È paradossale: arriva il mese della primavera e Adrian Newey smetterà di fare il giardiniere proprio quando ci sarebbe da dissodare la terra, seminare piantine e cominciare a vedere i primi fiori germogliare, crogiolandosi a un sole pallido che via via si farà sempre più caldo.
Il gardening è finalmente terminato, la “reclusione” professionale del genio di Stratford-Upon-Avon è giunta al termine. Un momento simbolico, quello che probabilmente si consumerà lunedì prossimo, quando l’ingegnere varcherà i cancelli della Aston Martin con i colori sociali indosso e potendosi muovere liberamente nel campus di Silverstone senza sembrare un recluso con la condizionale che cerca di evadere dai domiciliari per andarsi a comprare un pacchetto di sigarette.
Andrian Newey: un pilastro mancante per due team
C’è molto simbolismo dietro questa data, poiché Newey rappresenta una colonna che sta mancando alle due strutture che se lo sono contese negli ultimi tempi. Alla Red Bull, reduce da test invernali che definire criptici è poco e che sicuramente hanno deluso chi pensava che la RB21 mettesse le ruote in pista dimostrandosi subito solidissima ed efficace. No, la monoposto curata da Pierre Waché è una macchina apparsa convenzionale, paragonata all’ultima creatura firmata dal genio inglese, e per giunta non ha sciorinato quelle prestazioni stravolgenti a cui eravamo abituati.
Adrian è mancato anche al team che lo ha appena ingaggiato. Avevo raccontato a lungo che quello della Aston Martin rischia di essere un anno di transizione, sospeso tra un presente figlio di un passato tecnico difficile e un futuro potenzialmente roseo, ma comunque tutto da scrivere con nuovi partner professionali, finanziari e tecnici.
La AMR25 che abbiamo visto in pista nella tre giorni di test del Bahrain è sembrata a tratti una monoposto agghiacciante: lenta, un pizzico goffa, forse addirittura arretrata nella scala dei valori rispetto a un 2024 anonimo, in cui ha chiuso mestamente quinta in classifica a distanze da cannocchiale interplanetario dal poker che ha animato la stagione.
Newey a questa macchina non ha messo mano, poiché stava scontando le sue prigioni tecniche in virtù di un accordo siglato con Red Bull che lo incatenava alla non-operatività. Chiaramente nessuno può imbrigliare la mente. La stella della progettazione avrà sicuramente fatto turbinare le meningi per trovare soluzioni che non dovrebbero investire la vettura 2025, ma che dovrebbero essere direttamente spese per il modello 2026, al quale Aston Martin rischia di lavorare in via quasi del tutto esclusiva se la AMR25 si dovesse presto rivelare una vettura senza futuro né margini tecnici su cui agire.
Prenderà in mano il progetto? È possibile che lo faccia parzialmente, che possa dare qualche suggerimento a chi ha definito la vettura, che comunque non è una sua creatura. Adrian non è abituato a prendere le cose in mano in corso d’opera. No, lui vuole ripartire da un foglio bianco e le regole 2026 gli consentono di avere una grande chance da questo punto di vista: aerodinamica del tutto riscritta, meccanica che deve adeguarsi a questo contesto con impianti frenanti del tutto diversi, soprattutto al posteriore, dove il recupero di energia sarà maggiorato in virtù del potenziamento del KERS, e motori nuovi, con schemi creati da quella Honda con cui Newey ha collaborato con grande successo e ottimo feeling.
Adrian Newey: una risorsa per il 2026 e oltre
Oggi termina formalmente il gardening, ma nessuno si aspetti che da domani la Aston Martin venga rivoltata come un calzino per presentarsi in Australia, tra 13 giorni, con rinnovate speranze. Il 2025 per Lance Stroll e Fernando Alonso potrebbe essere un calvario, un’ordalia del fuoco, un passaggio in un angusto e terribile anfratto per poi giungere a un 2026 del tutto diverso.
Il campionato che sta per cominciare presenta un rischio grosso: quello di vedere competitor che, avvedutisi del ritardo massiccio accumulato dalla vetta, decidano scientemente di fare da spettatori non paganti, mollando la tenzone e settandosi sull’anno che verrà. È un rischio che la Formula 1 ha provato a scongiurare consentendo agli ingegneri di lavorare alle nuove regole soltanto dal primo gennaio 2025, ma nonostante ciò la deriva non può essere del tutto arginata.
La tre giorni di Sakhir ha riconsegnato agli osservatori una vettura problematica, i cui margini di miglioramento restano ad oggi un mistero irrisolto. Se la scuderia di Lawrence Stroll – e chiudiamo con un altro paradosso – dovesse andare molto male, sarebbe un gran bel problema nel nuovo scenario normativo.

Ci sarebbe poco da ridere o da godere delle disgrazie sportive della Verdona, perché più questa annaspa nelle zone meno nobili della classifica, più significherà che i tecnici stanno lavorando in chiave 2026, avendo tra l’altro più tempo a disposizione con un meccanismo dell’Aerodynamic Testing Restriction che li andrebbe a premiare ancor di più e che darebbe tante ore di lavoro a un ingegnere come Newey, il quale potrebbe letteralmente esaltarsi anche grazie alla nuova galleria del vento ormai operativa nel campus di Silverstone.
Insomma, il 2025 della Aston Martin potrebbe essere quel classico fondo dragato tra nuvole di fango in sospensione necessario per caricarsi a molla e volare nell’iperspazio. Adrian Newey ha riposto zappe, pale, concimi e tubi di irrigazione e da oggi ha ripreso matita e tecnigrafo con la ferrea determinazione di chi vuole dimostrare agli altri di essere ancora capace di definire il benchmark della Formula 1.
Crediti foto: Aston Martin, Oracle Red Bull Racing