GP Italia – I “Leoni della CEA”, gli uomini coraggiosi

Dietro un Gran Premio si celano centinaia di figure che rendono possibile lo svolgimento in piena sicurezza dell'evento. Ecco la breve storia dei Leoni della CEA

Contesto storico – È il 10 settembre 1978, giorno del Gran Premio d’Italia a Monza, 14ª prova stagionale. A contendersi il titolo, a tre gare dal termine, sono i piloti della Lotus-Ford Cosworth: l’italo-americano Mario Andretti, lo svedese Ronnie Peterson e il ferrarista argentino Carlos Reutemann.

La tragedia e il giorno del coraggio: nasce il mito dei Leoni della CEA

Durante il consueto warm-up della domenica mattina, Ronnie Peterson danneggiò la sua monoposto, che non fu più in grado di prendere parte alla gara. La Lotus decise così di ricorrere al “muletto”, la vettura di riserva, installando il motore della monoposto appena danneggiata.

SuperSwede“, come era soprannominato Peterson, notò problemi al propulsore e, alla fine del giro di ricognizione, rientrò ai box, ma venne subito rimandato in pista. Allo scatto del semaforo verde, ci fu un avvio caotico: alcune monoposto, in fondo allo schieramento, erano ancora in movimento e non si erano fermate nella propria casella in griglia.

Ronnie Peterson, scattato lentamente, vide sfrecciare tutte le vetture che erano partire lanciate. All’arrivo della chicane “Goodyear” si verificò un maxi-incidente che coinvolse dieci piloti: oltre a Peterson, furono coinvolti Pironi, Daly, Hunt, Stuck, Brambilla, Regazzoni, Lunger, Reutemann e Depailler.

Peterson ebbe la peggio: la sua monoposto, colpita da Hunt, collise con il guardrail e rimbalzò in pista, avvolta dalle fiamme. Brambilla e Stuck furono colpiti dalle gomme staccatesi dalle monoposto, con l’italiano che riportò ferite gravi.

Peterson, rimasto cosciente ma con gli arti inferiori fratturati, fu messo in salvo da Hunt e Regazzoni, e dai volontari della CEA Squadra Corse, che con tempestività e coraggio spensero le fiamme ed estrassero il pilota svedese dalla vettura. Ronnie morì il giorno dopo, all’Ospedale Niguarda di Milano, per un’embolia.

Per l’immenso coraggio mostrato in quell’occasione di estremo pericolo, gli uomini della CEA Squadra Corse furono soprannominati i “Leoni della CEA”.

Leoni della CEA
Ronnie Peterson e Mario Andretti

I Leoni della CEA salvano Gerhard Berger

Al Gran Premio di San Marino, a Imola, nel 1989, i “Leoni della CEA” furono ancora decisivi nel salvare la vita del pilota austriaco, il ferrarista Gerhard Berger.

Durante il quarto giro della gara, la Ferrari di Berger uscì alla curva “Tamburello” a più di 300 km/h, costeggiò il muro, prese fuoco e si fermò poco più avanti. I “Leoni” accorsero in appena 16 secondi sulla monoposto avvolta dalle fiamme e salvarono la vita al pilota austriaco.

Berger se la cavò con una costola rotta e ustioni alle mani, saltando il successivo Gran Premio di Monaco.


La morte di Paolo Gislimberti

Al Gran Premio d’Italia del 2000, a Monza, per un brutto scherzo del destino, il 10 settembre, 22 anni dopo il tragico incidente di Peterson, il tracciato brianzolo fu teatro della morte di un volontario della CEA Squadra Corse, Paolo Gislimberti.

Al via del Gran Premio, arrivati alla Variante della Roggia, una carambola coinvolse la Ferrari di Barrichello, le Jordan di Trulli e Frentzen, la McLaren di Coulthard, la BAR di Zonta e la Jaguar di Herbert. Una ruota si staccò dalla monoposto di Frentzen, oltrepassò il guardrail, privo di reti di protezione, e colpì violentemente il volontario della CEA Paolo Gislimberti. Trasportato prontamente in ospedale, morì poco dopo per arresto cardiaco.

Fu la prima vittima a causa di un incidente avvenuto in Formula 1 dopo la tragica domenica del 1° maggio 1994, a Imola, durante il Gran Premio di San Marino, in cui perse la vita il tre volte campione del mondo Ayrton Senna.

Paolo Gislimberti (a sinistra) posa accanto a Eddie Irvine

Ancora oggi, i “Leoni della CEA” seguono gli eventi del motorsport in Italia e nel mondo, garantendo la sicurezza dei piloti. Dopo il drammatico incidente di Jules Bianchi, durante il Gran Premio del Giappone del 2014, a Suzuka, avvenuto a causa di un contatto con un mezzo di servizio che stava rimuovendo la Force India di Adrian Sutil, le regole d’ingaggio sono cambiate.

I volontari non possono più lanciarsi in pista come avvenuto, per esempio, per salvare Berger a Imola. Oggigiorno, devono sottostare ai dettami della Direzione Gara ed entrare in pista solo con la “Virtual Safety Car” o con la Safety Car, o con il permesso del direttore di gara, perdendo di fatto l’autonomia e la celerità in situazioni di emergenza.

Quest’articolo è dedicato alle donne e agli uomini che garantiscono la sicurezza dei tracciati e dei piloti. Senza di loro, nessun evento legato al motorsport potrebbe tenersi.


Crediti foto: F1

Exit mobile version