Il clima che accompagna l’avvicinamento alle elezioni presidenziali FIA del 12 dicembre assomiglia sempre più a quello di una consultazione “bulgara”, nella forma e nella sostanza. La Federazione Internazionale dell’Automobile ha infatti dichiarato ufficialmente Mohammed Ben Sulayem come unico candidato idoneo a correre per la presidenza, certificando che nessun avversario sia riuscito a rispettare i requisiti per presentare una lista alternativa.
Una situazione che, di fatto, trasforma il voto di Tashkent (capitale dell’Uzbekistan in cui si terranno le elezioni) in una semplice ratifica del mandato dell’attuale presidente, con implicazioni politiche ed etiche che stanno scuotendo l’intero motorsport.

La vicenda è diventata oggetto di contenzioso dopo che Laura Villars, unica aspirante sfidante rimasta, ha ottenuto dal Tribunale giudiziario di Parigi il diritto a far ascoltare le proprie denunce contro il processo elettorale. Secondo la manager francese, le regole che governano la formazione della lista presidenziale – un pacchetto di undici persone, dal presidente del Senato fino ai vicepresidenti per lo sport delle varie regioni – avrebbero reso impossibile a qualsiasi altro candidato mettere insieme una squadra conforme alle norme FIA.
La questione ruota intorno al meccanismo di pre-selezione dei vicepresidenti per lo sport: per essere considerati eleggibili, devono provenire dall’elenco dei candidati approvati per il World Motor Sport Council. Un elenco che, per la regione sudamericana, comprendeva un solo nome: Fabiana Ecclestone, peraltro già inserita nella squadra di Ben Sulayem. Questo singolo dettaglio tecnico ha finito per fungere da diga invalicabile, impedendo automaticamente la nascita di qualunque lista alternativa.
FIA: Tim Mayers e Laura Villars bloccati
È proprio su questo punto che si concentra l’accusa di “sistema chiuso”: i potenziali rivali, da Tim Mayer a Villars fino a Virginie Philipott, non avrebbero avuto materialmente la possibilità di completare la loro lista presidenziale, rimanendo bloccati da un regolamento che, pur essendo in vigore da anni, in questa occasione ha prodotto un effetto monolitico.
Da qui sono nati prima gli appelli al comitato etico FIA, poi l’azione legale avanzata da Villars. E mentre il giudice parigino si riserva di emettere un verdetto il 3 dicembre – che potrebbe, in teoria, portare alla sospensione delle elezioni – la macchina elettorale della FIA non si è fermata e ha proseguito con la pubblicazione ufficiale dei nomi.

Il documento diffuso dalla Federazione è inequivocabile: l’unica lista presidenziale accettata è quella del team guidato da Mohammed Ben Sulayem. Un blocco compatto che include figure consolidate come Carmelo Sanz de Barros alla guida del Senato, Timothy Shearman per Mobilità e Turismo, e un gruppo di vicepresidenti per lo sport provenienti da ogni area del mondo. Una configurazione che, nei fatti, sancisce l’impossibilità di un voto competitivo e consegna al presidente uscente un percorso senza ostacoli verso la riconferma.
Dal canto suo, la FIA continua a difendere la piena legittimità del processo, ribadendo che criteri, scadenze e modalità siano stati pubblici e identici a quelli applicati nelle precedenti elezioni. Eppure, pur mantenendo una forma regolamentare ineccepibile, il risultato appare politicamente delicato: in una federazione che gestisce gli interessi sportivi ed economici più importanti del motorsport mondiale, l’assenza stessa di un confronto elettorale mina la percezione di trasparenza e pluralismo.
Il paradosso è evidente: un sistema costruito per garantire rappresentatività globale ha finito per ridurre a uno solo il numero dei candidati possibili. E mentre si attende la decisione del tribunale francese, la sensazione è che il 12 dicembre non andrà in scena un’elezione, ma una proclamazione. In perfetto stile “bulgaro”.
Crediti foto: Laura Villars, FIA
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