Come un orologio svizzero, con l’arrivo della settimana di gara nel Principato, esplode la polemica stagionale: “Monte Carlo è noiosa”, “non si può sorpassare”, “le auto moderne sono troppo grandi”. Podcast, articoli, video reaction, slideshow con infografiche, bacchette in mano e toni da riformatori illuminati. È diventato un format in sé: l’episodio filler della stagione, un trend che dura pochi giorni, giusto il tempo di far salire un po’ di traffico sui social e poi… si sbarca a Barcellona e tutti si dimenticano di Monaco.
Cosa ha cambiato la regola della tripla mescola? Assolutamente nulla.
Per il 2025, la FIA ha tentato di movimentare le acque con una nuova regola: ogni team è obbligato a effettuare due soste in gara. Sulla carta, un incentivo alla strategia. Nei fatti, un’altra toppa inefficace. La realtà di Monaco è sempre la stessa: la qualifica è tutto. La gara, salvo incidenti o miracoli, si congela dopo la prima curva. Eppure, paradossalmente, è proprio questa prevedibilità a renderla affascinante.
Il Monaco GP è una gara noiosa?
Dipende da dove lo guardi. Per il pubblico generalista, sì. Ma è una tensione costante per chi è in macchina. E Monte Carlo non è uno show per chi guarda. È un esame per chi corre.
Chi cerca i “sorpassi a ogni giro” ha a disposizione tutto il resto del calendario, fatto di circuiti dalle vie di fuga larghe come autostrade, dove puoi tagliare una chicane come se nulla fosse, rientrare e riprovarci al giro successivo. A Monte Carlo no. Qui ogni curva è una condanna o una consacrazione. Nessuna zona d’ombra, nessuna via di fuga in asfalto che perdona l’errore. Ogni centimetro sbagliato si paga con una sospensione rotta o una gara finita.
Ci siamo talmente abituati a vedere piloti che “esplorano i limiti” tagliando chicane e allargando traiettorie senza conseguenze, che la selettività brutale delle stradine di Monte Carlo ci sembra anacronistica. Ma è il contrario: è l’unico circuito rimasto dove essere un vero campione conta ancora. Non basta avere la macchina migliore: bisogna avere coraggio, freddezza e un controllo assoluto.
Monaco non è più Formula 1? Forse è l’unica F1 rimasta.
L’argomentazione secondo cui “Monaco non è più adeguato alla Formula 1 moderna” regge solo se accettiamo che la Formula 1 moderna si sia svuotata dei suoi principi fondamentali: la sfida, l’errore che si paga, la precisione chirurgica.
Montecarlo non offre show prefabbricati né adrenalina di plastica. Offre l’essenza della guida, dove la differenza tra una pole e un disastro è un millimetro. Dove l’assetto si prepara esclusivamente per il sabato, e il team costruisce un intero weekend attorno alla qualifica, come se fosse una gara a sé stante.
E se l’unico modo per vincere è partire davanti, è perché chi parte davanti ha fatto un giro perfetto su un tracciato imperfetto. E non c’è nulla di più Formula 1 di questo.
Monaco non si cambia, non si cancella, non si discute
A Montecarlo non si sorpassa. Punto. E va bene così. Perché non ogni GP deve essere una giostra. Alcune tappe servono a ricordarci chi siamo e da dove viene questo sport. Il GP di Monaco non è un circuito tra tanti, è una prova di carattere, un rito di passaggio, una reliquia vivente che non può e non deve adattarsi alle esigenze dello spettacolo istantaneo.
Chi lo critica, in fondo, lo fa sapendo già che Monaco non cambierà. È solo un contenuto stagionale, un’occasione per discutere del nulla. Ma appena la Formula 1 mette piede in Spagna, Monaco torna nel cassetto, fino all’anno dopo. Quando, puntualmente, torneremo a criticarlo. E puntualmente, continueremo a correrci.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP