Si attendeva solo la ratifica ufficiale, che è arrivata al mattino presto di un già caldo 10 giugno: Imola è fuori dal calendario 2026 della F1. La sottolineatura dell’anno è un esercizio quasi superfluo, visto che l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari rischia di accomiatarsi per sempre dalla categoria. Non era più compatibile, Imola, con le richieste esose – e forse fuori logica – di Liberty Media. E per questo paga dazio.
Lo storico tracciato disegnato sui saliscendi delle colline che sorgono intorno al fiume Santerno non sarà più il teatro di duelli rusticani tra i piloti della massima serie e probabilmente si dovrà reinventare come palcoscenico per altre categorie. A partire da quel WEC per il quale i promoter hanno effettuato lavori di ampliamento della zona box e del paddock. La Sei Ore di Imola, quindi, come evento apicale di un programma sportivo che certamente non muore con l’abbandono della Formula 1. Questo deve essere chiaro.
Ma il commiato fa male, perché se ne va un pezzo di storia del motorsport tricolore. E il dolore aumenta in maniera esponenziale se si pensa a come questo delitto sportivo si è consumato: quasi un accoltellamento alle spalle perché fino a qualche tempo fa i presupposti per una continuazione c’erano. E non lo diciamo noi di Formulacritica. No, lo avevano asserito i protagonisti di questa vicenda, che negli ultimi tempi ha assunto i caratteri del grottesco. Andiamo a vedere.

GP Imola 2023: l’inizio della fine
La gara mancata, l’evento annullato. Il Gran Premio di Imola del 2023 non fu disputato per via della drammatica alluvione che aveva colpito l’Emilia-Romagna, rendendo il campo di gara uno scenario lacustre incastonato in un contesto devastato che non poteva ovviamente ospitare centinaia di migliaia di tifosi, causando problemi logistici in un momento in cui le forze di sicurezza erano impegnate in questioni ben più serie.
In quei giorni i vertici della Formula 1, a partire da Stefano Domenicali, si affrettarono ad affermare che sarebbe stato fatto ogni tentativo per recuperare l’evento saltato, anche per ristorare quelle attività produttive che a causa della pioggia battente avevano subito danni incalcolabili. Promesse da marinaio, dirà qualcuno. In effetti, i buoni propositi espressi nei mesi successivi sono miseramente crollati e lo stesso Domenicali, nato e cresciuto in quel di Imola, ha tradito la sua terra, creando di fatto le condizioni per non recuperare quella gara.
È ovvio, non sarebbe stato un singolo GP a riscattare il futuro di Imola, ma recuperarlo, di certo, avrebbe rappresentato un segnale di buona volontà da parte dei vertici della Formula 1. Una Liberty Media che punta ai fatturati senza dimostrare cuore né anima. Rabdomanti dei dollari senza storia né tradizioni, che infatti non hanno perso un secondo ad accartocciare la pratica Imola per gettarla nel primo secchio dell’immondizia. Viene da sé che chi ha perpetrato questo tipo di atteggiamento non avesse la benché minima intenzione di prolungare una liaison che ormai si era spezzata.

GP Imola e l’ingratitudine di Liberty Media
Liberty Media è doppiamente colpevole perché, oltre a quanto evidenziato poc’anzi, si è macchiata di un’altra colpa: quella di aver sfruttato il palcoscenico imolese in una fase di difficoltà senza ripagare chi l’ha aiutata nel momento del bisogno.
Stagione 2020, pandemia di Covid che mordeva ferocemente, facendo vittime in tutto il globo. In quel contesto, l’autodromo Enzo e Dino Ferrari, in possesso della certificazione per poter ospitare la Formula 1, è stato un’ancora di salvezza per un campionato che rischiava però di non disputarsi. L’evento è stato organizzato in fretta e furia ed ha avuto un grande successo.
Ci si attendeva che quel tipo di atteggiamento, quella disponibilità totale e la capacità di aver salvato la Formula 1 da una crisi che rischiava di ammazzarla, sarebbero state in qualche modo ripagate. Nulla. Ha vinto il cinismo. Hanno vinto i capitali. Ha vinto la Spagna, che ottiene un secondo Gran Premio, anche se gli stessi dirigenti americani avevano detto che, al di là dell’anomalia statunitense, in nessun altro Paese ci sarebbero state due gare.
Entra Madrid, ennesimo circuito farsa costruito tra muretti cittadini. Spa-Francorchamps è costretta alla rotazione; Zandvoort dice addio; tracciati storici come quelli tedeschi e francesi restano ancora esclusi. La tappa imolese è vittima di questo meccanismo che favorisce chi riesce a pagare di più e organizzare eventi così grandi da offuscare la stessa gara. Bastava semplicemente essere più onesti ed evitare promesse cadute in nauseanti discariche.
GP Imola: istituzioni assenti
Altra faccia del problema: in Italia non si è mai seriamente creduto in Imola. Basta fare una rapida ricerca sul web per trovare decine di dichiarazioni di Angelo Sticchi Damiani, ex n°1 dell’ACI, che parlava dell’impossibilità di arrivare a due gare sul suolo italiano e della necessità di puntare su uno dei due teatri. Monza, nella fattispecie. Ma non si può attribuire tutta la responsabilità al solo Automobile Club Italia. C’è anche lo zampino della politica, locale e nazionale, che ha tirato la volata al solo impianto brianzolo, concedendo briciole e pie intenzioni a Imola senza mai dare seguito con atti concreti e risolutivi.
Dietro i proclami e la propaganda c’è sempre stato il vuoto. Dichiarazioni confezionate ad arte per imbonire le platee, ma non noi operatori del settore, che avevamo ben chiaro il giochino. Imola stava percorrendo il suo miglio verde mentre i rappresentanti politici di questo Paese ne tessevano le lodi e parlavano di una longevità impossibile.
La verità è che Imola è stata tradita da tutti, tranne che dai tifosi, che avrebbero pagato di tasca loro per averla ancora in calendario. Ma in certe decisioni il popolo non può metter bocca, né può incidere. Il potere decisionale spetta alle solite élite. S’intenda: è giusto che sia così, ma almeno evitate di prenderci per i fondelli.
Crediti foto: Imola, Liberty Media
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