Gp Napoli – Da un paio di giorni riecheggia un sogno affascinante, che accende l’immaginazione: le monoposto di Formula 1 che sfrecciano sul lungomare di Napoli, con il Vesuvio sullo sfondo e il Castel dell’Ovo a fare da testimonial. Una versione tutta mediterranea del glamour di Montecarlo.
L’obiettivo dichiarato del comitato promotore per la Formula 1 a Napoli, rappresentato da Enzo Rivellini – politico con militanza di lungo corso nella destra partenopea – e sostenuto da figure di spicco come Costanzo Jannotti Pecci, presidente dell’Unione Industriali, e Paolo Scudieri, imprenditore legato al marchio Adler presente in Formula 1 con Alfa-Sauber, team i cui legami con la Ferrari erano noti, è quello di approfittare della grande ondata mediatica positiva di cui gode in questa fase il capoluogo campano.
Al coro degli entusiasti si è aggiunto anche il sindaco Gaetano Manfredi, che si è detto possibilista, ricordando che “Nessuno si aspettava che Napoli ospitasse la Coppa America, e invece è successo”. Ma la corsa verso la F1 è di tutt’altra complessità.
Basterebbe conoscere certe dinamiche per evitare facili sensazionalismi, che hanno più il sapore dello spot che di una concreta proposta da portare avanti con atti formali. E molto costosi, perché – a differenza dell’America’s Cup – in questo caso ci sarebbe da mettere in circolo parecchia grana. Liberty Media Corporation se ne frega bellamente delle location suggestive se non si aprono i cordoni della borsa e si elargiscono fondi “pesanti”.
Un calendario blindato e la regola del “no double”
La prima barriera è strutturale: il calendario della Formula 1 è già saturo, con 24 Gran Premi fissati per la stagione 2025 e per quelle a venire. Un limite teoricamente valicabile, considerando che lo statuto della categoria ne prevede un massimo di 25 a stagione, ma che FOM (Formula One Management) e team – ossia i componenti del Patto della Concordia, la “carta costituzionale della F1” – non vogliono intaccare.
Aumenti futuri sono praticamente banditi da Liberty Media che, per ragioni logistiche, ambientali e di tutela del personale, non intende modificare un modello che sta funzionando bene producendo utili ad “alto voltaggio”. Ma non è tutto: il gruppo fondato da John C. Malone ha anche una politica chiara contro la duplicazione dei GP nella stessa nazione, con pochissime eccezioni (Stati Uniti e Spagna). L’Italia ha già Monza, icona storica, e Imola è appena stata silurata proprio per incompatibilità con un vincolo quasi ferreo.
Pensare che Napoli possa diventare il secondo appuntamento italiano – o addirittura sostituire Monza – è, realisticamente, molto difficile. Ancora, c’è da registrare la sofferenza delle gare europee, che boccheggiano tra spending review e incapacità di adeguarsi agli standard imposti dal sole mediatico di Englewood che nel 2017 ha acquistato il Circus.
Se piste come Paul Ricard, Magny-Cours, Hockenheim e Nürburgring non riescono a rientrare, e se un tracciato storico e rappresentativo come Spa-Francorchamps ha dovuto accettare una scomoda alternanza, è altamente improbabile che Napoli possa ottenere un riscontro positivo.
Va pure detto che Zandvoort, nel 2026, vedrà l’ultimo GP prima di accomiatarsi dal Circus. Uno slot che si libera. Ma saranno altre le realtà a prenderne l’eredità: Thailandia e Sudafrica spingono, forti di promoter pronti a investire cifre blu. Le trattative con Stefano Domenicali, CEO della massima serie del motorsport, sono in stato avanzato. Mentre con Napoli non c’è mai stata una minima interlocuzione. Anche perché non esiste un vero progetto. Quella di Rivellini è una suggestione, senza alle spalle un vero studio di fattibilità logistica ed economica.

Gp Napoli – Costi elevatissimi e sostegni incerti
Realizzare un Gran Premio cittadino non è solo questione di sogni: è una problematica di denaro. La sola fee da versare a Liberty Media può superare i 60 milioni di euro a stagione, e di certo non sarebbe inferiore ai 30 milioni che ha dovuto sborsare Monza per vedersi prolungare la permanenza in calendario.
Cifre a cui vanno aggiunti costi di allestimento, sicurezza, logistica, modifiche infrastrutturali e adeguamento alla normativa FIA. Montecarlo, per continuare nel parallelo con un layout analogo anche se non uguale, riesce nell’impresa non solo perché ha una configurazione urbana unica, ma appoggi istituzionali di primissimo livello (dal principe Alberto al governo monegasco) e sponsor multimilionari.
A Napoli – come ha candidamente ammesso anche Paolo Scudieri – “[…] difficilmente si potrà fare come a Monaco, dove i cittadini affittano i balconi a 30.000 euro”. Il sostegno istituzionale, per ora, è soltanto a parole. Manca un progetto concreto, un business plan realistico e il coinvolgimento attivo dell’Automobile Club d’Italia, partner necessario per qualsiasi candidatura.
Gp Napoli: gli ostacoli ambientali e sociali
E anche se si superassero vincoli internazionali ed economici, ci sarebbe da fare i conti con la città stessa. Napoli ha una lunga storia di opposizione civica verso eventi considerati “invasivi”. Non a caso, alcuni anni fa fu annullato un evento motoristico del campionato turismo proprio a causa delle proteste dei residenti che denunciavano l’impatto paesaggistico delle strutture temporanee. Il timore di “deturpare la vista” con tribune, cartelloni e barriere è ancora presente e basterebbe un piccolo movimento di resistenza per far naufragare tutto.

Gp Napoli: suggestione sì, realtà no
Il Gran Premio di Napoli è un’idea affascinante, evocativa, piena di potenziale mediatico ma anche tecnico, in un layout che potrebbe alternare tratti full gas, curve di percorrenza media-veloce, staccate che favoriscono i sorpassi e pieghe più lente per le quali servirebbe un compromesso aero-meccanico di difficile individuazione. Una sfida ingegneristica entusiasmante, quindi.
Ma oggi l’ipotesi GP di Napoli resta un abbozzo: una suggestione romantica più che un progetto realistico. Troppi i vincoli, troppi i costi, troppe le regole del Circus da aggirare. Per trasformare il sogno in realtà servirebbe una cabina di regia politica, economica e tecnica di altissimo livello, pronta a convincere Liberty Media, la FIA, l’ACI… e anche i napoletani.
Fino a prova contraria, il circuito che fa “tremare Montecarlo” resta confinato alle parole di un comunicato ricco di propositi ma vuoto di progetti, soldi e pragmatismo.
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