Il Gran Premio del Messico ha offerto una qualifica ad altissimo livello tecnico con un duello tra McLaren e Ferrari che pochi avrebbero preconizzato alla vigilia, offrendo molte più chance alla Red Bull di Max Verstappen che si è smarrita tra le alture dell’Hermanos Rodriguez. Alla fine, a spuntarla è stato Lando Norris, con un giro magistrale in 1:15.586, appena 262 millesimi più veloce di Charles Leclerc, secondo con la sua Ferrari SF-25.
Un margine minimo, ma sufficiente per fare la differenza su una pista in cui il compromesso aerodinamico, la gestione della potenza e la precisione nelle fasi di transizione tra curva lenta e media sono determinanti.
L’analisi telemetrica dei due giri, riportata nel grafico in basso, racconta una storia di finezze meccaniche e aerodinamiche più che di potenza pura. E conferma come la Rossa abbia trovato un equilibrio tecnico di alto livello, pur mancando quel guizzo decisivo che avrebbe potuto consegnare a Leclerc la pole position.

GP Messico, Settore 1 – Potenza e stabilità: il punto di partenza perfetto per entrambe
Il primo settore del tracciato messicano è un banco di prova per i motori e per la capacità di generare carico senza penalizzare la velocità massima. Sul lungo rettilineo iniziale, Norris e Leclerc arrivano alla staccata di curva 1 praticamente appaiati: la McLaren tocca i 344 km/h, la Ferrari sfiora i 342, a conferma di una configurazione aerodinamica molto simile.
La differenza nasce subito dopo. Norris riesce a mantenere un filo di gas costante nel cambio di direzione tra curva 1 e curva 2, un tratto in cui la MCL39 mostra una stabilità in appoggio leggermente superiore. Nel confronto del Throttle, il britannico mantiene una percentuale di acceleratore più alta nella transizione, portando qualche km/h in più nel punto di corda e migliorando la trazione in uscita dal complesso 1-2-3.
Leclerc, al contrario, deve gestire un retrotreno più leggero in rilascio. La SF-25, pur estremamente precisa all’anteriore, tende a una piccola instabilità in compressione, che obbliga il monegasco a una modulazione più prudente del gas per non perdere trazione sul cordolo interno. Il risultato è un primo delta di circa +0.15 secondi già alla fine del T1.
È una differenza minima, ma significativa: in un settore dove si accelera per oltre il 70% del tempo, ogni piccola indecisione in ingresso curva si amplifica lungo tutto il tratto successivo.

Gp Messico, Settore 2 – Il cuore tecnico del tracciato e il dominio McLaren
Se il primo settore è equilibrio, il secondo è pura sensibilità meccanica. È qui che Norris costruisce la pole, sfruttando la straordinaria reattività della sua McLaren nel tratto che va da curva 4 a curva 11.
L’analisi di Throttle e RPM mostra chiaramente come il britannico riesca a tornare sul gas con maggiore anticipo in uscita da curva 5 e 6. Dove Leclerc mantiene un 30-40% di acceleratore per gestire il pattinamento, Norris arriva rapidamente al 70%, mantenendo una progressione fluida e lineare. Il suo grafico dei giri motore (RPM) è più stabile, con meno oscillazioni nella zona dei 10.000-11.000 giri, segno di una trazione ottimale e di una mappatura motore perfettamente calibrata per queste condizioni.
La Ferrari, dal canto suo, ha mostrato un piccolo limite in inserimento, frutto del compromesso aerodinamico scelto dal team. Maranello ha optato per un assetto leggermente più scarico per ottimizzare la velocità sul lungo rettilineo principale e garantire una buona difesa in gara. Tuttavia, ciò ha penalizzato il bilanciamento nelle curve medio-lente, dove un po’ più di carico avrebbe permesso una percorrenza più stabile e tempi di rilascio dell’acceleratore più brevi.
In particolare, tra curva 7 e 9, la McLaren di Norris mostra una trazione impeccabile: la transizione da rilascio a pieno gas è più rapida, consentendogli di costruire un vantaggio che supera i +0.4 secondi nel grafico del “Delta Time”. È un tratto che esalta la capacità della MCL39 di generare carico meccanico attraverso le sospensioni, senza richiedere un’ala posteriore troppo carica.

Gp Messico, Settore 3 – La reazione Ferrari nel tratto lento
Il terzo settore, quello dello stadio, offre un quadro diverso. Qui la Ferrari torna protagonista, dimostrando che il pacchetto tecnico della SF-25, in questa fase del campionato, resta uno dei più equilibrati del lotto nelle curve a bassa velocità.
Tra curva 13 e 16, Leclerc sfrutta perfettamente la stabilità del posteriore e la trazione meccanica, recuperando parte del distacco accumulato nel settore centrale. Il grafico evidenzia come, nel tratto compreso tra la chicane e l’ultima accelerazione sul traguardo, il delta si riduca fino a +0.26, segno di una vettura più gestibile in trazione e di una migliore connessione tra motore e pneumatici posteriori.
Questa parte del tracciato è anche quella più sensibile al degrado termico, e la SF-25 si conferma particolarmente gentile sulle gomme posteriori. Il bilanciamento termico dell’asse posteriore, unito a una buona gestione del torque mapping, permette a Leclerc di sfruttare pienamente la potenza residua dell’ibrido senza pattinamenti. È un segnale incoraggiante in vista della gara, dove proprio la gestione della gomma Pirelli sarà il fattore chiave.

Ferrari: cosa è mancato per la pole
In definitiva, la differenza tra Norris e Leclerc non risiede nella velocità pura, ma nella qualità dell’erogazione e nella rapidità di applicazione del gas nei tratti di media velocità. La McLaren è riuscita a ottenere una finestra di funzionamento aero-meccanico ideale, mentre la Ferrari, pur velocissima nel lento, ha sofferto un piccolo squilibrio tra l’anteriore e il posteriore nei cambi di direzione più rapidi.
Leclerc ha estratto tutto dal pacchetto, ma il suo giro non è stato “a piombo” come quello del britannico: in curva 6 e curva 9 il monegasco ha dovuto correggere lievemente in trazione, perdendo fluidità in due punti che, messi insieme, hanno fatto la differenza.
Dal punto di vista tecnico, è probabile che la McLaren abbia lavorato con un assetto più rigido sull’anteriore e con una gestione termica più aggressiva dei freni, consentendo di scaldare meglio gli pneumatici anteriori e ottenere una risposta più pronta nella prima parte del giro.
Nonostante la pole sfumata, la Ferrari esce dal sabato messicano con sensazioni decisamente positive. Oltre alla P2 di Leclerc, anche Lewis Hamilton – autore di una brillante P3 con l’altra SF-25 – conferma la bontà del pacchetto. La SF-25 è apparsa stabile, reattiva e, soprattutto, prevedibile: tre qualità che in passato erano mancate a Maranello nelle piste in alta quota come Città del Messico. La squadra può guardare con fiducia alla gara, sapendo di poter contare su un passo costante e su una gestione buona.
La pole di Norris è il risultato di un giro perfetto, di una McLaren che, come sottolineava Leclerc in sede di presentazione del weekend messicano, si è confermata inarrivabile. Almeno con Norris poiché Piastri è ancora invischiato in difficoltà che non hanno spiegazioni tecniche. Ma la Ferrari è lì, pienamente competitiva e pronta ad attaccare in tandem. Se nel secondo settore si fosse trovata la stessa prontezza del primo e la stessa trazione del terzo, oggi parleremmo di un sabato completamente rosso. Ma ciò che conta davvero è che la SF-25 si è confermata veloce in ogni scenario, segno di un progetto maturo e di una direzione tecnica finalmente coerente.
Con una P2 e una P3 sulla griglia, la Ferrari spera di avere la possibilità di lottare per la vittoria. A volte, un decimo e mezzo può separare la pole dalla realtà, ma in Messico la realtà dice che la Rossa è tornata, e lo ha fatto con convinzione. Sempre che non arrivi il solito lift and coast a spoetizzare tutto…
Crediti foto: Formulacritica
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