F1 – È un vero piacere vedere la griglia di partenza della massima formula piena zeppa di giovani talenti dopo tanti anni di eccessiva stabilità che aveva reso il parco piloti decisamente stantio, con i team che preferivano puntare sull’usato sicuro piuttosto che su giovani immaturi nel presente ma dal futuro radioso.
Diciamo immediatamente che la ventata di freschezza si è percepita fin da subito, poiché tutti i debuttanti hanno offerto prestazioni all’altezza del sedile che occupano, regalando in molti casi guizzi degni di nota che hanno sorpreso coloro i quali non seguono le categorie minori nelle quali questi ragazzi, chi più chi meno, hanno fatto cose egregie.
A differenza del passato, sono quasi scomparsi i piloti con la valigia, e questo è un indubbio merito della Formula 1 attuale legato al fatto che i soldi “veri”, grazie ai diritti televisivi e al marketing, vengono erogati in base alla posizione in classifica a fine campionato piuttosto che dagli sponsor, ed è questo aspetto che ha guidato la scelta dei team verso piloti che possano fare la differenza in pista rispetto alla dote economica che possano portare.
Valutare un talento è difficile perché le variabili sono tante ed impattano in modo significativo sulla prestazione. È doveroso considerare in primis due elementi per poter formulare un giudizio valido, e sono la qualità del mezzo e del team, fattori fondamentali nella F1 odierna dove le prestazioni delle monoposto sono molto vicine e un gap di pochi decimi può costare anche 10 posizioni in griglia di partenza.
Avere un team di qualità che sappia supportare i giovani, gli dia quella sicurezza di andare in pista sapendo di avere la fiducia di tutti, gli permetta di avere una monoposto valida con cui esprimersi, e strategie che massimizzino il risultato anziché vanificare gli sforzi fatti in pista, spesso rappresenta lo spartiacque tra il valorizzarsi avendo la possibilità di aspirare a sedili più importanti o bruciarsi perdendo definitivamente il treno della massima formula.
Il talento più atteso e osservato è sicuramente Andrea Kimi Antonelli. Il rookie più “mediatico”, da subito battezzato come un futuro campione cresciuto con il supporto di un colosso come Mercedes (vantaggio non da poco), probabilmente grazie anche agli auspici del padre, da sempre addentrato nel giro delle corse, che ha saputo fare le mosse giuste per valorizzare le doti del figlio emerse fin da quando ha iniziato a girare con i kart.

Debutto in sordina, senza infamia né lode, segno di intelligenza e saggia gestione, perché debuttare così giovani, senza un’esperienza significativa in un top team come quello anglo-tedesco, ha il vantaggio di potersi mettere in mostra più facilmente ma anche il rischio di bruciarsi in maniera irreversibile.
Molto deve aver pesato la figuraccia di Monza, che ha suggerito un basso profilo rispetto all’hype eccessivo intorno al ragazzo. Comunque, di certo possiamo sottolineare che gli errori sono stati pochi e non decisivi; come prestazione, in generale, non è apparso molto lontano dal forte compagno di squadra e alcuni sprazzi di gran pilotaggio si sono anche visti, anche se resi più evidenti rispetto ad altri piloti meno attenzionati dai media.
È mancato il guizzo, la prestazione che fa rimanere a bocca aperta, ma ci sarà tempo per farla. È giusto in questa fase crescere ed imparare tenendosi lontano dai guai, anche perché i detrattori sono dietro l’angolo pronti a sparare a zero. Noi, tuttavia, lo aspettiamo fiduciosi.

Ma nello specifico, quale altro talento si è messo più in mostra rispetto agli altri?
Sicuramente Oliver Bearman ha avuto i migliori exploit, confermando di essere un gran “manico”. Tutte le volte in cui la Haas lo ha consentito, si è dimostrato veloce sia in qualifica sia in gara, stando spesso davanti al compagno di squadra, uno dei piloti migliori in griglia.
Cresciuto nell’academy Ferrari, è un peccato non aver voluto investire in questo talento cristallino che ha vinto ovunque nelle formule minori, preferendogli un campione a fine carriera che potrà rappresentare il presente ma non certo il futuro del team di Maranello.
Altro rookie, questa volta poco conosciuto, è Isak Hadjar, pilota veloce e fumantino, classificatosi secondo nello scorso campionato di F2. Figlio di un professore di fisica quantistica, il francese ha ben figurato perché, dopo l’ingenuità di Melbourne sottolineata indegnamente da Helmut Marko, ha saputo mantenere la calma e tirare fuori dal cilindro prestazioni di alto livello, sorprendendo tutti anche nel confronto con il compagno di squadra ben più esperto.
Passiamo a Jack Doohan, il classico “morto che cammina”, vittima designata già prima del debutto per far spazio all’eroe dei webeti Franco Colapinto, scelta poco comprensibile visto il curriculum di entrambi, nettamente a favore del pilota australiano, e delle prestazioni al debutto di Franco Colapinto che, dopo un’ottima prestazione nel primo gran premio, ha distrutto numerose monoposto facendo molti più danni che punti. Una scelta poco sensata: preferire un pilota con più talento ad uno più mediatico ma poco altro (a Bari lo definirebbero nu rizz vacand, ovvero riccio di mare senza frutto).

Personalmente faccio fatica a giudicare piloti come lui e Liam Lawson perché hanno corso in condizioni ambientali molto sfavorevoli, con team che hanno deciso già in partenza di liberarsi di loro e, in queste condizioni, in cui già un pilota esperto sarebbe in difficoltà, per un pilota senza esperienza è praticamente impossibile ben figurare.
Una nota a margine merita il pilota americano, presentatosi nella massima formula con arroganza, sottovalutando alla grande le difficoltà legate all’approccio di un team difficile come la Red Bull, dove ogni energia è rivolta al leader indiscusso Max Verstappen. Errore che ha probabilmente bruciato la carriera di Lawson, anche se la possibilità di guidare per lo Junior Team Red Bull potrebbe offrirgli una possibilità di riscatto, ma dovrà fare miracoli che per ora non si sono visti.
Per quanto non siano affatto scarsi, posso dire con estrema certezza che difficilmente faranno la carriera dei due illustri papà, vere leggende del motociclismo.

Dulcis in fundo il talento forse migliore ma più sottovalutato
Parliamo di Gabriel Bortoleto, fresco campione di Formula 2 al debutto nell’anno più difficile di sempre, vista l’abbondanza di piloti molto competitivi, dopo aver conquistato anche il titolo di Formula 3 l’anno prima. Il giovane brasiliano ha subito impressionato nelle prime gare, nonostante il mezzo meno veloce in griglia, ma si è plafonato nei gran premi successivi per la scarsa competitività del mezzo.
Speriamo non si perda per colpe non sue, visto che in quest’epoca prettamente risultatista anche gli addetti ai lavori sono spesso influenzati più dai risultati che dalle reali doti espresse in pista.
Queste considerazioni rappresentano comunque solo una prima impressione, perché la stagione è lunga e sicuramente ci saranno tante occasioni per mettersi in mostra. Solo una cosa mi sento di dire: ed è che in F1 adesso ci sono i top driver dei prossimi anni.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Oracle Red Bull Racing, Haas F1, Sauber
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