Mentre in Francia i fan dell’Endurance festeggiano grazie a L’Equipe, in Italia ci si interroga. Il gigante mediatico, istituzione sportiva e televisiva nazionale francese, qualche giorno fa ha ufficializzato il rinnovo dell’accordo con il FIA World Endurance Championship fino al 2029, garantendo trasmissioni in diretta e in chiaro di tutte le gare, compresa la tanto amata 24 Ore di Le Mans, con un pacchetto persino ampliato.
Sì, avete letto bene: gratis, per tutti, senza abbonamenti, senza servizi a pagamento, senza barriere. Hyperpole inclusa. Ben 18 ore di diretta da Le Mans incluse. Contenuti speciali,L’Equipe broacaster WECo dietro le quinte, film ufficiali, highlights e aggiornamenti real-time via app e sito… inclusi. È un modello che in Europa quasi non esiste. E che in Italia, oggi, sembra fantascienza.
L’Equipe: un servizio pubblico “di fatto” per il motorsport
Dal 2021 L’Équipe si comporta come un vero “acceleratore” del WEC, investendo, raccontando, offrendo un accesso democratico allo sport. L’accordo rinnovato porta: dirette in chiaro di tutti gli 8 round del campionato; Hyperpole in diretta da Le Mans dal 2025; 18 ore di gara live nella corsa regina; contenuti editoriali potenziati; app e sito con risultati in tempo reale; un ecosistema narrativo che trasforma l’endurance in cultura popolare.
Vincent Broussard, CEO di L’Equipe TV, parla di orgoglio e accessibilità. Pierre Fillon e Frédéric Lequien sottolineano come l’accordo faccia del WEC una disciplina “aperta”, popolare, radicata nella cultura francese. È una visione chiara: il motorsport cresce se può essere visto da tutti.
E in Italia? La domanda che nessuno sembra voler affrontare. In Italia il WEC c’è, si vede, ma raramente si guarda davvero. E la domanda è inevitabile: perché non esiste un broadcaster italiano in chiaro che investa in questo sport? Non parliamo di cifre astronomiche come quelle della Formula 1. Non parliamo di un prodotto di nicchia: Ferrari, Toyota, Peugeot, BMW, Cadillac, Alpine, tutti insieme in un unico campionato. È uno dei contenuti più ricchi che il motorsport mondiale possa oggi offrire.
Eppure il WEC in Italia rimane confinato tra pay TV, piattaforme streaming a pagamento e nicchie di appassionati che si arrangiano come possono. Perché? Perché il servizio di stato non potrebbe investire lì? Alcuni interrogativi (scomodi): Le tv italiane sottovalutano ancora il motorsport non-F1? C’è paura di investire in un prodotto che richiede racconto, cultura, approfondimento? È un problema di diritti economici o di visione editoriale? Perché non possiamo avere un equivalente nostrano di L’Equipe, una tv che investa in qualità, sport e cultura senza formule di pagamento? Sono domande che toccano un nervo scoperto del nostro panorama mediatico.
Il paradosso tutto italiano
In Italia si vende il mito Ferrari come fosse ossigeno nazionale. Si celebra ogni vittoria, ogni podio, ogni ritorno nel mondo delle corse. Ci si esalta per Le Mans, per Giovinazzi e Pier Guidi campioni del mondo, per i trionfi del Cavallino in Hypercar. E poi? Per vedere tutto questo… bisogna pagare. In Francia no. In Francia lo sport è cultura popolare. È patrimonio accessibile. È, per usare le parole dell’ACO, una porta aperta alla disciplina.
Cosa ci insegna il modello francese
Che il motorsport non cresce chiuso in una stanza premium. Che una tv generalista può fare cultura, può creare pubblico, può far nascere passioni. Che la 24 Ore di Le Mans può essere un evento nazionale, non un prodotto per specialisti. E che il WEC, senza barriere, potrebbe diventare anche in Italia ciò che merita: uno spettacolo universale, una storia da vivere tutti insieme, davanti alla stessa diretta.
Siamo sicuri di potercelo permettere?
Il rinnovo francese fino al 2029 manda un messaggio chiaro: chi rende lo sport accessibile, vince. Cresce il campionato. Crescono i team. Crescono gli sponsor. Crescono gli appassionati. E allora la domanda finale è forse la più importante: In Italia stiamo aspettando chi, esattamente?
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