Il fantasma del ritiro anticipato aleggia su Lewis Hamilton. Non è più sussurro di paddock, ma ipotesi formulata apertamente dalla stampa britannica dopo il disastroso weekend ungherese e soprattutto a seguito delle dichiarazioni remissive, da bandiera bianca sventolata, del sette volte campione del mondo. Sky Sports UK ha posto la domanda che nessuno osava fare ma che tutti avrebbero voluto esprimere: il ferrarista potrebbe davvero dire addio prima del previsto?
I segnali sono eloquenti anche se potrebbero essere frutto del momento. L’immagine di Hamilton in Ungheria – sopraffatto, silenzioso, ridotto a monosillabi – ha cristallizzato una crisi che va oltre la singola prestazione. Eliminato in Q2, zero punti conquistati, mentre il compagno di squadra sfiorava il podio partendo dalla pole. Il contrasto è stato brutale e emblematico.

“Inutile“: questa la definizione che Hamilton ha dato di se stesso, parole che hanno squarciato il velo delle convenzioni diplomatiche, dei codici non scritti che vogliono i piloti come supereroi che non conoscono la resa né lo sconforto pubblico. Non è sfogo emotivo, quello di Lewis, è ammissione di una crisi profonda. Il driver che ha ridefinito la Formula 1 moderna si ritrova a contemplare la propria temporanea inadeguatezza. Fred Vasseur ha parlato di frustrazione momentanea, ma i numeri iniziano a raccontare un’altra storia.
Dal suo arrivo in Ferrari, Hamilton non è mai salito sul podio in un gara canonica. Una sola prestazione degna di nota – la Sprint in Cina – in una stagione di aspettative tradite. Quattro quarti posti senza continuità, un distacco crescente da Leclerc nelle qualifiche (10-4 per il monegasco, ndr), quattro eliminazioni dalla Q3. Le difficoltà sono statisticamente incontrovertibili.
La stampa britannica non usa giri di parole: “Se Hamilton crede davvero di essere diventato inutile, è difficile capire perché dovrebbe continuare“. L’interrogativo tocca il cuore del problema. Il tempo, nemico inesorabile di ogni atleta, pare aver raggiunto anche colui che sembrava immune al suo passaggio.

Lewis Hamilton: il 2026 per resettare lo scenario
Eppure, elementi di speranza resistono. Il ritmo gara resta competitivo, la rimonta dal 18° al 7° posto in Belgio lo testimonia. L’adattamento alla Ferrari, dopo dodici anni in Mercedes, richiede tempo che Hamilton potrebbe non avere. Ma c’è un fattore che potrebbe cambiare tutto: il 2026.
Le nuove regole tecniche rappresentano l’ultima occasione per riscrivere la storia. Hamilton ha faticato con l’effetto suolo dell’era attuale, ma i cambiamenti radicali in arrivo potrebbero restituirgli competitività. È la scommessa su cui punta la Ferrari, è quasi la speranza che alimenta Toto Wolff quando, da “nemico”, invita il suo ex pupillo a resistere.
L’ottavo titolo mondiale – quello che lo porterebbe oltre Schumacher nella leggenda – rimane l’obiettivo non più dichiarato ma che Lewis cova nel profondo del cuore, nonostante un periodo nerissimo. La finestra temporale, però, si restringe e la pressione aumenta. La fiducia? Vacilla. Hamilton si trova di fronte al bivio più difficile della carriera: accettare un epilogo sottotono o rischiare tutto su un’ultima, disperata, rimonta verso la gloria.
Un po’ tutti, sostenitori e non, trattengono il respiro in attesa delle mosse del britannico. Perché quando una leggenda – e Lewis lo è al di là di certi giudizi grottescamente trancianti – contempla l’addio, l’intero sport sa che dovrebbe riassestarsi proseguendo la sua vita senza un punto di riferimento enorme.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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