L’atto mancato che rivela le strategie Red Bull

Max Verstappen avrebbe respinto la richiesta di Mohammed Ben Sulayem di contribuire a chiudere le vicende che affliggono la Red Bull. Alla base c'è una strategia ben precisa

C’era una maniera semplice ed efficace per mettere un tappo al vulcano in eruzione che è la Red Bull, un team che, nonostante faide interne e scandali assortiti, continua a vincere con una tale semplicità da risultare quasi irritante. Quel modo, si diceva, era fare una pubblica dichiarazione tramite il prodursi in un manifesto sostegno da parte dell’uomo più rappresentativo, Max Verstappen, nei riguardi del suo capo pressato da ogni lato: Christian “Spice Boy” Horner.

Mohammed Ben Sulayem, uno che di errori negli ultimi tempi ne ha fatti, ma che resta pur sempre un attento stratega e tessitore di trame politiche, aveva spinto affinché il tre volte (per ora) campione del mondo prendesse microfono e parola supportando il suo leader aziendale e mettendo fine a una vicenda che sta ammorbando l’aria che si respira nel paddock e sta minando la credibilità dell’intera Formula 1.

L’azione del manager emiratino, che si è dato parecchio da fare nel weekend di gara di Sakhir con incontri bi e multilarterali, non ha sortito gli effetti desiderati. Max ha detto no. Max ha quindi indirettamente confermato che la franchigia anglo-austriaca è dilaniata da una lotta di potere – che si sta trasformando in una di successione – i cui effetti valicano i confini di Milton Keynes e diFuschl am See, sede di Red Bull GmbH. 

Jos e Max Verstappen

Red Bull: le fratture interne sono evidenti

La frattura, oggi netta, tra la quota austriaca formata da Mark Mateschitz, figlio di Dietrich, Oliver Mintzlaff, Helmut Marko e Adrian Newey e quella thailandese (che detiene comunque il 51% del pacchetto, ndr) che ha in Horner il suo esponente plenipotenziario di spicco, sembra anche essere insanabile. Chalerm Yoovidhya, n°1 di Red Bull GmbH Thailandia, per dare un segnale forte e far capire chi sostieni chi, ha preso un volo e si è presentato nel paddock di Sakhir dove si è fatto vedere a più riprese col suo uomo inglese. 

Un atto di forza al quale l’altra ala ha risposto con un incontro tra Jos Verstappen e Toto Wolff che sa di minaccia di considerare seriamente altre strade da parte del figlio. Ma non solo, l’ex pilota si è lanciato in pubbliche accuse a Horner, un inedito pesantissimo che rende leggibile la strategia della tensione che un solo obiettivo: allontanare il team principal e sostituirlo. Forse in prima persona. 

Dopo anni nell’ombra del figlio, Jos The Boss vuole determinare, guidare, spostare gli equilibri. In una sola parola: comandare. E vuole farlo sedendosi sul trono della scuderia austriaca. Come in tutte le guerre di potere l’ascesa del singolo prevede la disfatta del rivale. Non ci sarà spazio per il perdente, né onori. 

Jos si sta muovendo su un terreno paludoso. La sua impresa è assai rischiosa e non ha certezza che vada a compimento. Proprio per questa ragione e considerando che Horner – seppur sotto attacco di trabucchi e catapulte, gode ancora dell’appoggio di chi detiene la maggioranza delle azioni – si sta creando una via di fuga. Una scappatoia. Perché tale è la riapertura dei rapporti con Toto Wolff dopo i fatti di Abu Dhabi 2021 che avevano allontanato, si pensava, irreversibilmente i due.

Max Verstappen – Oracle Red Bull Racing (crediti foto: (Getty Images)

Red Bull: lo strappo di Max Verstappen

In questi scenari che si compongono e si assestano rientra a pieno titolo Max Verstappen che non può essere considerato una pedina nelle mani del padre, bensì uno dei motori dell’azione. Il pilota lavora nell’ombra da tempo e il suo supporto incondizionato dato a Helmut Marko quando questi era in posizione di inferiorità rispetto a Horner ne è la prova provata. 

La mancata risposta alla richiesta del numero uno della Federazione Internazionale dell’Automobile è uno strappo ulteriore. Dall’esterno sembra una forzatura. Non è lo è nell’economia di una strategia pianificata tramite la quale i Verstappen si vogliono prendere la scuderia. Una tattica che non prevede ostaggi ed è per questo che sono partite le consultazioni con altri team nel caso in cui il piano operativo fallisse miseramente. 

Siamo ovviamente nell’alveo delle interpretazioni. Congetture, dirà qualcuno. Vero, tali sono. Ma nascono a causa del teatrino messo su da ognuno dei protagonisti di questa storia che, a questo punto, è stata evidentemente gestita malissimo. Sin dal nascere. L’accompagnamento al Gran Premio dell’Arabia Saudita sarà turbolento e siamo certi che altre pagine si scriveranno già a Jeddah. Restate sintonizzati.


Crediti foto: Oracle Red Bull Racing

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