Ricordate quella trasmissione televisiva cafonissima nella quale un dirigente d’azienda si divertiva a valutare, dinanzi alle telecamere, il lavoro dei propri novelli dipendenti non facendosi alcuno scrupolo nel licenziare a destra e manca quando un collaboratore non raggiungeva i target fissati dall’alto? Bene, quel pezzo grosso era Flavio Briatore, protagonista di “The Apprentice”, un format proveniente dagli Stati Uniti e riadattato da Sky Italia.
Non ce ne vogliano gli amici yankees, ma spesso da quelle zone arriva il peggio del peggio. Ancora peggio – e non mi stanco di sottolineare e ripetere il termine “peggio” – è il fatto che in Italia si peggiorino le cose mutuando la peggior televisione possibile e immaginabile in un contesto in cui il cinismo tipico del capitalismo diventa una virtù da sbattere in faccia a dei poveri disgraziati.
Finché questa roba resta confinata nella fiction televisiva – perché tale era quell’incommentabile programma accozzaglia di fesserie gestionali – il problema è relativo. Ci possiamo limitare a cambiare canale o a esprimere riserve come quelle espresse fino a questo momento. Quando invece questo tipo di schema si applica alla realtà, le cose diventano un po’ più complesse.
Non che sia dipeso da Briatore, perché la decisione della chiusura del comparto motori F1 della Renault di Viry-Châtillon è arrivata dai vertici della Losanga – quindi da Luca De Meo – ma è proprio Flavio che si è prontamente lanciato – con venature d’orgoglio – a prendersi parte del merito di questo atto che, tra un’analisi e economica e l’altra, ha mandato per strada qualche famiglia. Ma chi se ne frega, l’accumulazione prima di tutto, no?

Jack Doohan e il fuoco amico di Flavio Briatore
Un altro soggetto che potrebbe pagare per questo approccio estremamente pragmatico, amorale e che mette al primo posto la massimizzazione del risultato, è Jack Doohan, pilota che l’anno prossimo affiancherà Pierre Gasly in Alpine.
“Iniziamo l’anno con Pierre e Jack, lo garantisco. Dopo si vedrà. Il mio compito è portare la squadra in una situazione in cui possa ottenere risultati. Il pilota deve completare il lavoro di quasi mille persone che lavorano dietro di lui. Tutti lavorano per due persone. E se un pilota non fa progressi, se non porta risultati, è ovvio che come manager sono chiamato ad apportare dei cambiamenti. Anche a stagione in corso”. Firmato FB.
Ma sì, che bel modo di approcciarsi a un campionato per un esordiente in Formula 1. Diciamo le cose come stanno: a Briatore Doohan non è mai piaciuto. E non si tratta di una questione epidermica, ma semplicemente del fatto che avrebbe preferito altri piloti per il team che ora dirige in tandem con Oliver Oakes.
Non è un mistero che il dirigente cuneese abbia provato in ogni modo ad accaparrarsi le prestazioni sportive di Carlos Sainz, che ha bellamente snobbato Alpine in piena fase di ristrutturazione, preferendo il progetto della Williams, considerato addirittura più convincente. E questo la dice lunga su come la scuderia francese venga percepita nel paddock dai protagonisti del motorsport.
Il figlio di quell’artista delle due ruote che è Mick Doohan è stato un tappabuchi; la presenza di una clausola liberatoria in favore del team dopo cinque gare è sicuramente una spada di Damocle che non metterà il pilota in condizioni di esprimersi al meglio. A meno che, in uno scatto d’orgoglio, non tiri fuori gli attributi, dimostrando a chi non ha creduto in lui che si sbagliava.
Briatore ha vinto tanto in Formula 1 e ha ottenuto grandi successi nel fare impresa, anche quando ha rivoluzionato il concetto di pizza con una proposta poco ortodossa: un prodotto immangiabile, infarcito di marketing, ma con ben pochi contenuti. Giudizio puramente personale, che potrebbe incontrare le critiche di qualcuno. Poco male: da napoletano, so perfettamente cos’è una pizza. E come si prepara.

Tornando alla Formula 1, e incrociandola con i grandi successi che Briatore ha ottenuto nella sua abbacinante carriera, è chiaro che probabilmente lui ha ragione e noi lo critichiamo torto. Questo scritto vuole semplicemente sottolineare che forse mettere una pressione così elevata addosso a un ragazzo non è proprio il miglior modo per estrarne performance.
Poi magari Flavio toccherà le corde giuste e avrà ancora una volta ragione, e noi saremo qui ad ammettere che ci eravamo sbagliati. Non avrò nessun problema a farlo nel caso in cui il buon Jack sforni prestazioni di altissimo livello.
Non ci resta che augurare buona fortuna al giovane australiano che, nel suo debutto nel GP di Abu Dhabi, non ha entusiasmato né rubato l’occhio. Un weekend passato in perfetto anonimato e non solo perché i riflettori erano puntati sul duello Ferrari-McLaren. Lo spettro di Franco Colapinto già aleggia sui capannoni di Enstone: chissà che non sia l’argentino a insidiare il povero Jack.
Crediti foto: Alpine F1