Durante il weekend del Gran Premio del Belgio si è fatto un gran parlare – spesso in maniera sbeffeggiante – dei dossier che Lewis Hamilton ha prodotto per aiutare gli ingegneri della Ferrari a rendere più performante la SF-25 e, in generale, per provare a dare un metodo operativo più efficace al team, che in qualche modo ricordasse quello che il britannico aveva appreso nelle stagioni dei trionfi alla Mercedes.
Parole che non dovrebbero sorprendere visto che, a detta di Fred Vasseur, l’inglese era stato ingaggiato anche per elevare la mentalità di un team che da troppi anni è disabituato alla vittoria. I documenti redatti dal sette volte campione del mondo sono diventati la base per commenti di scherno e soprattutto sono serviti a qualcuno per alimentare l’idea di un gruppo in cui è in corso una lotta di potere promossa dai due piloti. Da un lato, Hamilton che vorrebbe imporsi, dall’altro Leclerc che si arroccherebbe nella sua fedeltà alla causa rossa cercando di contrastare il nuovo (che tanto non è vista l’età) che avanza.

Ferrari: presunte divisioni e narrazioni distorte
Come sovente accade, si è romanzato oltremodo su questa vicenda ed è stato proprio il presunto vessato – ossia Leclerc – a far chiarezza e a sottolineare come all’interno del team, specie dopo la rinnovata fiducia a Vasseur, ci sia una comunione di intenti che descrive un ambiente di lavoro sano e produttivo.
“Sono coinvolto anche io. Anche se non sto producendo dei dossier, ho degli incontri con il team ogni volta che torno a Maranello per capire quali sono le prossime cose che vogliamo affrontare come squadra”. Con queste parole il monegasco ha spiegato che ognuno dei piloti ha un approccio peculiare ai problemi tecnici che hanno condizionato l’azione della Ferrari fino a questo momento.
“Ogni pilota ha il proprio modo di fornire dei feedback su ciò che ritiene giusto. Io ho il mio, che è diverso da quello di Lewis, ma questo non significa che sono escluso. Anzi, sono sicuramente coinvolto nel processo”, ha ammonito Leclerc che, in poche, nette, affermazioni fa crollare il castello di illazioni che è stato costruito in questi giorni soprattutto da tifosi troppo innamorati di un totem e quindi poco lucidi per discernere il vero dalle sensazioni personali ammorbate da un accanimento talvolta malsano.
Laddove il fan sfegatato vede un gruppo sgretolato e attraversato da spinte polarizzanti, c’è invece un’equipe che prova a compattarsi. Leclerc e Hamilton non sono nemici, né sono due belligeranti che si sfidano in uno sfiancante conflitto di posizione. No, sono due colleghi che provano a tirare il team fuori dalle sabbie mobili. Certo, in pista sono animali competitivi e se ne hanno l’occasione duellano nell’alveo delle regole che il muretto impone loro. Ma questo non significa che i due non spingano nella stessa direzione nè che uno stia provando a prevaricare sull’altro.
D’altro canto, a questa tossica narrazione siamo, ahinoi, abituati – ma non di certo assuefatti – visto che già negli anni scorsi abbiamo assistito a ricostruzioni lunari su una Ferrari che avrebbe lavorato per Carlos Sainz e non per Charles Leclerc. Balle totali che nemmeno andrebbero commentate e che vengono menzionate solo per sottolinearne la natura ridicola.
La “nuova” Ferrari, quella che nasce dopo il prolungamento di contratto di Fred Vasseur si basi su una vera consonanza di scopi perché è solo dall’unità di intenti che si può creare quel clima idoneo a far germogliare i semi della vittoria. “Together we stand, divided we fall”, scriveva quel genio che è Roger Waters. La chiosa di Hey You andrebbe stampata sui muri della GES e nelle camerette dei “tifosi” che lanciano strali inaccettabili nascosti dietro ai loro laptop.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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