GP Singapore 2025, analisi telemetria – Marina Bay circuito cittadino per eccellenza, non perdona. Serve trazione in uscita, stabilità in frenata e un bilanciamento neutro nei cambi di direzione lenti. È proprio qui che la Mercedes, che alla vigilia doveva soffrire, ha invece trovato la pole position con George Russell, esaltandosi in un tracciato teoricamente sfavorevole.
La nuova ala anteriore ha sicuramente dato una mano. Segno che, anche in una stagione morente, si possono introdurre elementi che possano fare realmente la differenza: Maranello, predi esempio. Analizzando le telemetrie del suo giro perfetto (1:29.155) con quello di Lewis Hamilton (1:29.688), primo dei ferraristi, emergono differenze nette nei tre settori del tracciato.
Settore 1 – Aggressività controllata
Il primo tratto del Marina Bay, sino alla staccata di curva 7, è tradizionalmente il più “veloce” del giro, con allunghi brevi e frenate secche. Qui si nota la prima impronta del carattere della Mercedes W16: Russell riesce a massimizzare la trazione in uscita da curva 3 e curva 5, mantenendo un filo di gas costante che gli consente di stabilizzare la vettura prima di affondare il piede.
Nel grafico della velocità (Speed), la linea azzurra della W16 resta più fluida: il #63 non subisce i micro-scompensi in rilascio che invece caratterizzano Hamilton (linea rossa), la cui SF-25 tende a perdere l’appoggio posteriore proprio nella fase di trasferimento carico. Il risultato è un’uscita più instabile e, di conseguenza, una trazione meno efficace.
Sul fronte motore (Throttle e RPM), Russell riesce a ritardare l’apertura piena dell’acceleratore di qualche istante, ma lo fa in modo progressivo e lineare. Hamilton, invece, ha picchi più nervosi, segno di una SF-25 difficile da gestire in appoggio medio. Il delta tempo (ultima parte del grafico in basso) racconta la verità: già al termine del primo settore Russell ha guadagnato quasi tre decimi pieni, frutto di una gestione più pulita e di una stabilità superiore in ingresso curva.
La Ferrari paga qui la sua maggiore rigidità meccanica e una risposta anteriore troppo brusca nelle frenate a bassa velocità. La W16, invece, grazie a uno schema di sospensioni anteriori che sfrutta probabilmente un maggior effetto anti-dive, riesce a gestire meglio le variazioni di carico senza generare sottosterzo.

Settore 2 – Il dominio della trazione e dell’equilibrio
Il tratto centrale, quello più tecnico e tortuoso, è il banco di prova della guidabilità. Tra curva 8 e curva 14 si nasconde il cuore del tempo sul giro. Qui la Freccia d’Argento ha costruito la propria pole position, complici anche le difficoltà incontrate da Max Verstappen nell’ultimo tentativo in cui, a suo dire, è stato rallentato da Lando Norris nel suo giro di rientro.
Osservando il grafico del gas (Throttle), Russell mantiene un’uscita più pulita in praticamente ogni curva. La progressione della potenza è costante, senza tagli né correzioni evidenti. Hamilton, invece, si trova spesso costretto a parzializzare o a rialzare il piede, soprattutto in uscita da curva 10 e 13, dove la vettura sembra “spingere via” il retrotreno. La differenza di trazione è palese: mentre l’auto di Brackley scarica a terra tutta la potenza dell’ibrido con progressività, la Ferrari spreca energia in pattinamento e microcorrezioni di stabilità.
Il grafico dei giri motore (RPM) evidenzia un comportamento più regolare della Mercedes, con meno oscillazioni tra una marcia e l’altra. La W16 mantiene regimi più costanti e una risposta più lineare al gas, segno di un software ibrido perfettamente calibrato per Marina Bay. Russell riesce a salire di marcia prima e a non perdere coppia nei brevi allunghi tra i guard rail. Il sette volte iridato, invece, si trova spesso a dover gestire le rotazioni con micro-interventi correttivi, perdendo decimi preziosi.
È interessante notare anche l’uso dei rapporti (nGear): Russell sfrutta una mappatura più corta in seconda e terza, che gli consente di avere più spinta ai regimi bassi, mentre Hamilton tende a rimanere in marcia più alta per ridurre lo slittamento. Una scelta obbligata, indice di una macchina più sensibile al posteriore.
Nel delta tempo, la linea gialla si allunga: in questo settore Russell guadagna altri due decimi pieni, frutto di una maggiore confidenza in inserimento e trazione. È il tratto dove la Ferrari mostra il proprio limite strutturale: troppo rigida nel bilanciamento meccanico, forse troppo alta e troppo cauta nell’erogazione della potenza. La W16, invece, ha trovato la quadra: carico stabile, gestione termica ottimizzata e un telaio che accompagna il pilota nel ritmo cittadino.

Settore 3 – Efficienza e trazione residua
L’ultimo settore, dal lungo rettilineo di ritorno fino alla chicane finale, rappresenta la sintesi del lavoro sull’efficienza e sulla gestione gomme. Qui Russell consolida il vantaggio. La velocità di punta prima e dopo curva 14 è praticamente identica, ma la differenza nasce nella gestione dell’energia ibrida.
Nel grafico del gas, Russell esce da curva 14 con un’applicazione più morbida ma costante, mentre Hamilton tende a “strappare” la coppia del motore. Questo crea microperdite di trazione che si accumulano nel tempo. La Mercedes, al contrario, mantiene una progressione impeccabile, frutto di un bilanciamento ottimale tra erogazione e aerodinamica.
Il delta tempo finale si stabilizza a -0.530s, con la maggior parte del guadagno costruito nei settori 1 e 2, ma consolidato nel terzo. Un dato che racconta non solo della prestazione pura, ma anche della capacità della W16 di restare costante, senza decadimento di grip. La SF-25, invece, chiude in affanno, con un retrotreno più mobile e una perdita complessiva di efficienza termica nelle gomme posteriori.

Mercedes vs Ferrari: lezioni da imparare
La pole di George Russell a Singapore non è solo una prodezza di guida: è il risultato di una Mercedes che ha saputo capire e adattarsi. Dove nel 2024 la W15 era nervosa e imprevedibile, la W16 mostra maturità tecnica, equilibrio e trazione controllata. È la dimostrazione che un progetto può adattarsi e brillare anche su terreni ostici come doveva essere Marina Bay.
La Ferrari, dal canto suo, deve guardare proprio a questo tipo di crescita. La SF-25 resta una monoposto poco veloce sul giro secco e troppo rigida per adattarsi a circuiti ad grip e curve ad angolo retto. L’esempio della W16 indica la direzione: più progressività, meno esasperazione del carico, e una meccanica che “ascolta” il pilota invece di contrastarlo. Ma probabilmente è troppo tardi per invertire la rotta visto che le forze sono tutte per il 2026. Maranello ha mollato e da qua alla fine non ci si attende un granché.
Singapore, nel suo abbraccio luminoso e soffocante, ha raccontato una verità: le vittorie tecniche non nascono dalla potenza, ma dall’armonia. E la Mercedes, nella notte di Marina Bay, ha trovato la propria. La Ferrari, che qui arrivava con speranza ottimismo, si trova ancora una volta ad arrancare tra assetti inefficaci e scelte tecniche penalizzanti alle quali ha alluso un sibillino Leclerc che probabilmente si riferiva al solito e atavico problema della SF-25: l’altezza di marcia.
Crediti foto: Formulacritica
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