La retorica sul GP di Monaco si spreca. Ogni anno ci si lamenta delle strette stradine di Monte Carlo che, sommate alle enormi monoposto attuali, rendono vano ogni tentativo di sorpasso. I vari telecronisti ci hanno presentato la gara a due soste obbligatorie come una soluzione vincente, ma l’unica emozione nasceva dal fatto che il pilota inseguitore era a pochi decimi da quello davanti, senza però alcuna reale possibilità di attacco. Ci vendevano il vapore, ma il pubblico a casa – almeno quello rimasto sveglio – non ha l’anello al naso.

Ma che Gran Premio è stato?
Il solito. La regola “rivoluzionaria” delle due soste obbligatorie non ha rivoluzionato nulla. Abbiamo visto i soliti trenini di Monte Carlo. I piloti di Williams e Visa Cash App RB – rispettivamente Alexander Albon e Carlos Sainz, Liam Lawson e Isack Hadjar – hanno messo in atto un vero e proprio gioco di squadra, rallentando gli avversari per garantire il margine necessario ai propri compagni per effettuare il pit-stop senza perdere posizioni.
L’unico vero momento di pathos è stata la partenza: il poleman, l’inglese della McLaren Lando Norris, con un violento bloccaggio sembrava diretto verso la chiesetta di Sainte Dévote, ma è riuscito comunque a mantenere la testa alla prima curva.
Gli unici due ritiri sono stati quelli di Pierre Gasly – per la rottura dei freni in seguito a un tamponamento sulla Red Bull di Tsunoda, incredibilmente rimasta intatta – e di Fernando Alonso, con la power unit Mercedes andata in fumo alla Rascasse. Questo è quanto.
Menzione d’onore per George Russell, pilota Mercedes, spazientito dalla strategia al rallentatore della Williams: ha deciso di tagliare volontariamente la chicane del porto, rimediando così un passaggio extra nella corsia box con annesso drive-through, inflittogli dai commissari di gara.
Monaco è stata la gara perfetta per ogni appassionato di Formula 1
Monaco ha dimostrato ancora una volta l’altissimo livello dei 20 piloti in griglia. I ritiri di Gasly e Alonso sono stati causati da rotture meccaniche delle loro monoposto, che – ricordiamolo – oggi sono grandi quanto gli yacht attraccati nel Principato.
La prossima generazione di vetture sarà più compatta, ma difficilmente questo basterà a favorire i sorpassi. Secondo il celebre scrittore e giornalista sportivo Gianni Brera, una partita di calcio “perfetta” doveva finire 0-0. Ecco: questa è stata la gara di Monaco. Perfetta come uno 0-0 Zero sorpassi, zero emozioni.

Cosa bisogna fare per salvare Monte Carlo? Nulla.
Dopo ogni Gran Premio di Monaco, si torna a discutere del futuro dello storico tracciato, il cui contratto è valido fino al 2031. C’è chi vorrebbe una rivoluzione del layout, con un deciso allargamento del tracciato; chi propone una gara “a cronometro”, dove vince chi fa la pole; e chi, in maniera più drastica, lo vorrebbe fuori dal calendario del mondiale.
Secondo il mio modesto parere, Monte Carlo va bene così com’è. Nel Principato si corre una sola volta all’anno. È come il classico pranzo di Natale: non ci si vuole andare, ci si ritrova con parenti che non si vedono mai e che ti fanno domande scomode del tipo “quando ti sposi?”, ma alla fine ci si va comunque.
Monaco è così: viene una volta all’anno. E per una volta all’anno, possiamo accettarla così com’è. Anche perché le “pinne degli squali” degli altri Gran Premi emergenti, pronti a tutto pur di entrare in calendario, potrebbero davvero estrometterla un giorno.
Le stradine del Principato, insieme a quelle di Silverstone e Monza, sono la memoria storica della Formula 1. E vanno preservate ad ogni costo.
Crediti foto: F1, Scuderia Ferrari HP
Seguici sul nostro canale YouTube: clicca qui