Dal Gran Premio dell’Arabia Saudita emerge un dato, un freddo numero intorno al quale si dovrebbero creare dibattiti seri atti a trovare risposte concrete. 30,969. Questo è il distacco che Lewis Hamilton ha beccato da Charles Leclerc a fine gara.
Un gap accumulato nemmeno nei 50 giri totali dell’evento, dato che la gara è stata neutralizzata dalla Safety Car, in apertura, per cinque tornate. Dunque, Lewis ammassa quel crudele disavanzo in soli 45 passaggi. Il che, facendo un rapido calcolo, significa che ha beccato 680 millesimi al giro. Più o meno il gap che era emerso nel push lap del sabato. Osservando il giro veloce in gara il dato si conferma: 1.32.190 per la SF-25 n°16, 1.32.600 per la 44. Il grafico in basso fotografa con lucidità gli andamenti.

Numeri sanguinosi, cifre che oggi raccontano di un’operazione, quella Hamilton-Ferrari, che non sta pagando. Che Jeddah potesse essere un mezzo disastro sportivo, lasciateci autocitare, l’avevamo previsto nell’approccio al weekend di gara: leggi qui. Una pista, quella saudita, nella quale la fiducia è tutto. E Lewis in questo momento non ne ha del suo mezzo. Le dichiarazioni post gara sono uno spaccato di sofferenza e frustrazione che, a onore del vero, erano emerse già nell’avvicinamento al weekend e dopo ogni turno di libere. Hamilton sente il peso del fallimento e l’incapacità di spingere per una svolta lo sta ulteriormente condizionando in un circolo vizioso dal quale, per ora, non riesce a scappare rimanendone intrappolato.
Gp Arabia Saudita: la sfiducia totale di Lewis Hamilton
“È stato orribile, per niente piacevole. Scivolavo ovunque. Nel primo stint avevo tantissimo sovrasterzo e la macchina non girava, il che causava un enorme degrado delle gomme. Nel secondo stint ho trovato un po’ più di equilibrio, ma comunque non avevo ritmo, quindi sì, nel complesso è stato piuttosto negativo”, ha detto il britannico al termine di una gara condotta da chi non vedeva l’ora di andarsene a casa.
“Non ho risposte. Sto lottando. L’equilibrio? Faccio fatica a sentire la macchina con me. Non c’è nulla di specifico. Non c’è niente che ti faccia dire: ‘Ecco, questo è il problema’. Anche a Miami penso che avrò difficoltà. Non so per quanto tempo continuerò a lottare, ma è davvero frustrante”. Parole che dovrebbe preoccupare tutti in Ferrari perché sanno di mezza resa.
“C’è davvero tanto da vedere nei dati. Onestamente, non sembra esserci una grande differenza tra me e Charles. È solo che sono più lento nelle curve. Abbiamo assetti leggermente diversi. Devo capire se non è la configurazione che la macchina preferisce. E sì, lui e il suo team al muretto stanno facendo un lavoro migliore“.
“Per ora non c’è soluzione. Sarà così fino alla fine dell’anno. Sarà doloroso. In qualifica si tratta di sfruttare tutto il potenziale, e oggi in gara… ho letteralmente fatto di tutto, ho provato ogni cosa, ma la macchina semplicemente non ha voluto collaborare“.

Lewis Hamilton e quella tendenza che preoccupa
In questo momento Lewis è in balia della corrente, incapace di opporsi alla sua forza. Passivo, svuotato, quasi arreso dopo averci provato per qualche tempo. Solitamente, dopo le prime fasi di adattamento, un pilota tende ad avvicinarsi al suo compagno di squadra in termini di performance. Vediamo cosa sta accadendo in Williams dove Carlos Sainz, dopo alcuni GP di apprendistato e in cui ha sofferto nel confronto interno con Alex Albon, è finalmente riuscito a mettersi davanti. E lo aveva fatto anche in Bahrain prima di incappare in un errore forse evitabile.
Lewis sta facendo l’opposto: partito non lontanissimo, a un certo punto sentiva la macchina più sua. La pole e la vittoria nei turni Sprint del Gp della Cina sono stati il punto massimo dell’esperienza rossa, un momento che per molti rappresentava l’inizio di un cammino di consapevolezza e di avvicinamento alla leadership all’interno del team. E invece è bastato il cambio di setup tra il sabato mattina e il turno di qualifiche canoniche per far saltare il banco. Quello è il passaggio chiave, la cesura dell’avventura rossa di un sette volte iridato che fatica più del dovuto, più del previsto e forse più del consentito.
Dal Gran Premio della Cina Hamilton ha perso la bussola. Ha visto il ritardo da Leclerc accumularsi e aumentare sempre di più fino ad arrivare ai numeri crudi mostrati in apertura di questo scritto. Un trend che deve essere spezzato immediatamente con un’inversione di rotta decisa. Non si chiede a Lewis di battere immediatamente Charles che, evidentemente, ha trovato la chiave giusta.
Si pretende un avvicinamento prestazionale da raggiungere magari anche con l’umiltà di capire e copiare cosa il compagno di box sta facendo per estrarre un minimo di potenziale da una vettura che, va comunque ribadito, è deludente e non rispetta i numerosi proclami invernali che ora qualcuno, dall’alto, prova maldestramente a nascondere a trasformare in sbilenche uscite di una stampa che fa sempre comodo quando c’è da sollevarsi da manifeste responsabilità.

Hamilton deve uscire dalla catatonia mostrata in Arabia Saudita. Affermare che andrà così fino a fine anno fa male a lui, alla Ferrari e all’ambiente. Deve esserci una soluzione perché si rischia lo stillicidio sportivo. E una cosa del genere, a Maranello, non ha mai prodotto cose positive.
Fred Vasseur ha una bella gatta da pelare tra le mani perché è stato lui, insieme a John Elkann, il fautore di un cambio di casacca storico che per ora ha prodotto solo l’amaro sapore della delusione. Una svolta è necessaria perché il rischio di chiudere male la carriera si fa sempre più concreto.
Crediti foto: Formulacritica, Scuderia Ferrari HP