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Home Editoriali

Monaco non si tocca: perché il GP più criticato della Formula 1 è anche il più autentico

Mentre la F1 rincorre lo show a ogni curva, il circuito del Principato ricorda cosa significa davvero essere un campione. Non sarà mai spettacolare per chi guarda, ma resterà sempre essenziale per chi guida.

Pietro Ginechesi by Pietro Ginechesi
29 Maggio 2025
in Editoriali, F1
Tempo di lettura: 3 minuti
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nessuno tocchi monaco
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Come un orologio svizzero, con l’arrivo della settimana di gara nel Principato, esplode la polemica stagionale: “Monte Carlo è noiosa”, “non si può sorpassare”, “le auto moderne sono troppo grandi”. Podcast, articoli, video reaction, slideshow con infografiche, bacchette in mano e toni da riformatori illuminati. È diventato un format in sé: l’episodio filler della stagione, un trend che dura pochi giorni, giusto il tempo di far salire un po’ di traffico sui social e poi… si sbarca a Barcellona e tutti si dimenticano di Monaco.

Cosa ha cambiato la regola della tripla mescola? Assolutamente nulla.

Per il 2025, la FIA ha tentato di movimentare le acque con una nuova regola: ogni team è obbligato a effettuare due soste in gara. Sulla carta, un incentivo alla strategia. Nei fatti, un’altra toppa inefficace. La realtà di Monaco è sempre la stessa: la qualifica è tutto. La gara, salvo incidenti o miracoli, si congela dopo la prima curva. Eppure, paradossalmente, è proprio questa prevedibilità a renderla affascinante.

Il Monaco GP è una gara noiosa?

Dipende da dove lo guardi. Per il pubblico generalista, sì. Ma è una tensione costante per chi è in macchina. E Monte Carlo non è uno show per chi guarda. È un esame per chi corre.

Chi cerca i “sorpassi a ogni giro” ha a disposizione tutto il resto del calendario, fatto di circuiti dalle vie di fuga larghe come autostrade, dove puoi tagliare una chicane come se nulla fosse, rientrare e riprovarci al giro successivo. A Monte Carlo no. Qui ogni curva è una condanna o una consacrazione. Nessuna zona d’ombra, nessuna via di fuga in asfalto che perdona l’errore. Ogni centimetro sbagliato si paga con una sospensione rotta o una gara finita.

Ci siamo talmente abituati a vedere piloti che “esplorano i limiti” tagliando chicane e allargando traiettorie senza conseguenze, che la selettività brutale delle stradine di Monte Carlo ci sembra anacronistica. Ma è il contrario: è l’unico circuito rimasto dove essere un vero campione conta ancora. Non basta avere la macchina migliore: bisogna avere coraggio, freddezza e un controllo assoluto.

Monaco non è più Formula 1? Forse è l’unica F1 rimasta.

L’argomentazione secondo cui “Monaco non è più adeguato alla Formula 1 moderna” regge solo se accettiamo che la Formula 1 moderna si sia svuotata dei suoi principi fondamentali: la sfida, l’errore che si paga, la precisione chirurgica.

Montecarlo non offre show prefabbricati né adrenalina di plastica. Offre l’essenza della guida, dove la differenza tra una pole e un disastro è un millimetro. Dove l’assetto si prepara esclusivamente per il sabato, e il team costruisce un intero weekend attorno alla qualifica, come se fosse una gara a sé stante.

E se l’unico modo per vincere è partire davanti, è perché chi parte davanti ha fatto un giro perfetto su un tracciato imperfetto. E non c’è nulla di più Formula 1 di questo.

Monaco non si cambia, non si cancella, non si discute

A Montecarlo non si sorpassa. Punto. E va bene così. Perché non ogni GP deve essere una giostra. Alcune tappe servono a ricordarci chi siamo e da dove viene questo sport. Il GP di Monaco non è un circuito tra tanti, è una prova di carattere, un rito di passaggio, una reliquia vivente che non può e non deve adattarsi alle esigenze dello spettacolo istantaneo.

Chi lo critica, in fondo, lo fa sapendo già che Monaco non cambierà. È solo un contenuto stagionale, un’occasione per discutere del nulla. Ma appena la Formula 1 mette piede in Spagna, Monaco torna nel cassetto, fino all’anno dopo. Quando, puntualmente, torneremo a criticarlo. E puntualmente, continueremo a correrci.


Crediti foto: Scuderia Ferrari HP

Tags: Monaco
Pietro Ginechesi

Pietro Ginechesi

Scrivo di Formula 1 perché non ho nessuno con cui parlarne.

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