La FIA ha presentato un nuovo sistema di protezione per le ruote posteriori nei kart, sviluppato per ridurre il rischio che i mezzi “decollino” dopo un contatto ruota contro ruota. Un passo avanti sul fronte della sicurezza? Certamente. Ma come spesso accade, l’altra faccia della medaglia apre una riflessione più profonda: quale sarà l’impatto di queste innovazioni sulla percezione del pericolo da parte dei piloti, soprattutto i più giovani?
Come funziona il nuovo dispositivo FIA per i kart
Il Dipartimento Sicurezza FIA ha sviluppato un sistema che copre la ruota posteriore e impedisce il contatto diretto con quella anteriore del kart avversario. Questo tipo di contatto è tra i più pericolosi nel karting perché può sollevare un mezzo da terra e causare ribaltamenti spettacolari quanto rischiosi.
I primi test, in laboratorio e in pista, hanno dato risultati incoraggianti. Il debutto ufficiale avverrà a Cremona, durante la Coppa del Mondo FIA Karting nella categoria Academy Trophy – Junior. Se i riscontri saranno positivi, il dispositivo sarà esteso anche ad altre categorie a partire dalla prossima stagione.
Sicurezza o perdita della percezione del rischio nei giovani piloti?
Qui si apre il dibattito. Nessuno discute l’importanza di salvare vite o ridurre la possibilità di incidenti gravi: se la tecnologia c’è, va usata. Tuttavia, c’è un rischio culturale da considerare.
Nel karting, che spesso è il primo passo della carriera per i piloti in erba, la gestione del pericolo fa parte della formazione. Un contatto troppo aggressivo, una staccata eccessiva o una traiettoria sbagliata devono avere conseguenze che insegnano al pilota i limiti da non oltrepassare. Se la tecnologia elimina del tutto la possibilità di errori puniti sul piano fisico, non si rischia forse di crescere una generazione di piloti che non temono di esagerare?
In altre parole: la sicurezza non deve trasformarsi in illusione di invulnerabilità.
E se la FIA introducesse il sistema anche in Formula 1?
Per assurdo, potremmo chiederci: se il ruota a ruota è pericoloso anche in Formula 1, perché non introdurre anche lì un sistema simile? Immaginate le monoposto con protezioni sulle ruote posteriori, come se fossero versioni evolute dei paraschizzi provati (e subito bocciati) in F1.
La provocazione serve a mostrare un punto chiaro: il motorsport vive del suo equilibrio fragile tra rischio e sicurezza. Togliere completamente il rischio significherebbe snaturarlo. È giusto progredire con tecnologie innovative, ma senza dimenticare che i piloti – dai bambini che iniziano col karting fino ai campioni di F1 – devono crescere imparando a rispettare i limiti, non solo delle regole, ma anche delle leggi della fisica.
La sfida del futuro: protezione sì, ma senza illudere i piloti
Il nuovo dispositivo anti-decollo rischia di inserirsi in un percorso che toglie progressivamente ai piloti la percezione reale del pericolo.
Basta guardare cosa succede già oggi nelle feeder series: negli ultimi anni abbiamo assistito a incidenti gravissimi in Formula 2 e Formula 3, spesso figli di manovre troppo ottimistiche, divebomb da veri kamikaze e staccate infinite in curva 1, dove le enormi piazze asfaltate hanno sostituito la ghiaia punitiva. In tanti casi, chi sbaglia non paga nessuna conseguenza reale: rientra, a volte guadagna persino posizioni, e al massimo riceve un warning.
Se a questa dinamica si aggiunge la convinzione che la tecnologia “ti salverà sempre”, allora il rischio è quello di crescere generazioni di piloti più aggressivi, meno rispettosi e meno consapevoli. È paradossale, ma proprio mentre la FIA alza gli standard di sicurezza, aumenta la possibilità che i giovani piloti imparino che la paura del contatto non esiste più.
E se domani qualcuno proponesse davvero di montare protezioni anti-decollo anche in Formula 1? Sarebbe un misero tentativo di sterilizzare uno sport che vive della sua componente di rischio. Perché il motorsport deve essere sicuro, ma non può trasformarsi in un parco giochi senza conseguenze.
Crediti foto: FIA