L’ora più buia della Ferrari. Una doppia squalifica per le SF-25 di Lewis Hamilton e Charles Leclerc dal Gran Premio di Cina è un’onta gravissima che difficilmente sarà lavata con scuse di facciata (puntualmente giunte) o con i classici proclami che si fanno dopo che si è toccato il fondo. “Bisogna lavorare, abbiamo capito dove mettere le mani, ce la metteremo tutta per risollevarci”. Questo il solito campionario che fa da corollario alle giornate più drammatiche, sportivamente e tecnicamente parlando.
Sicuramente in Ferrari ci sono donne e uomini motivati a superare questa fase buia, ma la ferita resterà a imperitura memoria e, soprattutto, sarà utile a ricordare che gli strombazzamenti invernali, quelle pagliacciate sublimate dalla kermesse di Piazza Castello a Milano, dovrebbero essere evitati se non si ha contezza di avere un mezzo all’altezza della situazione.
Ferrari SF-25: cosa ci dice la squalifica di Hamilton
Sto cestinando la Ferrari SF-25? Lungi da me farlo, non sono uno sprovveduto, ne ho viste troppe negli anni per decretare giudizi lapidari, ma non posso esimermi dall’esprimere critiche feroci per quanto si è osservato nel weekend cinese. Quello che hanno fatto i tecnici che rispondono a Fred Vasseur sembra non avere una spiegazione razionale che invece dobbiamo provare a dare. Qualcuno dirà che sono congetture, probabile, ma il nostro dovere è tentare di offrire risposta allo scempio che ha portato alla doppia esclusione dalla classifica finale di Shanghai.
L’errore commesso sulla vettura di Leclerc, che risultava sottopeso, se vogliamo è meno grave di quanto accaduto sulla gemella n°44. Sulla 16, la perdita della bandella e forse i calcoli errati sul quantitativo di carburante, hanno portato a una topica che non è una novità in Formula 1 e sulla quale, in uno slancio di magnanimità, potremmo anche soprassedere.
Diverso il discorso quando si affronta la squalifica di Lewis Hamilton. L’inglese subì la medesima penalità quando era in Mercedes, durante il Gran Premio di Austin del 2023. In quella gara lo stesso destino toccò proprio a Leclerc, la cui SF-23 fu rimossa dalla classifica finale proprio perché il cosiddetto plank non rientrava nei parametri definiti dal regolamento tecnico della Formula 1.

Ferrari dunque recidiva? Sì e la cosa potrebbe essere sintomatica di problemi endemici della Ferrari SF-25. Riavvolgiamo il nastro alle qualifiche del Gran Premio d’Australia. Se ricordate, accompagnato da una mimica facciale non proprio serena, Leclerc aveva detto che la vettura necessitava di un determinato assetto per un motivo particolare che non poteva essere svelato. Qualcuno fece congetture sull’altezza da operativa, sospettando che la macchina viaggiasse troppo bassa con implicazioni negative proprio sul pattino.
Questo tipo di voce non aveva trovato riscontro tra gli uomini in rosso, che si tenevano ben stretti alcuni segreti tecnici. Poi è arrivato il Gran Premio della Cina, che si è avviato in maniera super positiva visto che Hamilton ha ottenuto la pole position nella qualifica Sprint, a cui è seguita una clamorosa e rotonda vittoria nella gara breve. Ed è là che si spezza qualcosa.
L’indomani, le performance viste al venerdì sono sparite. Hamilton ha avuto difficoltà di guida che non si erano palesate in nessun giro delle sessioni precedenti e, alla fine delle qualifiche, ha ammesso che è stato toccato il setup in funzione della gara. Si era pensato che questo ritocco fosse necessario per preservare le gomme; adesso sorge il dubbio che sia stato obbligatorio per provare a evitare l’eccessivo consumo del pattino.
Quella vettura precisa all’anteriore, bilanciatissima e con una mega trazione si è trasformata in un mezzo difficilmente gestibile, che ha messo in crisi il sette volte campione del mondo, il quale non è riuscito a replicare quanto di buono fatto nella notte italiana.
Ferrari SF-25: altezza e sospensioni non vanno d’accordo?
Il cambio di assetto ha probabilmente insistito proprio sull’altezza da terra. La gara Sprint dura meno della metà di un GP normale. Cosa significa questo? Semplice: le vetture non girano con il massimo del carburante, anzi sono al di sotto della metà del pieno. Ciò vuol dire meno peso di un materiale liquido che tende a muoversi nel serbatoio. Nella gara canonica della domenica, specie nelle fasi iniziali, le monoposto sono ben al di sopra del peso minimo che deve essere garantito all’arrivo.
È proprio in quella fase che probabilmente Hamilton ha eccessivamente usurato il pattino. Anche perché non si è osservato nessun errore da parte del pilota: nessuna sbavatura, nessun fuori pista o qualsiasi altra cosa che abbia potuto danneggiare il plank. Quindi l’eccessivo consumo arriva proprio dall’incapacità del corpo sospensivo di tenere la vettura all’altezza idonea.
Sicuramente gli ingegneri Ferrari non hanno ancora capito come settare le sospensioni e, in questa confusione generalizzata – ormai innegabile considerando i fatti – potrebbe incidere anche il nuovo schema pull-rod all’anteriore, che evidentemente non è stato ancora compreso nella sua dinamica.
Serviranno analisi approfondite e soprattutto sarà necessario lavorare a testa bassa, chiedendo anche scusa ai tifosi per quelle boutade indecenti che hanno illuso nuovamente le folle, che ora, lecitamente, chiedono la testa di qualcuno. Perché è vero che non bisogna essere forcaioli, ma qualcuno dovrà pur metterci la faccia spiegando chi e cosa ha commesso un errore che macchia il glorioso nome del Cavallino Rampante.

Ferrari SF-25: qualcuno ci spieghi lo stato dell’arte
C’è qualche falla nel progetto? Vorremmo sentire la voce dei responsabili, non del parafulmine Fred Vasseur che, come capo del gruppo, ha ovviamente la sua fetta di demerito. Magari sarebbe il caso che si esponesse Loic Serra, anche se la timeline della sua operatività lo scagiona da certe responsabilità, visto che il progetto 677 è figlio delle scelte fatte nella seconda parte del 2024.
Spieghi magari Diego Tondi, capo del comparto aerodinamico, che ha preso le redini del Cavallino (imbizzarrito) dopo l’uscita di Enrico Cardile, il quale aspetta di insediarsi in Aston Martin dopo che un tribunale modenese ne ha bloccato l’entrata in azione a seguito di un accesso da parte della Ferrari.
Si esponga Matteo Togninalli, che dal 2015 è Head of Track Engineering Department, etichetta roboante che identifica chi è chiamato a coordinare l’intera attività di pista nei weekend di gara dal punto di vista tecnico. Un professionista che comanda anche il gruppo Race Performance Engineering di Maranello.
Nomi di responsabili operativi che si confondono nel vasto organigramma rosso, ma che a un certo punto dovrebbero dar conto di cosa sta capitando nelle segrete stanze dove le teste d’uovo spremono le meningi per partorire un mezzo che, dopo due gare, ha fallito gli obiettivi sbandierati nella pausa invernale. Questa è la fotografia del momento, se la rotta sarà invertita tanto di guadagnato. Ci alzeremo in piedi ad applaudire. Ma questi sono i momenti dei legittimi addebiti. Perché la misura è colma.
Saranno giorni difficili e lunghi quelli che si vivranno nella gestione sportiva di Maranello. Una gogna necessaria, perché da questo momento bisogna venirne fuori e farlo anche in fretta, dato che le classifiche mostrano riscontri pietosi. Noi, da semplici osservatori e narratori del motorsport, vorremmo capire una volta per tutte cos’è accaduto. Ferrari, svegliati. E mettici la faccia.
PS. Per rendere la domenica ancora più amara ricordo alle gentili lettrici e ai cortesi lettori che a Suzuka, sede del prossimo Gp in calendario, la downforce efficiente è tutto. In parole povere: se alzi troppo la vettura per evitare lo sfregamento eccessivo del fondo sei fregato. La parola da usare sarebbe un’altra ma oggi voglio comportarmi da signore.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
Illustrazioni: Chiara Avanzo per Formulacritica