La Formula 1 e gli sponsor proibiti

In Formula 1 gli sponsor sono in grado di portare alla gloria o al fallimento una scuderia. Soprattutto quando non sono più "accettabili"

La F1 ha sempre rappresentato l’apice del motorsport e, in quanto tale, riesce ad attrarre spettatori da ogni parte del mondo. Ciò offre al circus un’enorme visibilità, caratteristica che lo rende un’enorme vetrina che fa gola a numerosi potenziali sponsor. Non è un caso, infatti, che gli sponsor in Formula 1 siano quasi sempre di altissimo livello.

Diverse aziende legano il proprio destino a un team di Formula 1 spendendo ingenti cifre di denaro, ma non sempre le attività oggetto di queste campagne di sponsorizzazione riescono a sfruttare il massimo potenziale.

In Formula 1 gli sponsor sono essenziali per la vita di una scuderia

Una scuderia di Formula 1 è soggetta a ingenti spese, neanche le regole del budget cap riescono a fermare vere e proprie emorragie di denaro, necessarie per poter garantire performance adeguate in pista.

Dunque un team deve essere in grado di attirare quanti più sponsor possibile per sbarcare il lunario e, perché no, magari anche provare a vincere il campionato. Ad esempio, oggi troviamo Ferrari col nuovo title sponsor HP.

Lo stesso discorso vale per i piloti i quali, oltre a portare in Formula 1 il proprio talento, devono equipaggiarsi di una valigia piena di fresco denaro, spesso valutato molto più delle capacità in pista.

Il vizio come denominatore comune dei migliori sponsor

Quando si parla di sponsor di alto livello, il primo pensiero va immediatamente all’industria del tabacco. Il vizio è spesso un forte catalizzatore capace di moltiplicare a dismisura le cifre pattuite sui contratti di sponsorizzazione.

Tabacco e alcool l’hanno sempre fatta da padrona nella Formula 1 e il loro potere economico si rifletteva direttamente sull’aspetto della vettura: le livree sposano i colori sociali dell’azienda sponsorizzata facendo nascere dei veri capolavori di design.

Come non menzionare storiche livree come quelle create per la Lotus degli anni ‘70 in virtù della sua collaborazione con John Player Special. Le frecce d’argento degli anni ‘90 firmate West o le inconfondibili McLaren rosso e bianco Marlboro.

Il vizio costa molto

Come mai queste aziende pagano così tanto? Il motivo è molto semplice: il proibizionismo. Promuovere vizi richiede ingenti somme di denaro e un team di avvocati di altissimo livello. Spesso, in base al paese in cui ci si trova, non è possibile pubblicizzare un articolo e l’evoluzione dei sistemi legislativi può rapidamente portare al ban totale di un prodotto, il quale non può neanche essere menzionato.

Il caso esemplare resta quello degli sponsor tabaccai, banditi prima dall’Europa e poi dalla F1 a ridosso degli ultimi anni del 2000. Molti team si trovarono ancora legati a tali aziende con contratti pluriennali e, nonostante il ban, si notavano livree con riferimenti indiretti a prodotti a base di tabacco.

Passano gli anni, i vizi restano

L’alcool è ancora presente nella Formula 1, ma si tende a promuovere perlopiù birre a ridotto contenuto alcolico, in modo da creare un filone comunicativo basato sulla sicurezza stradale.

Alternativamente, troviamo sponsor che possiamo ritenere delle “wild card” in quanto compaiono solo in determinati paesi. Il concetto alla base è molto semplice: finché c’è una sola nazione in cui è possibile promuovere un articolo “discutibile”, ci sarà sempre un reparto marketing pronto a elargire grosse somme per piazzare uno sticker su una monoposto che corre in mondovisione.

Anche l’industria del gioco d’azzardo sta trovando spazio nei paddock di tutto il mondo, insieme ai trader di criptovalute. In merito ai siti di scommesse, anche qui troviamo diverse difficoltà da parte dei team, come è accaduto di recente con Sauber, costretta a rimuovere lo sponsor Stake dalla C44 per problemi di licenza.

Per fortuna, nessuno ha ancora da ridire sugli orologi.

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