Il paddock della F1 è abituato a vederlo da decenni in posizioni chiave, ma oggi Jonathan Wheatley si trova a vivere un capitolo del tutto nuovo della sua carriera. Dopo 19 anni trascorsi alla Red Bull, dove ha ricoperto il ruolo di direttore sportivo contribuendo alla costruzione di un ciclo vincente, il manager britannico ha deciso di affrontare una sfida tanto complessa quanto stimolante: guidare la Sauber nel passaggio che porterà la scuderia svizzera a diventare ufficialmente Audi nel 2026.
Un cambio di dimensioni enormi, sia sul piano tecnico sia su quello organizzativo, che Wheatley non affronta con timore, ma con entusiasmo. Fin dal suo arrivo ad Hinwil, lo scorso aprile, ha spiegato di voler trasformare ogni tipo di pressione in uno stimolo positivo, un motore utile a costruire basi solide per la nuova era.

Jonathan Wheatley – Un manager forgiato dall’esperienza
Il percorso di Wheatley nel motorsport parte da lontano. Nel 1991 iniziò come meccanico alla Benetton, in una fase in cui il team stava crescendo fino a diventare campione del mondo con Michael Schumacher. In seguito, il suo ingresso in Red Bull, nel 2006, lo ha posto al centro di una delle realtà più vincenti degli ultimi vent’anni. Come direttore sportivo ha vissuto l’intero arco che ha portato la squadra di Milton Keynes da giovane outsider a dominatrice della scena mondiale, con la conquista di titoli iridati sia piloti sia costruttori.
Avere lavorato così a lungo in un ambiente ad altissimo rendimento rappresenta un bagaglio fondamentale per chi oggi è chiamato a costruire da zero un progetto destinato a diventare un punto di riferimento della Formula 1 del futuro. Non a caso, Wheatley sottolinea come il vero valore da trasferire non sia tanto un processo o una procedura, quanto una filosofia: “Non puoi prendere una metodologia e calarla in un’altra struttura, semplicemente non funziona. Quello che puoi importare è un approccio, un modo di pensare e di lavorare. Ed è quello che sto cercando di portare qui”, ha piegato a F1.com.
La rinascita della Sauber
Dal suo arrivo, Wheatley ha percepito un ambiente dinamico e giovane. Una parte significativa dello staff è stata assunta soltanto all’inizio di quest’anno, segno della volontà di rafforzare le competenze in vista della transizione ad Audi. Si tratta di un contesto che richiede pazienza e capacità di ascolto, qualità che Wheatley stesso considera centrali: “Devi immergerti nella squadra, comprendere le ragioni dietro le decisioni prese in passato, ascoltare tutti. Solo così si può costruire un’identità condivisa”.
Nonostante l’etichetta di team “di transizione”, Sauber ha già regalato soddisfazioni importanti. Il podio ottenuto da Nico Hülkenberg a Silverstone ha rappresentato un punto di svolta emotivo per la squadra, il primo grande risultato in una stagione che ha mostrato segnali incoraggianti. Attualmente, la scuderia occupa il settimo posto in classifica costruttori con 51 punti, appena uno in meno rispetto all’Aston Martin. Un posizionamento che, se confermato o migliorato, darebbe ulteriore credibilità a un progetto che non vuole limitarsi a preparare il terreno, ma intende crescere fin da subito.

Pressione come motore
È naturale pensare che, con l’avvicinarsi del 2026, le aspettative aumentino in maniera esponenziale. Audi non è un costruttore qualunque: il marchio tedesco ha costruito nel tempo una reputazione di eccellenza nelle competizioni motoristiche, dall’Endurance al DTM. L’ingresso in Formula 1 rappresenta un investimento d’immagine e tecnologia che difficilmente ammette compromessi.
Wheatley, però, non sembra preoccupato. Anzi, appare quasi rinvigorito dalla sfida. “La pressione fa parte di questo lavoro. È da trent’anni che la vivo, e ormai è un elemento naturale. Per me non è un peso, ma una risorsa: la trasformo in energia positiva. È quello che intendo fare anche con questa squadra, ora e nel futuro”.
Questa visione, maturata in anni di permanenza ai massimi livelli, è anche una garanzia per chi lavora con lui. Un leader capace di trasmettere calma e fiducia diventa un punto fermo in un ambiente competitivo e spesso instabile come la Formula 1.
Il manager insiste spesso su un concetto chiave: lo slancio. Per lui, costruire progressi continui, anche piccoli, significa creare un’inerzia che può fare la differenza in un campionato lungo e complesso. Non si tratta soltanto di risultati immediati, ma di consolidare un processo che permetta al team di arrivare preparato al grande salto del 2026.
“Stiamo facendo passi avanti, lo sento ogni giorno. È una fase iniziale, ma già avvertiamo che il progetto sta prendendo ritmo. Questo sport è tutto una questione di slancio, e credo che lo stiamo costruendo”, ha spiegato.

F1 – Verso l’era Audi
Se oggi Sauber rappresenta un team in crescita, nel giro di due stagioni sarà chiamata a indossare i colori di un costruttore che non si accontenterà di semplici comparse. Audi vuole entrare nel Circus con l’ambizione di giocarsi posizioni di vertice, e il lavoro di Wheatley in questi mesi sarà cruciale per gettare fondamenta solide.
La sfida non riguarda soltanto la pista, ma anche la struttura organizzativa, la cultura aziendale e l’attrattività nei confronti di tecnici e ingegneri. In questo senso, la filosofia portata da Wheatley – più che i singoli metodi – potrebbe rivelarsi determinante per trasformare la squadra da realtà di medio livello a protagonista stabile.
Per il manager britannico, il futuro è chiaro: la pressione che deriva dall’attesa di un progetto tanto imponente non è un ostacolo, ma la spinta necessaria per continuare a crescere. E se i primi mesi alla guida del team di Hinwil hanno dato un assaggio delle sue capacità, l’avvicinarsi del 2026 non potrà che rendere la sua figura sempre più centrale nel panorama della Formula 1.
Crediti foto: Sauber
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