La stagione 2025 di Lewis Hamilton con la Ferrari si avvia alla conclusione con il peso di un esordio ben più complesso di quanto ci si aspettasse quando, a inizio anno, il suo arrivo a Maranello aveva alimentato un entusiasmo mondiale. Il legame emotivo tra il sette volte campione e l’ambiente Ferrari non si è sgretolato; al contrario, dalle parole del britannico emerge un affetto profondo, quasi protettivo, verso una squadra che gli ha offerto accoglienza e passione. Ma tutto questo non basta a nascondere l’evidenza: il matrimonio sportivo non ha ancora trovato la sua direzione tecnica.
“Ricorderò sempre il primo giorno a Maranello e la prima volta in cui ho guidato con la mia famiglia presente. Porterò con me lo spirito di questa squadra. La squadra ha lo spirito migliore, le persone qui hanno l’energia migliore. È davvero un ambiente bellissimo in cui lavorare grazie alle persone e c’è così tanta passione che la prendo e cerco semplicemente di riversarlo nella prossima stagione”, ha detto Lewis ai microfoni della F1.

Ad Abu Dhabi, Hamilton arriva con un bilancio amaro. La SF-25 non ha mantenuto le promesse, la curva di sviluppo si è rivelata fragile e spesso incoerente e la gestione tecnica è stata condizionata dalla scelta (poi ammessa apertamente da Fred Vasseur) di concentrare molte risorse già sulle rivoluzionarie monoposto del 2026. L’ex Mercedes ha dovuto convivere con una vettura imprevedibile sull’anteriore, instabile nei cambi di direzione e troppo sensibile al vento. Problemi che lo hanno costretto a intervenire con continuità sul setup, cercando soluzioni tampone più che evolutive.
Ma nella sua analisi, Hamilton non si sottrae alla responsabilità personale. Rivela di aver annotato ogni settimana errori, decisioni, sensazioni su ciò che non ha funzionato. È un approccio che conferma quanto il britannico, pur nella fase più difficile della sua carriera recente, non abbia perso l’ossessione per il miglioramento. E il fatto che parli apertamente della necessità di un confronto con gli “stakeholder principali” suggerisce che il suo ruolo all’interno del progetto Ferrari stia evolvendo verso una partecipazione più attiva nelle scelte strategiche, ben oltre la guida in pista.
“Non è un processo semplice. Ovviamente testeremo la prossima settimana, poi torneremo in fabbrica. Devo decidere quale sarà il mio approccio quando si tratterà di sedermi con gli stakeholder principali per prendere decisioni e capire come impostare il percorso per creare il cambiamento necessario. In termini di riflessione personale, ogni weekend ho scritto ciò che secondo me era andato storto, le decisioni che ho preso, quindi c’è molto da imparare“, ha spiegato il sette volte iridato.

Il quadro che emerge è quello di un Hamilton combattuto tra il legame umano con la Ferrari e la frustrazione per la mancanza di prestazioni. Il pilota riconosce il valore del gruppo, l’energia delle persone di Maranello, quell’ambiente che definisce “bellissimo” proprio per la passione che lo sostiene. Ma è chiaro che questo non basterà nel 2026, quando il nuovo regolamento – aerodinamico, telaistico e motoristico – rappresenterà un reset totale per la Formula 1.
Per Hamilton, la sfida ora è guidare non solo la monoposto ma il processo di cambiamento. Il suo riferimento a un approccio da definire con i vertici della Scuderia è la vera chiave del futuro: servirà una linea tecnica più solida, decisioni più rapide e un’identità chiara per la Ferrari che verrà.
Mentre si accendono i riflettori di Yas Marina per l’ultimo atto del Mondiale, Hamilton sembra più determinato che rassegnato. La delusione del 2025 è un punto di partenza, non di arrivo. E se la Ferrari saprà ascoltarlo davvero, il 2026 potrebbe rappresentare il momento della rinascita, non solo per il team ma anche per il campione che ha deciso di credere nel Cavallino Rampante.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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