Le Mans 1955: la fine dell’innocenza

In occasione della 24Ore di Le Mans vi raccontiamo la triste vicenda della più grande tragedia nella storia dell’automobilismo

La 24 Ore di Le Mans è la gara di durata più antica del motorsport. La prima edizione si tenne nel 1923 sul “Circuit de la Sarthe”, a Le Mans, nella Loira francese. Il tracciato, lungo 13,626km, utilizza parte del “Circuito Bugatti” e gran parte delle strade dipartimentali nei pressi di Le Mans.

Le Mans 1955: il contesto storico 

Sabato 11 giugno 1955. Migliaia di spettatori affollano le tribune dell’impianto in trepidante attesa di vedere decine e decine di bolidi sfrecciare per le vie principali e centinaia di piloti affrontare il temibile circuito de la Sarthe gareggiando contro l’affidabilità precaria dei motori. Ma anche sfidando la morte. Per alcuni appassionati presenti sugli spalti sarà l’ultimo giorno sulla Terra.

Le Mans 1955, ore 18:26: il disastro

NB. Saranno descritti immagini forti, se siete particolarmente sensibili non proseguite nella lettura di questo capitolo.

Alla fine del 35° giro, dopo quasi due ore e mezza di gara, i vari piloti in pista si fermano ai box per i pit-stop. All’epoca, tra i box e il rettilineo principale, non c’era un muro a separarli e non c’era una corsia di decelerazione. Semplicemente, quando ci si doveva fermare per il pit sotp, si accostava, anche in modo repentino e pericoloso, al box di riferimento e si ripartiva poi a tutta velocità inserendosi immediatamente in pista.

Abbiamo potuto analizzare lo svolgimento dell’incidente grazie alle riprese televisive che immortalarono quel terribile istante. L’auto suo malgrado protagonista di questa immane tragedia è la Mercedes-Benz SLR 300 del pilota francese Pierre Levegh.

Sul rettilineo dei box, la vettura guidata da Levegh insegue la Jaguar D-Type del pilota inglese Mike Hawthorn (futuro primo campione del mondo di Formula 1, nel 1958, per la Ferrari, ndr) in quel momento in testa alla corsa.

Hawthorn, sul rettilineo, sorpassa per effettuare un doppiaggio sulla Austin-Healy del pilota inglese Lance Macklin. Appena dopo aver completato la manovra, Hawthorn, pur di fermarsi a qualunque costo ai box, frena improvvisamente spostandosi sulla destra.

Macklin, vista la manovra azzardata del pilota della Jaguar, cercò di porre rimedio frenando bruscamente ma le ruote della sua auto finirono sul lato sporco. Perse il controllo della vettura che scartò verso sinistra. Riuscì a rigovernare l’auto ma in quel preciso istante fu centrato dalla Mercedes di Levegh. 

La macchina utilizzò a mo’ di rampa la Austin e fu proiettata per 80 metri sul pubblico lì assiepato. Levegh fu catapultato fuori dall’abitacolo, subì un trauma cranico e rimase ucciso all’istante.

I pezzi staccatisi dall’auto si comportarono come schegge impazzite. I sopravvissuti, testimoni dell’immane tragedia, raccontano scene infernali come se provenissero da una guerra.

I detriti della vettura decapitarono, straziarono e mutilarono decine e decine di uomini, donne e bambini. L’auto prese fuoco e il grande quantitativo di magnesio utilizzato nella carrozzeria esplose inondando la folla presente e la pista di braci di materiale infuocato.

I primi soccorritori, non avendo dimestichezza con quel tipo di incendio, cercarono di domare le fiamme con l’acqua, ma finirono solo per aggravare la situazione. La vettura bruciò per molte ore dopo lo schianto.

La gara, nel frattempo, proseguì. Si decise ciò per permettere alle ambulanze di accorrere sul luogo della tragedia e non essere ostacolate dal defluire del pubblico presente sugli spalti. La corsa finì e, per ironia della sorte, la vinse uno dei protagonisti dell’incidente: Mike Hawthorn sulla Jaguar.

Ci volle molto tempo per il conteggio delle vittime e dei feriti. Si contarono 84 morti, incluso Pierre Levegh, e 120 feriti. Ad oggi, rimane il peggior disastro nel mondo del motorsport.

Le Mans 1955
Quel che resta della vettura di Pierre Levegh dopo il tragico incidente della 24 Ore di Le Mans 1955

Le Mans 1955: conseguenze

Politica e mondo del motorsport, rimasti scioccati dalla tragedia senza precedenti, decisero di cancellare le varie gare che si sarebbero disputate nei giorni e nei mesi seguenti. Il Gran Premio di Francia di Formula 1 fu spostato dal mese di luglio a quello di settembre per poi essere cancellato. Furono annullati anche i Gran Premi di Germania, Spagna e Svizzera. 

Lo Stato elvetico vietò per legge qualsiasi competizione motoristica fino al 2015 quando la norma fu modificata per permettere la Formula E di disputare gli E-prix di Zurigo nel 2018 e quello di Berna nel 2019. Nel 2022 la legge venne definitivamente abrogata.

In Italia non si disputò la Coppa Acerbo, gara che si teneva sul lunghissimo circuito di Pescara. Negli Stati Uniti, L’American Automobile Association, il più importante club automobilistico della nazione, decise di chiudere. Questo portò alla nascita della United States Auto Club (USAC) che affiancò le altre associazioni automobilistiche come la NASCAR e lo Sports Car Club of America affiliate con la FIA.

La Mercedes dopo aver vinto il mondiale di Formula 1 con l’asso argentino Juan Manuel Fangio alla sua terza iride decise di ritirarsi dal motorsport. Solo 32 anni dopo, nel 1987, ci fece ritorno.

L’Automobile Club de l’Ouest (ACO), organizzatrice della manifestazione, fece numerosi lavori per migliorare la sicurezza del tracciato de La Sarthe e per il pubblico sugli spalti. Furono rifatti i box, dando più spazio alle scuderie, e fu aggiunta una corsia di decelerazione. La tribuna teatro del disastro fu demolita e ricostruita allontanandola dalla pista.

Furono installate nuove barriere e le innovative reti metalliche di protezione. Queste nuove tecnologie poi furono utilizzate anche per migliorare la sicurezza nelle nostre strade. La Formula 1 fu molto titubante nel seguire le cose straordinarie che si facevano a Le Mans per la sicurezza. 

Solo il tre volte campione del mondo, lo scozzese Sir Jackie Stewart (che oggi compie 85 anni: il nostro ricordo), pose la questione agli occhi della Formula Uno dopo le morti di Lorenzo Bandini a Monte Carlo nel 1966 e quella del bicampione del mondo, lo scozzese Jim Clark, a Hockenheim, nel 1968.

Lorenzo Bandini, il pilota italiano che perse la vita a Monte Carlo nel 1966

Le Mans 1955: considerazioni

Per la prima volta, il mondo del motorsport, prese coscienza che oltre ai piloti che rischiano la vita sfrecciando in pista anche il pubblico, pur se in misura minore, può temere per la propria incolumità. In seguito a questa tragedia, come quasi sempre ed in qualsiasi ambito, anche all’infuori dell’automobilismo, è stata  migliorata la sicurezza dei circuiti, dei piloti e degli spettatori. 

Quell’immane disastro fu il primo passo verso l’accrescimento della sicurezza stradale. Quando vediamo barriere come i guard-rail, i New Jersey, le reti, strumenti che ogni anno salvano milioni di vite nel mondo, dobbiamo pensare a tutti coloro che quel maledetto giorno persero la vita. Quel disastro, oggi, salva delle vite umane.


Crediti: WEC

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