità.
Altre sei gare, altri tre mesi, e poi Lewis sarà libero di consumare un addio che si trascina da troppo tempo e che non sta facendo bene né alla squadra anglo-tedesca né, tantomeno, a un pilota che ha dimostrato nella sua lunga carriera di essere famelico, sportivamente parlando, quando la barra della motivazione è posta a quote elevatissime.
Un Lewis demotivato non ha mai performato al meglio, anche se impegno e dedizione non sono mai mancati. Ma Hamilton non è un pilota che può accontentarsi, né un uomo che può “bivaccare”. Ecco perché nella sua vita sportiva serviva una scossa rossa, che ora sta finalmente per arrivare.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Scuderia Ferrari HP, McLaren F1