Chi ieri sera ha avuto modo e tempo di dare uno sguardo a CriticaLive, il nuovo appuntamento con il quale la nostra redazione commenta i fatti della F1 e del motorsport in generale, si sarà accorto che, a un certo punto, si è parlato anche delle regole di ingaggio nei duelli tra i piloti della massima serie. Per chi volesse recuperare quella che è stata di fatto una puntata pilota, in calce a questo articolo è possibile accedere al player di YouTube e valutare quanto ne è emerso.
Per sommi capi, si è teso a sottolineare – e ovviamente a criticare – un’applicazione ondivaga della giurisprudenza, che viene interpretata di volta in volta in maniera diversa in base al collegio giudicante e anche ai piloti che si rendono protagonisti di comportamenti che infrangono le norme.
Se circoscriviamo il campo di osservazione al Gran Premio degli Stati Uniti, ci sono due dinamiche che cozzano pesantemente tra loro. La prima è relativa al modo in cui è stato sanzionato George Russell per aver forzato Valtteri Bottas fuori pista. Ne sono scaturiti cinque secondi di penalità, che si sono aggiunti al pit stop che l’inglese ha effettuato. L’altra riguarda l’episodio all’inizio della gara, quando Max Verstappen ha spinto fuori dai limiti del tracciato Lando Norris, favorendo l’inserimento delle due Ferrari, che, sornione, hanno scalato diverse posizioni involandosi verso la doppietta.
Se si fosse applicato lo stesso metro di giudizio usato per Russell, probabilmente anche a Verstappen si sarebbe dovuta comminare una sanzione. Ma si sa che nelle fasi iniziali dei Gran Premi i giudici di gara tendono ad essere più concessivi. Forse è comprensibile, dato che bisogna gestire il caos delle vetture che arrivano in un imbuto e che da qualche parte devono pur passare.
Ma non è questo il punto. La questione è un’altra e riguarda il modo in cui i piloti si comportano durante il loro sforzo sportivo. In certe fasi, non è semplice gestire le molteplici informazioni contenute in un testo che definisce le regole di ingaggio, norme che in determinate circostanze non possono essere applicate puntualmente. Soprattutto, non è realistico immaginare che un pilota debba adattare il proprio stile e la propria aggressività a ogni situazione specifica.

F1 2024: i piloti responsabili delle loro stesse limitazioni
La Federazione Internazionale dell’Automobile, giusto per rendere tutto ancora più complicato, ha deliberato un vademecum di ben sei pagine in cui si stabiliscono le linee di condotta che i conducenti devono seguire in materia di sorpassi. La cosa “simpatica” è che questo decalogo sia stato sottoscritto dalla stessa GPDA e dai team. I piloti, quindi, si sono messi in un vicolo cieco da soli.
Il problema di queste norme è che vi sono punti difficili da definire, sia per i piloti che per i commissari. Tra questi, l’individuazione dell’apice delle curve, oltre alle posizioni dell’asse anteriore e degli specchietti dell’auto, usate come riferimento per capire se un pilota è davanti all’altro.
Norme, come al solito, fumose e soggette a diverse interpretazioni. Ed è proprio quello che ha fatto Max Verstappen che ha allargato la curva usando quello che era il “suo” apice. In questo senso, il risultato è stato inattaccabile, come si è visto nell’episodio conclusivo del Gran Premio degli Stati Uniti, in cui Norris è risultato colpevole.
Oltre a questo, però, si aggiunge l’incapacità degli steward di mantenere una linea comune e coerente. Se Russell è stato penalizzato per aver fatto allargare Bottas, definendo quello che era il suo apice, perché Verstappen non è stato penalizzato per aver costretto Norris ad allargarsi?
Regole cervellotiche e applicazioni incoerenti hanno portato a una situazione in cui si sono persi tutti i punti di riferimento. Il relativismo regna sovrano, e le leggi codificate sembrano quasi diventare pezzi di carta straccia. Gli arbitri hanno le loro responsabilità, è chiaro, ma lo stesso vale per chi ha scritto queste regole, che generano confusione.

La verità è che queste norme avrebbero bisogno di essere totalmente riscritte e, soprattutto, semplificate. Non si può chiedere a un pilota di ricordarsi, mentre l’adrenalina è al massimo, quale linea di condotta debba seguire in una determinata circostanza.
È un principio semplice, ed è strano che non venga compreso: più sovrastrutture si aggiungono alle fondamenta di qualsiasi riferimento normativo, più sarà difficile applicare puntualmente il castello regolamentare, sia da parte dei piloti che di chi deve farlo rispettar.
Questa evidenza procedurale non sembra chiara a chi scrive le norme. Perché accade questo? La risposta non è in nostro possesso, ma ci viene il sospetto che avere riferimenti fumosi apra alla possibilità di interpretare diversamente situazioni analoghe, favorendo lo spettacolo piuttosto che lo sport. Convincetemi del contrario.
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