Negli ultimi anni la Formula 1 ha imparato a convivere con un’idea che fino a poco tempo fa sembrava quasi blasfema: vedere Lewis Hamilton in difficoltà strutturale, fragile nel rendimento e vulnerabile anche sul piano emotivo. Una sensazione che nel 2025 ha trovato conferme sempre più evidenti e che, secondo Nico Rosberg, non può più essere liquidata come una semplice fase negativa.
Il campione del mondo 2016, ultimo vero avversario capace di battere Hamilton ad armi pari nel pieno dell’era dominante della Mercedes (ovviamente prima che lo facesse nettamente Charles Leclerc), non ha usato mezzi termini nel descrivere la fase che sta attraversando il sette volte iridato. Commentando il campionato da poco archiviatosi, Rosberg ha pennellato una situazione che va oltre il singolo episodio: “La situazione è peggiorata di settimana in settimana. Si è visto chiaramente quanto fosse a disagio in macchina. Quando mai abbiamo visto Lewis andare in testacoda durante un giro normale in una sessione di prove libere?”.
Parole che esprimono lucidità. Rosberg non parla da opinionista esterno, ma da chi conosce Hamilton molto bene. Da chi ha condiviso con lui anni di telemetrie, briefing tecnici, battaglie psicologiche e una rivalità che ha lasciato cicatrici profonde su entrambi. Proprio per questo, quando aggiunge che “In tutta la sua carriera non abbiamo mai visto nulla di simile. E ora, alla Ferrari, commette diversi errori. Semplicemente non si sente a suo agio con quella macchina“, il peso dell’analisi diventa difficile da ignorare.

Hamilton – Ferrari: un matrimonio sbagliato?
Il riferimento al passaggio in Ferrari è centrale. Il Cavallino Rampante rappresentava, nelle intenzioni di Hamilton, l’ultimo grande atto di una carriera irripetibile: la sfida finale, il tentativo di vincere con il Cavallino Rampante e chiudere il cerchio della leggenda. Invece, almeno finora, il binomio non ha funzionato. La SF-25 si è rivelata una monoposto complessa, nervosa, difficile da interpretare per un pilota che ha costruito i suoi successi su un feeling molto preciso dell’avantreno e su una fiducia assoluta in fase di ingresso curva.
Rosberg affonda ulteriormente il colpo, descrivendo la stagione del pilota di Stevenage come un lento scivolamento verso l’impotenza sportiva: “È stata una stagione terribile per lui, e non è un modo degno di concludere la sua carriera. Hamilton viene battuto dal suo compagno di squadra, fatica a qualificarsi per il Q2 e va fuori pista senza ragione. Non potrebbe andare peggio di così, è un vero incubo”.
Qui il discorso si sposta su un piano quasi umano. Rosberg sottolinea come l’impatto psicologico di questa fase sia probabilmente più devastante di quanto appaia all’esterno: “Personalmente, lo vivrà in modo ancora più pesante di quanto possiamo vedere dall’esterno. È il migliore, su questo non c’è dubbio, ma questa stagione lascia una macchia sul ricordo che avremo di lui“.
Il 2025 rischia di ridimensionare la carriera di Hamilton?
Quella riferita dal tedesco è una frase chiave, perché introduce un tema che in Formula 1 pesa quanto i risultati: l’eredità. Hamilton non ha semplicemente lottato contro una macchina difficile o contro l’età che avanza, ma contro il rischio di vedere incrinata la percezione della sua grandezza. In uno sport che vive di memoria corta e statistiche crude, gli ultimi capitoli spesso condizionano il giudizio complessivo più dei primi.

Ed è proprio l’età l’ultimo elemento che Rosberg porta sul tavolo senza alcuna pietà: “Lewis ha quasi 41 anni. Sappiamo che non diventerà più veloce, il tempo non è dalla sua parte“. Un’osservazione fredda ma inevitabile in un contesto in cui la Formula 1 moderna premia riflessi, adattabilità immediata e capacità di convivere con monoposto sempre più estreme dal punto di vista aerodinamico.
Eppure, dietro questa analisi così severa, si nasconde una domanda che resta sospesa e che nessuna statistica può davvero chiudere. Perché la storia della Formula 1 è anche la storia di cicli che si spezzano, di piloti dati per finiti che rinascono quando cambia il contesto tecnico. Il 2026 non sarà un semplice aggiornamento regolamentare, ma una rivoluzione concettuale. Un reset totale, forse l’ultimo al quale Hamilton prenderà parte.
Ed è qui che il giudizio definitivo diventa prematuro, persino per uno come Rosberg. Perché se è vero che il tempo non è dalla parte di Lewis, è altrettanto vero che pochi piloti nella storia hanno dimostrato la sua capacità di reinventarsi quando tutto sembrava perduto. Siamo sicuri che Hamilton sia veramente al capolinea o con la nuova F1 del 2026 ritornerà in vita e dimostrerà anche al suo nemico Rosberg che è ancora capace di vincere un titolo?
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Scuderia Ferrari HP
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