Come ogni anno, insieme al campionato del mondo di Formula 1, è partito anche quello di Formula 2, serie destinata ai giovani talenti e che, a differenza degli anni passati, sta vivendo un momento di grande notorietà specie per quanto concerne gli “analisti di F1” che spopolano sui social. Grazie all’improvviso debutto di Oliver Bearman su Ferrari, infatti, tutti hanno scoperto l’esistenza di questa categoria e dei giovani talenti che la affollano.
Tuttavia, per coloro che seguono regolarmente la F2, la prestazione di Bearman nel Gp dell’Arabia Saudita non è stata affatto una sorpresa, un po’ perché queste vetture permettono un adattamento molto veloce anche ai debuttanti (vedi Lawson lo scorso anno) e un po’ perché il talento di questo giovanissimo pilota si è reso evidente già nei vari anni trascorsi nelle categorie minori dove si è sempre laureato campione.
Il distacco tra Formula 1 e Formula 2
Oggi, da semi-sconosciuto, Bearman è diventato il più grande talento in circolazione e questo ha portato alla ribalta un problema ignorato da troppo tempo: un campionato che negli ultimi due anni ha laureato campioni conducenti di sicuro talento che però non hanno mai messo piede nella massima categoria. Nel 2024 abbiamo assistito ad un vulnus senza precedenti: tutti i piloti in griglia sono stati confermati e nessun giovane ha potuto trovare un posticino per esprimersi.
Quest’anno la categoria cadetta è piena come non mai di talenti, primi tra tutti Martens, lo stesso Bearman e il nostro Antonelli. Ma quali sono le prospettive per loro? Di Andrea Kimi si parla molto come probabile sostituto di Lewis Hamilton, tuttavia una domanda nasce spontanea: come potranno i rookie competere in una categoria così difficile e diversa dalla F2 con un giorno e mezzo di test o poco più?
Perché fino a che si tratta di debuttare e arrivare a punti va bene ma come potranno duellare per la vittoria battendo piloti che sono nella categoria da anni facendo solo pochissimi giorni di prove? Non è un caso che oggi tutti i team preferiscano l’usato sicuro.
Quanti talenti perderemo solo perché nessuno gli dà la possibilità di correre? Che senso ha veder in azione gente come Magnussen e Hulkenberg che sono lì giusto per fare il compitino o driver come Yuki Tsunoda che galleggia da anni senza mai aver convinto nessuno, bastonato anche da un debuttante assoluto come Liam Lawson?
I team minori, fino ad alcuni anni fa, erano la fucina dei giovani talenti che poi venivano “acquistati” dai top team attraverso il pagamento di esose penali. Oggi, invece, gli incassi per le scuderie arrivano dai diritti TV e dalla posizione in classifica per cui non c’è più tempo per far crescere nessuno.
Peccato perchè, come Ollie Bearman ha dimostrato, ci sarebbero tante belle storie da raccontare. Ma nella situazione odierna, con la chiusura mentale imperante, non le leggeremo mai.
Crediti foto: Haas F1, Scuderia Ferrari