Il Patto della Concordia può essere definito come il documento che permette il funzionamento della Formula 1. Un accordo commerciale che regola le modalità con le quali le scuderie partecipano al Circus e che determina il trattamento economico delle stesse in relazione al Formula One Management. La Ferrari, negli anni, è stata grande protagonista nelle negoziazioni considerando la sua posizione di vantaggio, che qualcuno reputa addirittura dominante.
Il contenuto dello scritto legale è riservato. Data l’alta sensibilità, dunque, non è reso pubblico. Se ne conoscono le linee generali, ma i dettagli restano ben celati nelle casseforti dei dieci team e della FOM.
Otto le edizioni del Patto della Concordia (che prende il nome dalla sede della FIA dove fu firmata la prima edizione: Place de la Concorde, appunto): 5 marzo 1981, 1987, 1992, 1997, 1998, 2009, 2013, 2020. Quest’ultimo scadrà alla fine del 2025 e le manovre politiche per il rinnovo sono già partite.
Oggi il documento si lega strettamente alla presenza del budget cap, uno dei pilastri della nuova Formula Uno voluta da Liberty Media in cui i profitti per i partecipanti stanno crescendo a dismisura. In questo senso si legge l’avversione nei confronti della candidatura degli Andretti che è stata osteggiata in ogni maniera dalle “dieci sorelle” e dalla FOM stessa.
Operare in regime di tetto di spesa significa che buona parte dei dividendi che vanno nelle casse dei team (circa 1,2 miliardi di dollari nel 2023) non possono essere usati per la loro normale vita, ma servono a sostenere tutte quelle attività che non sono previste nel cost cap stesso. Tra queste le spese per gli ingaggi dei piloti che, in alcuni casi, sono davvero ingenti.
Il Nuovo Patto della Concordia spacca il fronte dei team
La storia è semplice: c’è una spaccatura nel fronte dei dieci team tra chi vuole che gli stipendi dei piloti restino fuori dal limite di spesa e chi, di contro, li vorrebbe inserire, magari modificando leggermente l’estremo superiore. È facile capire chi sta da un lato e chi dall’altro.
Le scuderie che si fregiano delle prestazioni sportive dei top driver sono arroccate nella loro posizione che prevede lo storno dello stipendio dei piloti dal budget cap. La Ferrari, soprattutto per il bonus storico presente nel Patto, si è portata a casa ben 208 milioni di dollari nella stagione passata.
184 i milioni per la mattatrice Red Bull, 179 milioni per la Mercedes terza in classifica. L’altra parte, quella meno premiata, spinge forte per una revisione di questo modello che potrebbe mettere in difficoltà la Ferrari che, dal 2025, dovrà sostenere due salari pesantissimi.
Cosa che può permettersi poiché, grazie allo status di team storico, sono molti i soldi che entrano nelle sue casse. E qui potrebbe sorgere il problema. Dalle prime indicazioni che emergono da trattative per ora solo abbozzate, pare che i team di fascia medio-piccola siano sul piede di guerra e non vogliano più vedere il benefit in favore della Ferrari.
Ferrari: il nuovo Patto della Concordia impone un riassetto finanziario?
Un’abolizione totale è da escludere ma un sensibile ridimensionamento del beneficio è più che probabile. Una ristrutturazione a cui Ferrari potrebbe dover far fronte.
Questo, per evitare facile allarmismi e comodi sensazionalismi, non minerebbe l’operazione Hamilton per la quale ci sono le coperture finanziarie garantite direttamente dalla proprietà che, nella figura di John Elkann, ha fortemente voluto il britannico tra le fila rosse.
Chiudendo – e provando a rispondere al quesito posto nel titolo di questo scritto – bisogna sottolineare che sì, il nuovo Patto della Concordia potrebbe essere meno vantaggioso per la Ferrari. Ma questo non sta affatto a significare che possa essere globalmente penalizzante. Maranello è un team ricco, che può godere di una munificità che arriva non solo dai dividendi FOM ma anche dagli sponsor che fanno a gara per comprare spazi sulle vetture.
Ancora, la scuderia italiana fa parte di un gruppo industriale in salute che può offrire pieno sostegno alle necessità di una squadra che vuole tornare a essere grande. In questo senso si leggono l’ingaggio di Lewis Hamilton e il rinnovo pluriennale di Charles Leclerc. Ma anche l’acquisizione dei tecnici che andranno a comporre una line-up chiamata a deliberare le vetture che hanno il compito di riportare i mondiali a Maranello.
Crediti foto: Scuderia Ferrari