La F1 del 2026 si prepara alla più grande rivoluzione tecnica della sua storia. Power unit rivoluzionarie, carburanti sostenibili, dichiarazioni altisonanti sul programma Net Zero Carbon 2030. Eppure, dietro l’etichetta green che dovrebbe essere una dei pilastri su cui si regge l’intelaiatura, emerge una contraddizione che smaschera una possibile ipocrisia del sistema: Liberty Media spinge per imporre la doppia sosta obbligatoria. Tradotto: più gomme consumate, più materiale bruciato, più impatto ambientale. Tutto in nome dello spettacolo.
Nelle ultime cinque gare del mondiale in corso il vincitore ha sempre adottato la strategia a sosta singola. La durata garantita dalle gomme Pirelli ha scoraggiato gli ingegneri dal puntare su strategie a due pit stop, e i team si sono adeguati: i software di simulazione calcolano esattamente i tempi medi sul giro per gestire le gomme e limitarsi ad un solo stop. Un ritmo di gara più lento favorisce la gestione delle temperature, dimezza il pericolo di imprevisti al pit stop e semplifica la gestione del traffico. Strategia sensata, meno sprechi. Ma evidentemente non abbastanza spettacolare.

Ed ecco che Liberty Media, con il supporto di alcune squadre, torna alla carica con l’idea doppia sosta obbligatoria. L’obiettivo dichiarato? Evitare lunghe fasi dei gran premi in modalità processione, permettere ai piloti di spingere al massimo senza doversi preoccupare della gestione. Uno scenario già testato a Losail nel 2023, quando la doppia sosta fu imposta per ragioni di sicurezza. Il risultato? Più azione in pista, certo. Ma anche più pneumatici consumati per ogni weekend di gara.
Secondo le informazioni raccolte da Motorsport.com, nella prossima riunione della Formula 1 Commission saranno messe sul tavolo diverse proposte. La più discussa prevede l’obbligo di utilizzare tutte e tre le mescole scelte da Pirelli per il weekend, altre ipotizzano i due stop senza vincoli di mescola o limiti massimi di chilometri per ogni set (non oltre il 45% della distanza di gara). Scenari diversi, un unico risultato: più gomme “bruciate” per ogni Gran Premio.

F1 2026: la sostenibilità va a farsi benedire
La domanda è legittima: dove sono finiti gli impegni sulla sostenibilità? La Formula 1 ha speso gli ultimi anni a costruirsi un’immagine di campione della transizione ecologica. Net Zero Carbon entro il 2030, carburanti E10 prima e E-fuel poi, logistica ottimizzata, materiali riciclabili. Un programma ambizioso, comunicato con orgoglio. Eppure, quando si tratta di scegliere tra sostenibilità e spettacolo, la bilancia pende sempre dalla stessa parte. Ubi maior minor cessat.
Imporre una doppia sosta obbligatoria significa aumentare praticamente del 100% (non perdiamoci in dettagli matematici, non è la sede) il consumo di pneumatici per gara. Non stiamo parlando di numeri marginali: moltiplicati per venti Gran Premi e undici squadre (c’è anche l’aggravante del nuovo team), parliamo di centinaia di set aggiuntivi ogni stagione. Gomme da produrre, trasportare, smaltire. Un impatto ambientale tutt’altro che trascurabile, che stride clamorosamente con la narrazione green tanto decantata dalla categoria.

La verità è scomoda ma chiara: certi provvedimenti “sostenibili” rischiano di essere pura facciata, spot programmatico che crolla dinanzi ad altre esigenze. La Formula 1 può permettersi di parlare di carbon neutrality finché non intacca il business model basato sullo show. Ma quando lo spettacolo chiama, l’ambiente può aspettare. Le dichiarazioni sul Net Zero 2030 valgono fino a quando non entrano in conflitto con l’audience televisivo e gli sponsor.
Nel weekend di Città del Messico sono emerse valutazioni contrastanti: secondo alcuni addetti ai lavori l’utilizzo dei tre compound può comportare letture diverse della corsa, secondo altri potrebbe essere un boomerang che porta tutti alle stesse scelte. Ma il vero boomerang è un altro: quello dell’incoerenza. Non si può predicare sostenibilità e contemporaneamente spingere per aumentare i consumi in nome dell’entertainment.
La partita sul tavolo della Formula 1 Commission sarà aperta, certo. Ma il messaggio che ne esce è già chiaro: quando si tratta di scegliere tra green washing e show business, la Formula 1 sa perfettamente da che parte stare. Il programma Net Zero Carbon 2030? Belle parole, fino a prova contraria.
Crediti foto: Pirelli Motorsport, F1
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