La guerra è iniziata. Non sui circuiti, ma dietro le quinte. La presidenza della FIA è in palio, e il primo colpo è stato sparato pubblicamente a Miami. Mohammed Ben Sulayem, attuale presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile, ha dichiarato:
“Il budget cap sta solo dando alla FIA un gran mal di testa. Quindi, che senso ha? Non ne vedo il punto. Davvero, non lo vedo.”
(Fonte: AP News)
Una frase che va oltre la semplice critica regolamentare. È la frase con cui si apre la campagna elettorale per le elezioni FIA, in programma a dicembre 2025 durante l’Assemblea Generale a Tashkent, Uzbekistan. Sulayem, in carica dal 2021, si candiderà per un secondo mandato. Ma questa volta, non è l’unico nome sulla lista.
Un populismo disperato per riconquistare il paddock
L’attacco al budget cap è tutto fuorché neutrale. È un tentativo evidente di guadagnarsi il consenso dei grandi costruttori, quelli che mal digeriscono i vincoli di spesa e che vorrebbero tornare a investire liberamente per dominare in pista. È una mossa populista, ma anche disperata, considerata l’attuale debolezza politica del presidente in carica.
Ben Sulayem è in difficoltà su più fronti:
- Non piace ai piloti: le sue dichiarazioni fuori luogo (come la censura alle parolacce con la frase “non siamo rapper”) sono state percepite come paternalistiche, se non razziste. Lewis Hamilton lo ha criticato duramente, e altri campioni hanno espresso disagio;
- Non piace alla dirigenza FIA: in meno di tre anni ha “perso” o messo alla porta numerose figure chiave. Robert Reid, vicepresidente sportivo, si è dimesso denunciando “rottura nei principi di governance”. Il malcontento interno è palpabile;
- Non piace alla stampa: soprattutto quella britannica, che da tempo evidenzia i limiti del suo stile dirigenziale, accusandolo di gestire la FIA con personalismo e improvvisazione. Sulayem ha reagito parlando di “pregiudizi culturali”, ma il danno è fatto.
Così, nel tentativo di ricompattare almeno una parte degli stakeholders, usa il budget cap come bersaglio facile, da abbattere per dimostrarsi “dalla parte dei team” e “contro la burocrazia”. Ma il paddock ha imparato a leggere tra le righe.
Carlos Sainz Sr., l’alternativa (con qualche ombra)
Nel frattempo, Carlos Sainz Sr. ha rotto gli indugi e annunciato il proprio interesse per la presidenza FIA. Due volte campione del mondo rally, quattro volte vincitore della Dakar, Sainz è un nome pesante del motorsport internazionale. E, soprattutto, rappresenta la voglia di cambiamento.
Il suo profilo piace a molti: è carismatico, ha esperienza in pista e fuori, e parla il linguaggio delle corse vere. Tuttavia, la presenza del figlio Carlos Sainz Jr. in Formula 1 solleva dubbi inevitabili di conflitto d’interessi. Dubbi che lo stesso Sainz Sr. ha cercato subito di disinnescare, assicurando che si terrà fuori da ogni decisione che possa toccare la carriera del figlio.
Ma in un momento in cui molti nel paddock preferirebbero “anche un cactus” al rinnovo di Sulayem, anche un possibile conflitto di interessi è visto come il male minore.
Le elezioni FIA 2025: si vota a dicembre, ma la battaglia è iniziata ora
Le prossime elezioni si terranno il 12 dicembre 2025, nel corso dell’Assemblea Generale della FIA a Tashkent. A votare saranno i delegati delle 245 organizzazioni membri della FIA, tra club sportivi e automobilistici nazionali. Ogni paese ha voce, ogni voto pesa.
Il presidente uscente dovrà presentare una lista completa di vicepresidenti e senatori FIA. Ma stavolta, a differenza del 2021, l’opposizione c’è, è credibile e si sta già muovendo. La candidatura di Carlos Sainz Sr. ha rimesso in discussione una riconferma che appariva certa.
Campagna aperta, guanti tolti
La Formula 1, e più in generale il motorsport internazionale, si ritrova spettatore di una sfida politica che avrà ripercussioni enormi sulla governance del settore. Ben Sulayem ha fatto la sua prima mossa, attaccando il budget cap in modo populista per galvanizzare i malumori dei grandi team. Ma ha rivelato anche tutta la sua fragilità.
Carlos Sainz Sr. è entrato in scena con un profilo autorevole e un carico simbolico potente. Non sarà una campagna elettorale tranquilla. Ma finalmente, sarà una campagna vera.