C’era una volta la Formula 1, fabbrica di campioni

la Formula 1 è drasticamente mutata negli ultimi due decenni. Quella che era un fabbrica di campioni si è trasformata in una grande carrozzone fatto da tassisti più che da piloti

In un periodo storico in cui la Formula 1 vive un notevole calo di interesse, confermato da dati sugli ascolti per niente incoraggianti, i fan storici si domandano come si sia giunti a questo punto.

Nell’era dell’ibrido, di una F1 pronta a raggiungere l’obiettivo net-zero e, allo stesso tempo, ad accogliere il denaro delle industrie petrolifere, il marketing la fa da padrone riuscendo spesso a prevaricare sugli aspetti puramente sportivi.

Il risultato finale? Pochissima azione in pista e gare talmente noiose che portano lo spettatore a cambiare canale. In questo scenario, sono i protagonisti stessi della Formula 1 a venir meno, rendendo la figura del pilota sempre più marginale.

McLaren Mp4/4
L’iconica McLaren Mp4/4 motorizzata Honda con Ayrton Senna al volante

F1: quando il pilota contava più di ogni cosa

Non andremo a rispolverare i nomi della Golden Age, perché sarebbe un confronto piuttosto improbabile e una mancanza di rispetto per un’epoca in cui la F1 era uno sport estremamente pericoloso e spesso fatale.

Spostando l’attenzione verso il passato, giusto il necessario per non parlare di “ieri” ma focalizzandoci su un periodo che, ahimé, possiamo già chiamare “storia”, è fin troppo facile prendere come riferimento la figura di Michael Schumacher.

Michael Schumacher, salvatore della Ferrari e non solo

Il Kaiser della Formula 1, un uomo il cui più grande merito non è stato vincere 7 mondiali, ma dare una nuova immagine al motorsport, avvicinando milioni di fan all’azione in pista.

La scelta di passare alla Ferrari, dopo i devastanti successi ottenuti nella Benetton di Briatore, fu aspramente criticata dai fan della Rossa i quali, in pochissimo, tempo dovettero ricredersi.

In un’era in cui la F1 lavorava intensamente per incrementare la sicurezza delle monoposto, ci si rese conto che i sacrifici di Ratzenberger e Senna non dovevano essere vani e i piloti meritavano vetture più sicure o, quantomeno, un pizzico meno mortali.

In questo contesto, Michael Schumacher, con la sua forza d’animo e una propensione al duro lavoro, seppe prendere le redini della Ferrari dando vita a un ciclo vincente, con un dominio mai dato per scontato.

Michael Schumacher a bordo della Ferrari F1-2000

Il duro lavoro che ripaga

Piloti come Schumi sono da ritenersi talenti generazionali e chiunque abbia lavorato con lui ne ha potuto solo trarre beneficio.

Oltre alle doti innate in pista, il Kaiser è sempre stato l’uomo squadra perfetto: con la sua voglia di fare e la continua ricerca della perfezione, era in grado di far lavorare il suo team fino a notte fonda, anche per guadagnare un solo decimo di secondo.

Quando c’era Schumi in giro, tutti si sentivano esortati a dare il 130% e l’obiettivo era andare oltre ogni aspettativa, rendendo l’impossibile una solida realtà. Tutto ciò si rifletteva in pista, ma anche fuori, dando vita a duelli spettacolari e confronti sempre rispettosi con i rivali.

Una nuova era di limitazioni e noia

La Formula 1 attuale vede 10 team schierati in pista. 20 piloti pronti a tutto per raggiungere la gloria e diventare campioni del mondo. Almeno così cerca di vendere Netflix il suo “documentario” sulla F1.

La realtà attuale vede una competizione piuttosto blanda, con vetture fortemente limitate nelle performance a causa di regolamenti che ammanettano gli ingegneri e i piloti stessi, i quali giungono al primo GP con pochissime ore di test all’attivo (salvo guasti). In un contesto simile, i piloti sono stimolati a dare il massimo?

F1 – Partenza del Gp d’Arabia Saudita 2024

F1: un gruppo di tassisti

C’è chi incolpa Liberty Media per il recente calo di ascolti e ritiene che la dirigenza americana non abbia saputo valorizzare il suo prodotto, puntando solo a creare una fabbrica di petroldollari.

Nonostante siano numerosi i fattori a sfavore, è importante puntare l’attenzione sui veri grandi protagonisti della Formula 1: i piloti.

La F1 è un club chiuso, al quale possono accedere solo 20 driver quindi ci si aspetterebbe di vedere i migliori manici al mondo in pista, tutti col coltello tra i denti.

La realtà è ben diversa. Tra scuderie che non forniscono valore al campionato e altre che dominano la scena senza alcuna pietà, almeno 19 piloti non scendono in pista con l’obiettivo di vincere. Ci si accontenta delle briciole e non si fa nulla per tentare di migliorarsi, per superare il limite e cercare di compiere imprese epocali.

I piloti non sembrano più essere motivati a dare il massimo e le gare assumono le sembianze di trenini, in cui ognuno ha il suo posto assegnato e non ha alcuna intenzione di mettere la freccia a sinistra e fare un sorpasso.

L’unica figura che può fare la differenza in una F1 irrimediabilmente noiosa ha deciso di gettare la spugna e diventare parte dello show, accettando ogni anno la stessa sceneggiatura.

Anche lo stesso Verstappen, cannibale in pista, si rivela una mera pedina quando ritratta le sue critiche al “best GP Ever” di Las Vegas. Ed è con questo muro di testo che voglio esortare i piloti a spegnere il tassametro e cominciare a prendersi qualche rischio in più, non solo sul fronte sportivo, ma anche politico.


Crediti foto: F1, Scuderia Ferrari, McLaren F1

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