Nell’imminenza dell’implementazione della nuova generazione di unità propulsive per il 2026, emerge una significativa dicotomia interpretativa tra la FIA, l’ente che organizza e regola il campionato di Formula 1 e chi la massima serie la detiene: la FOM. Ossia Liberty Media.
Al fulcro di questa dialettica si colloca Mohammed Ben Sulayem, presidente dell’ente parigino che, nel pieno di una campagna elettorale infuocata per la rielezione, rivendica con determinazione paradigmatica la necessità di una transizione verso configurazioni motoristiche caratterizzate da maggiore semplicità architettonica, ridotta massa specifica e sostenibilità ambientale incrementale.
Il modello definito da Place de la Concorde sarebbe un V8 ibrido con diverse parti standardizzate, a partire dalle trasmissioni. Tale posizione non costituisce una manifestazione estemporanea di dissenso, bensì un’articolata strategia di anticipazione della successiva rivoluzione tecnologica del Circus che dovrà essere operata nel 2031, quando scadrà il subentrante contesto normativo.

Normativa regolatoria in fase embrionale e contestazioni sistemiche
Le power unit destinate al ciclo 2026, benché ancora distanti dalla loro materializzazione operativa in ambito competitivo, sono già oggetto di intense controversie tra gli stakeholder dell’ecosistema del motorsport. Le modificazioni previste – l’eliminazione dell’MGU-H (Motor Generator Unit – Heat), l’introduzione di carburanti sostenibili, le variazioni nella generazione della potenza elettrica – non risultano sufficienti a garantire il consenso unanime degli attori coinvolti. La quadratura del cerchio è stata trovata, ma non senza aver lasciato sul campo alcuni scontenti. Tra questi Red Bull che ha lottato fino all’ultimo per una revisione delle quote di potenza mai arrivata.
La problematica è endemica e permea cronicamente l’ambiente dei Costruttori: i propulsori del futuro rischiano di configurarsi come eccessivamente onerosi dal punto di vista economico, troppo complessi nella loro architettura e troppo distanti dalla filosofia di accessibilità e competitività equa auspicata dal settore. Non è casuale che, nei mesi precedenti, sia stata vagliata persino l’ipotesi – successivamente scartata per mancanza di consenso – di un ritorno ai V10 aspirati. Proposta che, seppur estemporanea, ha evidenziato l’ampiezza del malcontento diffuso.
Strategia di semplificazione: configurazioni leggere, standardizzazione e riduzione dell’Ibridizzazione
La proposta formulata da Ben Sulayem si articola secondo una metodologia multidimensionale chiaramente delineata. In un’intervista concessa a The Race, il vertice della FIA ha delineato una strategia che prevede l’implementazione di motori V8 dotati di una quota minima di componente ibrida – approssimativamente il 10% della potenza complessiva – e caratterizzati da un ampio utilizzo di componenti standardizzate: unità ibride, trasmissione, carburante. Il tutto da realizzare attraverso un fornitore unico per ciascun ambito tecnologico.
Secondo la visione presidenziale, la razionalizzazione tecnica comporterebbe una riduzione drastica dei costi operativi e della complessità sistemica, senza rinunciare completamente alla componente elettrica. Tale concezione, se approvata, potrebbe entrare in vigore già nel 2029 o 2030, anticipando la conclusione naturale del ciclo regolamentare che avrà inizio nel 2026.
“Le squadre e i costruttori sono consapevoli dell’insostenibilità della traiettoria attuale, ha dichiarato Ben Sulayem. “Necessitano unità più leggere, semplificate, con fornitori unici per ibrido, carburante e trasmissione. È una questione di razionalità sistemica“.

Nodo politico-decisionale: il consenso dei Costruttori
Per rendere operativa questa trasformazione, tuttavia, la FIA necessita di una maggioranza qualificata tra i produttori di motori. Senza l’accordo di almeno cinque dei sei motoristi attualmente impegnati nello sviluppo delle nuove power unit (Mercedes, Ferrari, Red Bull-Ford, Alpine, Audi, Honda), qualsiasi modifica radicale al regolamento resterebbe inefficace. Ma non basta perché c’è da convincere i team e i rappresentanti della FOM. I soggetti che, in pratica, hanno bocciato sul nascere la prima proposta di arrivare a motori plurifrazionati già nel 2028.
Il dialogo istituzionale è comunque avviato. Il presidente ha confermato che sono in corso confronti con alcuni fornitori, in un clima di apertura e scambio di idee. Anche in caso di mancata approvazione, Ben Sulayem rivendica il merito di aver sollevato la problematica.
“Se non otterremo il consenso necessario, potremo comunque attestare di aver tentato. La FIA non subisce mai sconfitte definitive, poiché il regolamento – nella prospettiva temporale estesa – ritorna sempre sotto la sua giurisdizione“, ha aggiunto il manager emiratino.
Il timore della standardizzazione
La standardizzazione rappresenta cronicamente un tema sensibile nell’ambito della Formula 1. L’introduzione di forniture uniche viene percepita con sospetto da molte squadre, gelose del know-how tecnico proprietario. Tuttavia, non mancano i precedenti: nel 2008 fu introdotta una centralina unica per tutte le vetture, sviluppata da McLaren Electronic Systems, e quella scelta – seppur controversa – ha dimostrato solidità temporale.
Ciononostante, estendere quel modello a settori critici come il sistema ibrido o la trasmissione implicherebbe un profondo ridimensionamento delle libertà progettuali, oltre che un cambiamento culturale non indifferente. Più accettabile, ma comunque complesso, sarebbe l’utilizzo obbligatorio di materiali meno costosi per realizzare determinate componenti.

Aspetto economico-finanziario: contenere costi esponenziali
Uno dei punti centrali della proposta concerne il contenimento dei costi operativi. Attualmente una power unit presenta un valore che oscilla tra 1,8 e 2,1 milioni di dollari. Secondo le stime della FIA, l’introduzione di motori più compatti, meno sofisticati e parzialmente standardizzati potrebbe ridurre questi costi fino a un quarto della cifra attuale.
Parallelamente, si mira anche a un alleggerimento delle unità propulsive: l’eliminazione delle batterie più ingombranti e il ridimensionamento del sistema ibrido potrebbero contribuire decisivamente al contenimento della massa, altro parametro nevralgico per le prestazioni e l’efficienza competitiva. Sulla carta si arriverebbe a un risparmio cospicuo, ma i costi per rielaborare propulsori così concepiti potrebbero essere elevatissimi. Questo elemento potrebbe essere superato con la standardizzazione di alcune parti, ma si tornerebbe al problema della ritrosia dei motoristi che sono molto gelosi dei segreti industriali.

Power Unit F1 – FIA: visione strategica o frattura sistemica?
Ben Sulayem si muove su un crinale delicato: da un lato propone un futuro più razionale e accessibile, dall’altro mette in discussione un impianto regolamentare già definito e concordato con tutti i principali attori. Costituisce questo un atto di visione strategica o un’azione di rottura sistemica? La risposta dipenderà dalla reazione di team, FOM e costruttori nei prossimi mesi. Ma una certezza permane: il presidente della FIA ha aperto un fronte destinato a generare dibattito prolungato.
Crediti foto: FIA, Ferrari Renault, Honda
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