Redigere un pezzo in prima persona può sembrare un atto di vanagloria. Non uso farlo, sono ben conscio di quelle norme più o meno codificate che impongono una asettica e più professionale terza persona. Ma se il cuore guida la penna, anzi le dita che si muovono sui tasti neri e bianchi di un pianoforte fatto di lettere, numeri e punteggiatura, credo che mi si possa concedere, una volta sola, la licenza.
Cerco di fare questo lavoro con serietà; provo a raccontare i fatti per quello che sono e tento di analizzarli in maniera fredda e lucida. Ma dietro il cronista c’è il tifoso che ha delle passioni. Ognuno è mosso da pulsioni e chi lo nega si copre di ridicolo, mi sia permesso di esprimermi senza filtri. Non mi sono mai legato a un team in particolare, il mio supporto è sempre andato ai piloti, sin da quando m’innamorai, anni fa, di Alain Prost.

Negli ultimi tre lustri ho sempre supportato Lewis Hamilton. Il motivo di questa passione è inspiegabile, certi amori sportivi nascono senza che nemmeno te ne accorgi. Proprio per questo, proprio perché del ragazzino di Stevenage che è diventato uomo e tessuto connettivo della Formula 1 sono dichiarato sostenitore, mi sento autorizzato – anche se a qualcuno potrà dar fastidio – a muovere delle critiche e a dargli dei suggerimenti che probabilmente non saranno letti, rimanendo uno sfogo sussurrato ma mai cattivo.
Dopo 14 gare in Ferrari è obbligatorio tracciare un bilancio, non ci si può nascondere dietro la cruna dell’ago. L’operazione Hamilton – Maranello ad oggi è un fallimento: soldi investiti, ritorno tecnico e sportivo prossimo allo zero. La cosa che preoccupa è la continua involuzione: più passano i mesi, più si succedono le gare, più la forbice con Charles Leclerc si apre. E l’ex Mercedes si incupisce e smarrisce sempre più la strada che lo dovrebbe portare in una comfort zone ormai sparita. Del tutto? Lo può sapere solo lui.
La qualifica del GP d’Ungheria è stata segnante per Lewis: lui in dodicesima piazza e fuori dal Q3, il compagno di squadra in pole con un giro clamoroso, epico, di cui sentiremo parlare a lungo. “Non so davvero cosa dire, non ho una risposta. Forse bisogna cambiare il pilota perché è possibile portare in pole position questa vettura“. Parole che sanno di resa, affermazioni che hanno il peso di una lapide marmorea sulla quale è scolpito un sinistro epitaffio.

Hamilton non sa più cosa fare. I dossier tecnici non servono, i confronti col suo ingegnere di pista sono vani, l’infoltimento della sua equipe non sortisce effetti. Un paziente malato per il quale non ci sono apparentemente cure. La questione è forse mentale e per risolvere certe situazioni serve tempo che forse, a 40 anni, non c’è più. La mimica corporea dice più delle parole, racconta più dei fatti crudi. E conduce a un uomo svuotato, sopraffatto dai punti interrogativi. Hamilton è triste e non ne ha più. A Maranello è appassito e rischia di sfiorire del tutto.
Volete sapere come la penso? No? Mi esprimo comunque. Lewis non ha mai dato del tu alle vetture a effetto suolo. Questo è un fatto. Ma ciò non spiega l’involuzione che ritengo abbia una data di partenza: domenica 12 dicembre 2021, il giorno in cui a Hamilton venne di fatto scippato l’ottavo titolo del quale Verstappen è meritevole padrone (ribadisco a scanso di commenti stupidi: meritevole padrone), ma nel quale la mano sporca di una direzione di gara inetta, incapace di applicare norme chiare e codificate ha cambiato un esito che doveva essere diverso.
I mesi successivi furono caratterizzati da un silenzio assordante e quando Lewis tornò a proferire verbo sembrava un uomo diverso, più maturo e riflessivo. Ma forse meno avvezzo alla lotta. Un soldato che aveva sotterrato l’ascia per farsi persona saggia e posata. Ma forse, in questo sport feroce, servono la corazza e la lancia, non la delicatezza cerebrale dei filosofi.

Il Lewis del 2021 non si è più visto, non l’ho più apprezzato. Il cambio di casacca, la nuova vita, l’ambiente diverso gli hanno tolto certezze. Mercedes era casa sua, era il luogo confortevole, il posto in cui poter trovare le forze e appoggiarsi a personaggi fondamentali come Toto Wolff, Peter Bonnington, James Allison e a tanti altri uomini e donne che operano dietro le quinte e che costituivano i pilastri dell’edificio psicologico e tecnico di Hamilton. A Lewis in Ferrari è mancato un Niki Lauda e non è bastato il supporto paternale di Fred Vasseur, il grande architetto dell’operazione che l’ha portato in sella al Cavallino Rampante che ora lo sta disarcionando.
A Maranello si sono dissolti i punti di riferimento, si è tutto relativizzato fino a giungere alle parole odierne che sono pesanti per quanto sono auto-fustiganti. Forse – e giungo al dolore cui alludo nel titolo – per Hamilton è giunto seriamente il momento di contemplare l’ipotesi del ritiro. Se il campionato proseguirà su questa china, spero che a fine anno Lewis trovi una scappatoia contrattuale che lo liberi portandolo alla decisione più sofferta per lui e per chi lo supporta: appendere il casco al chiodo.
Il sette volte iridato forse ha iniziato ad ammettere a se stesso di essere svuotato e che non ha più stimoli. Il passo più spaventoso è fatto, riferirlo ai tifosi e ai media sarebbe di certo più semplice. Una resa totale, vero, ma un atto che lo eleverebbe come uomo. Nella vita, a un certo punto, bisogna anche saper perdere e capire quando è il momento di fermarsi.

E ora permettetemi una chiosa rabbiosa. Quel che non si può tollerare è invece il tentativo sgradevole, stucchevole e profondamente scorretto, di provare a sminuire la carriera di Lewis che resta là, luminosa, e forse inarrivabile. La caduta, se mai ci sarà, non potrà oscurare i fatti: Hamilton è il pilota più vincente di sempre e degradare questa verità non fa altro che rendere ridicolo lo sminuente.
Michael Schumacher resta un dio pagano nonostante gli anni Mercedes che, per certi versi, ricordano ciò che sto raccontando. Parimenti, Lewis rimarrebbe un’icona intramontabile anche a seguito del fallimento rosso. Chiudo nella speranza che già da domani questo scritto non abbia più senso di esistere. Forza e coraggio, ragazzo.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Scuderia Ferrari HP, McLaren F1
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Diego oggi è un giorno triste è stato l inizio della fine. Il ragazzino di colore per cui nulla era impossibile ha esaurito la sua vena. Che peccato che tristezza ci speravo in Lewis e Ferrari che sono tornato a tifare dalla morte di Gilles. Che amarezza, prima o poi so che il momento sarebbe arrivato ma così no.
domenica 12 dicembre 2021, il giorno in cui a Hamilton venne di fatto scippato l’ottavo titolo del quale Verstappen è meritevole padrone (ribadisco a scanso di commenti stupidi: meritevole padrone)
Come può uno essere meritevole mentre l’hanno scippato all’altro? Senza quel mondiale, quello meritevole, forse non ne avrebbe nemmeno uno oggi. Le storie cambiano spesso in base al passato.
Meritevole perché lui sfrutta un errore altrui.
a chiamarlo errore (AD 2021) Diego ci vuole tanta fantasia un giorno qualcuno ci dira’ se quel giorno e’ successo qualcosa di sportivo.
Detto questo se si guarda la media dei distacchi in qualifica da Leclerc ballano nemmeno due decimi , se si toglie il fattore anagrafe dall equazione ed il fatto che l’autocritica di Ham a volte anche troppo esagerata e’ un fattore di un lavoro compiuto dal campione in due decadi che non ha eguali.Trovo esagerato da parte tua richiederne la resa , non e’ cosi’ e non avverra’.Non in questi termini.
IL FATTORE ETA’?
perche’ a nessuno viene in mente di chiedere la resa di Alonso ?
Vale di piu’ dare un decimo a Stroll o prenderne nemmeno due da Charles?
Non si arrendera’ prima che sia finito il suo tempo.Ha ancora voglia di correre ,forse e’ solo finito nell’ambiente sbagliato.Ma se c’e’ una cosa di cui sono sicuro e’ che non si arrendera’ senza combattere.
FORZA LEWIS
Lewis doveva continuare con Mercedes fino a quando Antonelli non era pronto per sostituirlo, correndo nel frattempo in un altro team. Tuttavia sono felice di vedere Lewis in Ferrari, e mi sono commossa nel vederlo in lacrime, anche se copriva il volto con i guanti. E’ sempre stato in difficoltà con le vetture dell’ultimo regolamento… dal 2022. Secondo me può provare a correre nel 2026 con auto del nuovo regolamento e poi se non riesce, ritirarsi dalle corse. Magari può iniziare come manager di piloti esordienti, come Piastri ha la fortuna di avere Mark Webber o Bortoleto con Alonso. Comunque Sir Lewis Hamilton rimane uno dei più grandi ed importanti piloti.
Ciao. Nulla contro i capelli lunghi e le barbe, ma quando un pilota cambia look e se li fa crescere significa che è in un fase “dark”. Sono una specie di protezione
Spero di rivedere il buon Hamilton tirato a lucido già dal prossimo GP. Non si disimpara a guidare. Lui proprio non si trova a suo agio con la sua monoposto e forse anche nell’ambiente Ferrari (gli inlgesi fanno sempre fatica).
Non si sforza nemmeno di parlare in italiano (lezioni sospese?).
Le dichiarazioni pre Belgio erano un programma d’indirizzo, ma forse Ferrari le ha respinte.
Ieri in Ungheria davvero male. Nemmeno un punticino.
Anche secondo me potrebbe annunciare il ritiro dalle corse, anche prime della fine della stagione . Se lo farà spero ci sia una separazione amichevole e non traumatica come con Prost (che si fece cacciare).
A quel punto,anziché rischiare con Zhou, Giovinazzi o un altro giovane pilota, riprenderei Sainz (che qualche rimpianto in casa Ferrari ha lasciato) ed è anche un ottimo collaudatore.
p.s Prost in Ferrari aveva tarpato le ali a Mansell e impedito l’arrivo di Senna.