Imola: la meraviglia deturpata

In occasione del Gran Premio di Imola un’analisi di un circuito meraviglioso ma che dopo il Gran Premio del 1994 è stato sfregiato in nome della sicurezza. Faremo confronti, anche con altri tracciati, in cui vi sono curve pericolose ma che non sono stati deturpati

L’Autodromo Enzo e Dino Ferrari o semplicemente “Autodromo di Imola” è un circuito di 4909 metri composto da 19 curve: 10 a sinistra e 9 a destra. Si percorre in senso antiorario ed è situato nel comune di Imola, in provincia di Bologna. Posto nelle immediate vicinanze della cittadina, sulle sponde del fiume Santerno, fu costruito in due anni, dal 1950 al 1952, ed inaugurato nel 1953.

La sua fama crebbe grazie a varie competizioni automobilistiche e motociclistiche locali ed internazionali. Il primo assaggio della Formula 1 lo si ebbe nel 1979 con il “Gran Premio Dino Ferrari”, gara non valevole per il campionato ufficiale.

L’anno successivo ci fu il vero debutto sostituendo Monza per il Gran Premio d’Italia. Dal 1981 al 2006 prese il nome di “Gran Premio di San Marino”. Dal 2007 fu estromesso dal calendario a causa del ritardo nell’ultimazione delle infrastrutture e per la volontà della FOM di non tenere due Gran Premi nello stesso Paese. 

Tornò nella massima serie solo nel 2020 come tappa di “emergenza” per le numerose cancellazioni dal calendario a causa della pandemia di COVID-19. Assunse il nome di “Gran Premio dell’Emilia-Romagna e del Made In Italy”. Con grande sforzo da parte delle autorità, Imola ospiterà la Formula 1 fino al 2026, anche se sul futuro si addensano dinne nubi (leggi qui). Nel 2023 l’evento è stato cancellato a causa delle varie calamità naturali che hanno colpito l’Emilia.


La Curva del Tamburello

La curva Tamburello è (forse è meglio dire era) la prima curva del tracciato. Prima delle modifiche post 1994 si trattava di un curvone che costeggiava il Santerno e che si affrontava in pieno fino alla curva 3, la “Tosa”, passando per una leggera piega a destra, la curva “Villeneuve” dedicata al pilota canadese che proprio in quel punto ebbe un grave incidente senza conseguenze al Gran Premio d’Italia del 1980.

La curva del Tamburello, per l’epoca, era forse una delle più belle ma anche una delle più pericolose del mondiale di Formula 1 con una via di fuga appena abbozzata alla fine della quale si trovava un muro di cemento che delimitava la pista del  fiume Santerno.

Contratto Imola

Tamburello: gli incidenti

Durante le prove libere del venerdì del “Gran Premio di San Marino” del 1987 uno pneumatico della Williams FW11B del pilota brasiliano Nelson Piquet accusò una perdita d’aria. La vettura, divenuta ingovernabile, andò ad impattare contro il muro del Tamburello. La monoposto ne uscì distrutta. 

Per il pilota si manifestò un dolore alla caviglia. Fu trasportato in ospedale e gli fu sconsigliata la partecipazione al resto del weekend di gara. Anni dopo il brasiliano rivelerà di aver avuto problemi di salute, a seguito dell’impatto, ma di non averne fatto parola con la Williams per non essere sostituito nel corso del 1987.

Durante il quarto giro del Gran Premio di San Marino del 1989 la Ferrari dell’austriaco Gerhard Berger uscì al Tamburello a più di 300 km/h. Costeggiò il muro e prese fuoco, fermandosi poco più avanti. 

I “Leoni della CEA” (soprannome del gruppo di volontari “CEA Squadra Corse” – unità di antiincendio costituita dopo il disastro del Gran Premio d’Italia del 1978 che portò alla morte del pilota svedese Ronnie Peterson – che, con il loro intervento tempestivo, limitarono danni ben peggiori), accorsero in appena 16 secondi sulla monoposto avvolta dalle fiamme e salvarono la vita al pilota. Berger se la cavò con una costola rotta e ustioni alle mani. Saltò il successivo Gran Premio di Monaco.

Durante una sessione di test nell’Aprile del 1991, la FA12 della Footwork Arrows del pilota italiano Michele Alboreto uscì improvvisamente di pista impattando contro il muro del Tamburello. Alboreto emerse, seppur zoppicante, dalla monoposto che nel frattempo prese fuoco. Per il pilota solo una ferita alla gamba e quindici punti di sutura.

L’anno successivo, nella medesima situazione, la gomma posteriore della Williams F14B di Riccardo Patrese ha un improvviso afflosciamento. Ormai impotente passeggero della sua monoposto, il conducente collise con il manufatto cementizio, cosa che gli procurò un colpo di frusta.

Soccorso da Alboreto, testimone dell’incidente, Patrese uscì sulle proprie gambe. Il compagno di squadra, l’inglese Nigel Mansell, raggiunse in bicicletta il collega per sincerarsi delle sue condizioni.

La Williams FW16 di Ayrton Senna a seguito dell’incidente al Tamburello

Imola 1994: la fine della curva del Tamburello

Il weekend del Gran Premio di San Marino del 1994 è ricordato come uno dei più tragici nella storia della Formula 1. Dopo l’incidente al venerdì di Rubens Barrichello e la morte del pilota austriaco Roland Ratzenberger al sabato, il 1 maggio del 1994 è il giorno che cambierà per sempre non solo la pista di Imola ma l’intero concetto di sicurezza nella categoria regina.

Al settimo giro, alle 14:17, la Williams FW16 del tre volte campione del mondo Ayrton Senna impattò violentemente contro il muro del Tamburello. Dopo i primi soccorsi e la disperata corsa in ospedale per l’asso brasiliano non ci fu nulla da fare.


L’addio al Tamburello e la nuova variante

Sull’emotività del momento tragico, passato quel weekend, furono approntate profonde modifiche al tracciato. Iniziando proprio dal Tamburello. La curva, prima lunghissima e veloce, fu sostituita da una lenta chicane accompagnata da una via di fuga molto più ampia e sicura. Stessa sorte toccò alla “Villeneuve”, anch’essa rimpiazzata da una chicane.

La variante del Tamburello risulta essere oggi più sicura ma, a parere del sottoscritto, è uno sfregio a uno dei circuiti più belli al mondo. Come detto sopra, sull’emotività dei tragici fatti del 1994, si decise di rimaneggiare pesantemente quel tratto di pista. A due passi dal muro nefasto c’è il Santerno.

Non c’era lo spazio per ampliare la via di fuga e quindi si optò per l’eliminazione della curva e la sostituzione con una chicane. Scelta comprensibile dato il contesto storico ma che oggi risulta essere anacronistica, superata.

Immaginiamo per un attimo che per motivi di sicurezza modificassero in maniera drastica, rendendola più lenta e più sicura, la “Eau Rouge-Raidillion”, il complesso di curve più bello del mondiale di Formula 1. Perderebbero tutto il fascino e tutto quel senso di sfida che dà affrontarle. 

Eppure, negli ultimi anni, in quel punto ci sono stati incidenti mortali come quello del pilota francese Anthoine Hubert nella Feature Race del campionato di F2 del 2019. Ma anche altri incidenti a catena durante le qualifiche del venerdì sul bagnato delle W Series del 2021. 

Ancora, il giorno dopo, la McLaren di Lando Norris, durante qualifiche condizionate da una pioggia torrenziale, impattò violentemente contro le barriere. I lavori sono stati effettuati agendo sulla via di fuga ma la pericolosità di quella curva permane.

La mitica Eau Rouge

Stessa cosa si potrebbe dire di altre curve veloci come la “130R” del tracciato di Suzuka, la curva più veloce del mondiale, o della “Copse” di Silverstone. Pieghe bellissime, iconiche, ma allo stesso tempo pericolosissime ma che non sono state toccate in nome della sicurezza.

Poi c’è il circuito cittadino di Jeddah con 27 curve in rapida successione che si affrontano a una media di oltre 250 km/h sfiorando i muri. Durante le qualifiche del sabato del Gran Premio d’Arabia Saudita del 2022 la Haas di Mick Schumacher si schiantò contro il muro della curva 12 ad oltre 200km/h. Trasportato in ospedale per accertamenti che diedero esiti negativi, fu costretto a saltare il resto del Gran Premio.

Perché la curva del Tamburello non è stata conservata nella sua configurazione originale? Per motivi di spazio mancante? O per l’emotività e la fretta che portarono alla scelta di eliminarla? Come mostrato sopra, oltre alle curve menzionate, c’è un intero circuito fatto di pieghe pericolose. Eppure si gareggia ugualmente.

Perché Imola ha dovuto subire questo affronto? Le moderne tecnologie (barriere Tecpro, strisce abrasive frenanti e così via) permetterebbero una rivalutazione dell’attuale layout che, nei fatti, rende l’Enzo e Dino Ferrari una pista in cui sorpassare è diventata una mezza impresa.  


Crediti foto: F1

Exit mobile version